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Note di Analisi Matematica III - Home | Me UniTrento Romeo...3 Arzelà e il cambiamento delle...

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Note di Analisi Matematica III Ad uso degli studenti di Fisica Romeo Brunetti
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Note di Analisi Matematica III

Ad uso degli studenti di Fisica

Romeo Brunetti

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Copyright c 2016 Romeo Brunetti

Licensed under the Creative Commons Attribution-NonCommercial 3.0 Unported License (the“License”). You may not use this file except in compliance with the License. You may obtain acopy of the License at http://creativecommons.org/licenses/by-nc/3.0. Unless requiredby applicable law or agreed to in writing, software distributed under the License is distributed onan “as is” basis, without warranties or conditions of any kind, either express or implied. Seethe License for the specific language governing permissions and limitations under the License.

First printing 2016

WARNING!!! Queste note non sono state completamente “debuggate,” quindi è vostra cura eresponsabilità controllare con attenzione che definizioni, teoremi, dimostrazioni ed esercizi sianocompletamente corretti!!! Non esitate a controllare e eventualmente a chiedere e/o a comunicareeventuali errori!!!

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Indice

I "Teoria" dell’integrazione di Riemann

0 Preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

0.1 Inf, Sup e oscillazioni 90.2 Notazioni standard per intervalli sulla retta reale 11

1 Integrazione e misura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

1.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni 131.2 Somme di Darboux 161.3 Baby Fubini o della riduzione 201.4 Estensione, Composizione e Approssimazione 221.5 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 271.6 Rettificabilità 321.7 Insiemi normali e loro integrali 341.8 Fubini o dell’integrale iterato 391.9 Miscellanea 451.10 *Appendice: Somme di Riemann* 46

2 Integrazione assoluta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

2.1 Funzioni assolutamente integrabili 472.2 Criteri di integrabilità 512.3 Trasformata di Fourier 522.4 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano* 59

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3 Arzelà e il cambiamento delle variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

3.1 Richiami di convergenza uniforme 61

3.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o di Arzelà 62

3.3 Encore Fubini e differenziabilità rispetto a parametri 64

3.4 Approssimanti della delta di Dirac 67

3.5 I Teoremi di cambiamento delle variabili 70

3.6 Esempi di cambiamento delle variabili 713.6.1 Cambiamento di variabili polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 733.6.2 Cambiamento di variabili sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 733.6.3 Cambiamento di variabili cilindriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 733.6.4 Cambiamento di variabili polari in Rn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 733.6.5 Funzione Gamma di Eulero e volumi di sfere in Rn . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

3.7 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile 76

II Curve, Superfici & Varietà Differenziabili

4 Curve, superfici e varietà differenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

4.1 Introduzione 83

4.2 Definizioni equivalenti di varietà 86

4.3 Spazi tangenti e normali a varietà 92

4.4 Curve e superfici in R3 94

5 Geometria differenziale di curve e superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

5.1 Orientamento locale 97

5.2 Geometria differenziale delle curve in R3 97

5.3 Geometria differenziale delle superfici in R3 97

6 Ottimizzazione vincolata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

6.1 Estremali di funzioni su curve e superfici 99

6.2 Teorema dei moltiplicatori di Lagrange 99

III Integrazione su Varietà Differenziabili

7 Integrazione su curve e superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103

7.1 Introduzione 103

7.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimento105

7.3 Integrazione su varietà, densità continue 108

7.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità rispetto alla densità 109

7.5 Appendice: Fattore locale di ingrandimento per varietà unidimensionali109

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8 Lunghezze di curve e aree di superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

8.1 Calcoli espliciti di lunghezze di curve ed aree di superfici 1118.2 Alcuni raffinamenti e semplificazioni 111

IV Teoremi Fondamentali del Calcolo

9 Aperti con frontiera regolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

9.1 Ipersuperfici in Rn 1159.2 Aperti con frontiera regolare e la normale alla frontiera 1189.3 Funzioni definite in insiemi chiusi 121

10 Teoremi fondamentali per aperti regolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123

10.1 Teorema della derivata totale 12310.2 Teorema della divergenza 12410.3 Applicazioni 126

11 Integrazione orientata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 127

11.1 Curve ed archi orientati 12711.2 Secondo Teorema fondamentale per curve ed archi 12811.3 Formula di Green, a.k.a. Stokes in R2 12811.4 Formula di Stokes in R3 12811.5 Applicazioni 128

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129

Testi 129Articoli 129

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I0 Preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90.1 Inf, Sup e oscillazioni0.2 Notazioni standard per intervalli sulla retta reale

1 Integrazione e misura . . . . . . . . . . . . . . . . 131.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni1.2 Somme di Darboux1.3 Baby Fubini o della riduzione1.4 Estensione, Composizione e Approssimazione1.5 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni

integrabili1.6 Rettificabilità1.7 Insiemi normali e loro integrali1.8 Fubini o dell’integrale iterato1.9 Miscellanea1.10 *Appendice: Somme di Riemann*

2 Integrazione assoluta . . . . . . . . . . . . . . . . 472.1 Funzioni assolutamente integrabili2.2 Criteri di integrabilità2.3 Trasformata di Fourier2.4 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano*

3 Arzelà e il cambiamento delle variabili 613.1 Richiami di convergenza uniforme3.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o

di Arzelà3.3 Encore Fubini e differenziabilità rispetto a parametri3.4 Approssimanti della delta di Dirac3.5 I Teoremi di cambiamento delle variabili3.6 Esempi di cambiamento delle variabili3.7 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile

"Teoria" dell’integrazione diRiemann

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0. Preliminari

0.1 Inf, Sup e oscillazioniConsideriamo un sottoinsieme proprio non vuoto S dell’insieme dei numeri reali R. Chiamiamocon i simboliMS ed mS rispettivamente l’insieme dei maggioranti e minoranti dell’insieme S ,ossia

MS D fx 2 R W per ogni s 2 S vale s � xg mS D fx 2 R W per ogni s 2 S vale s � xg :

Ci ricordiamo che

0.1.1 Teorema. Sia S limitato superiormente in R allora esiste il minimo elemento diMS . Allostesso modo, sia S limitato inferiormente in R allora esiste il massimo di mS .

Questo conduce alla seguente definizione0.1.2 Definizione. Nelle ipotesi del Teorema di cui sopra, il minimo dei maggioranti di S ,minMS , verrà detto estremo superiore e simboleggiato da supS , mentre il massimo dei mino-ranti, maxmS , verrà detto estremo inferiore e simboleggiato da inf S .

0.1.3 Osservazione. Se S non è limitato superiormente porremo supS D C1, se invece non è limitatoinferiormente porremo inf S D �1. Inoltre, per convenzione, si dichiara sup; D �1 e inf ; D C1. �

0.1.4 Esempi. 1. Sia S D f 1k; k 2 Ng. Poiché S è limitato superiormente ed inferiormente

(S � Œ0; 1�, ad esempio) allora l’insieme dei minoranti di S è non vuoto ed è mS D fx � 0g,quindi il massimo di mS è inf S D 0, mentre l’insieme dei maggioranti MS D fx � 1g

quindi supS D maxS D 1.2. Sia S D fx 2 Q W x2 < 2g. S è chiaramente limitato

Riassumiamo le principali proprietà degli estremi superiori ed inferiori.

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10 Capitolo 0. Preliminari

0.1.5 Teorema. Sia S � R tale che supS 2 R. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:1. supS 2MS ,2. s � supS , per ogni s 2 S ,3. se a 2 R e per ogni s 2 S si ha s � a allora a 2MS e supS � a ,4. per ogni fissato � > 0 esiste s0 2 S tale che

supS � � < s0 � supS :

Lo stesso vale per l’estremo inferiore: siaS � R tale che inf S 2 R, allora le seguenti affermazionisono equivalenti:

1. inf S 2 mS ,2. s � inf S , per ogni s 2 S ,3. se b 2 R e per ogni s 2 S si ha s � b allora b 2 mS e inf S � b ,4. per ogni fissato � > 0 esiste s0 2 S tale che

inf S C � > s0 � inf S :

Alcune proprietà utili nel prosieguo sono le seguenti:

0.1.6 Teorema. 1. Siano A � B � R. Vale la seguente catena di disuguaglianze:

inf B � inf A � supA � supB :

2. Siano A ;B non vuoti e limitati inferiormente, allora inf.A [ B/ D minfinf A ; inf Bg.3. Siano A ;B non vuoti e limitati superiormente, allora sup.A[B/ D maxfsupA ; supBg.

Ricordiamo anche notazioni compatte che saranno utili a breve: sia f W A! R, con A � Rn,allora l’immagine diA sotto f è definita come f .A/ :D fy 2 R W esiste x 2 A tale che y D f .x/g,e scriveremo, per ogni B � A

infx2B

f .x/ D inf f .B/ D inf fB ; supx2B

f .x/ D supf .B/ D supfB ;

dove fB denota la restrizione di f a B . In particolare, il diametro dell’immagine f .A/ è facilmentedimostrabile essere

diam.f .A// D supf .A/ � inf f .A/ D supz;w2A

jf .z/ � f .w/j :

Introduciamo anche il concetto di oscillazione di una funzione, legata come vedremo al concettodi diametro.

0.1.7 Definizione. (Oscillazione) Sia f W D ! R, allora per ogni A � D definiamol’oscillazione di f in A la quantità

(1) oscA.f / D diam.f .A// :

In particolare, definiamo l’oscillazione in un punto a 2 D come

osca.f / D inf f oscA.f / W A � D ; a 2 int.A/g :

0.1.8 Teorema. Siano f W D ! R,D � Rn e a 2 D. La funzione f è continua in a se e solose osca.f / D 0.

Dimostrazione. (Necessità) Se f è continua in a allora per ogni � > 0 esiste un ı > 0 tali che perogni x appartenente alla sfera Aı centrata in a e con diam.Aı/ < ı si ha jf .x/ � f .a/j < �. Da

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0.2 Notazioni standard per intervalli sulla retta reale 11

questo otteniamo che valgono simultaneamente le relazioni

f .x/ < f .a/C � ; f .x/ > f .a/ � � :

Passando rispettivamente agli estremi superiori ed inferiori in Aı si ha oscAı .f / D supf .Aı/ �inf f .Aı/ � 2�. Per l’arbitrarietà di � si ha l’asserto.

(Sufficienza) Sia osca.f / D 0. Allora per ogni � > 0 esiste ı > 0 tale che per ogni sferaBı � D centrata in a e con diam.Bı/ < ı, allora oscBı .f / < �. Ora, per ogni x 2 Bı , incluso a,si ha inf f .Bı/ � f x/ � supf .Bı/. Per cui si ottiene, jf .x/ � f .a/j � oscBı .f / < �, quindif è continua in a. �

Concludiamo ricordando che dati due sottoinsiemi non vuoti A;B; dei numeri reali, li diremoinsiemi separati se presi ad arbitrio due elementi a 2 A e b 2 B vale sempre a � b. Se A e B sonoinsiemi separati, l’elemento x 2 R tale che per ogni a 2 A e per ogni b 2 B è tale che a � x � bsi chiama elemento di separazione per A e B . Due insiemi separati A e B si dicono inoltre contiguise per ogni � > 0 esistono a 2 A e b 2 B tali che b � a < �.

0.1.9 Teorema. Condizione necessaria e sufficiente affinchè due insiemi non vuoti e separatiA;B � R siano contigui è che esista un unico elemento separatore.

Dimostrazione. La condizione è necessaria. Ogni elemento di B è un maggiorante per A. QuindiA è limitato superiormente e per la completezza di R esiste reale supA. Lo stesso vale per B , ognielemento di A è un minorante per B quindi B è limitato inferiormente e per la completezza diR esiste reale inf B . Si ha sempre supA � inf B , quindi tutti gli elementi di ŒsupA; inf B� sonoelementi separatori per A e B . Se ne evince che

0 � inf B � supA � b � a ; per ogni a 2 A ; b 2 B :

Dalla contiguità si evince che0 � inf B � supA < � ;

e per l’arbitrarietà di � si ha supA D inf B .La condizione è sufficiente. Sia x D supA D inf B , l’unico elemento di separazione per A e

B . Per il Teorema 0.1.5, per ogni � > 0 esistono a 2 A e b 2 B tali che

x ��

2< a � b < x C

2;

da cuib � a < � :

0.2 Notazioni standard per intervalli sulla retta realeRicordiamo che un intervallo in R è un qualsiasi insieme connesso nella topologia standard di R.Quindi se I è un intervallo in R esso potrà essere uno dei seguenti sottoinsiemi di R: Supponiamoa < b numeri reali allora

1. .a; b/ :D fx 2 R W a < x < bg2. Œa; b/ :D fx 2 R W a � x < bg3. .a; b� :D fx 2 R W a � x � bg4. Œa; b� :D fx 2 R W a � x � bg5. fag

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12 Capitolo 0. Preliminari

6. Œa;C1/ :D fx 2 R W a � x < C1g, .a;C1/ :D fx 2 R W a < x < C1g7. .�1; b/ :D fx 2 R W �1 � x < bg, .�1; b� :D fx 2 R W �1 < x � bg

8. R9. ;

Gli intervalli in 1 � 4 sono detti intervalli propri o limitati o semplicemente intervalli, il caso 5comprende gli intervalli detti intervalli degeneri, i casi rimanenti 6�8 sono detti intervalli impropri,o non limitati. La presenza dell’insieme vuoto ; è per pura convenienza.

Possiamo definire la lunghezza di un intervallo generico I come

l.I / D sup I � inf I :

Per cui, i casi 1 � 4 danno l.I / D b � a, il caso 5 vale l.fag/ D 0 (per ogni a 2 R), mentre persemirette e retta reale, casi 6 � 8, vale l.I / D C1. Per convenzione poniamo l.;/ D 0

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1. Integrazione e misura

1.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni

Possiamo utilizzare gli intervalli della sezione precedente per costruire a dimensione più alta oggettigeometrici semplici. In Rn, n 2 N, possiamo considerare i rettangoli n-dimensionali, paralleli agliassi coordinati, ossia i sottoinsiemi R � Rn definiti come prodotto cartesiano di n intervalli in R.Quindi

1.1.1 Definizione. Un sottoinsieme R di Rn è detto rettangolo n-dimensionale (a volte sempli-cemente rettangolo) se è della forma

R:D I1 � I2 � � � � � In D f.x1; : : : ; xn/ 2 Rn W xj 2 Ij ; j D 1; : : : ; ng ;

dove chiaramente Ij � R per j D 1; : : : ; n.Se R è un rettangolo n-dimensionale, lo diremo aperto, o chiuso, e/o limitato, e/o non

degenere se e solo se gli intervalli Ij , j D 1; : : : ; n, che lo costituiscono hanno tutti le medesimeproprietà. Per contro, ovviamente, se almeno un intervallo che lo costituisce è vuoto il rettangolostesso è vuoto.

Un rettangolo n-dimensionale degenere R è isometrico (come spazio metrico nella metricaeuclidea) ad un rettangolo m-dimensionale, dove m D n � k dove k è il numero di intervallidegeneri che compongono R. Se k D n allora il rettangolo è costituito da un solo punto di Rn cheverrà detto vertice.

1.1.2 Esempio. Diamo alcuni esempi di rettangoli in R2:1. Œ0; 1� � Œ0; 1�, detto cubo in R2,2. Œ0; 1/ � Œ�1;C1/, una striscia di estensione infinita,3. Œ5; 5� � Œ2; 3�, esempio di rettangolo degenere,4. Œ5; 5� � Œ2; 2�, esempio di rettangolo degenere, un vertice, di coordinate .5; 2/,5. fx 2 R W 5 < x < 5g � Œ1; 2�, esempio di rettangolo vuoto.

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14 Capitolo 1. Integrazione e misura

1.1.3 Definizione. Per ogni rettangolo n-dimensionale R definiamo col simbolo cl.R/ la suachiusura, col simbolo int.R/ il suo interno, con il simbolo fr.R/ D cl.R/nint.R/ la sua frontierae con il simbolo Rı la ı-estensione con ı > 0, ossia se R D

QNjD1 Ij allora si estende ogni

Ij D Œaj ; bj � con l’intervallo .Ij /ı D Œaj � ı; bj C ı�.

1.1.4 Osservazione. Non è difficile dimostrare che se R1 ed R2 sono due qualsiasi rettangoli, alloraR1 \R2 è ancora un rettangolo, possibilmente vuoto o degenere. Lo stesso non vale per l’unione. Inoltre seR è un rettangolo n-dimensionale non degenere (non vuoto) allora fr.R/ è l’unione di 2n rettangoli degeneri,ciascuno isometrico ad un rettangolo n� 1-dimensionale. I 2n rettangoli così determinati sono detti anche lefacce di R. Notiamo anche che fr.R/ ¤ ; anche quando R è un rettangolo aperto. �

Possiamo definire il concetto di misura di volume n-dimensionale per i rettangoli in Rn. Infattise R è un rettangolo n-dimensionale possiamo porre

voln.R/ D l.I1/ � l.I2/ � � � l.In/ DnY

jD1

l.Ij / :

Quindi, notiamo che se R è limitato allora il suo volume è un numero reale non negativo, se èdegenere (o vuoto) allora ha volume nullo, mentre se non è limitato allora il volume è infinito, comeda intuizione, a meno che uno degli intervalli componenti non sia degenere, in tal caso il volume èsempre nullo. Si noti anche che il concetto di volume non distingue rettangoli aperti e/o chiusi. Èchiaro che spesso ci limiteremo nel prosieguo al caso di rettangoli limitati.

Per far fronte alla mancata stabilità della famiglia dei rettangoli sotto le principali operazioniinsiemistiche (ad esempio l’unione, come ricordato poc’anzi) si opera una generalizzazione facendouso del concetto che in Analisi Matematica II abbiamo introdotto e chiamato ricoprimento di uninsieme di Rn. Definiamo in effetti un sottocaso di ricoprimento di un sottoinsieme A � Rn chechiameremo partizione di A.

1.1.5 Definizione. (Insieme Rettangolare e Partizioni) Dato un sottoinsiemeA � Rn, diremoche A è un insieme rettangolare di Rn se esiste almeno una scelta di un numero finito N 2 N direttangoli (non vuoti!) Rj di Rn, j D 1; : : : ; N , per i quali valgono le seguenti condizioni:

1. int.Rj / \ int.Rk/ D ; se j ¤ k,2. A D

SNjD1Rj .

L’insieme P D .R1; : : : ; RN / di tali rettangoli viene detto una partizione dell’insieme rettango-lare A.

1.1.6 Osservazione. Viene dalla definizione che ogni rettangolo è in particolare un insieme rettangolare.Inoltre, esistono infinite partizioni di un insieme rettangolare. �

Questa classe è stabile sotto le principali operazioni insiemistiche:

1.1.7 Teorema. Siano A e B insiemi rettangolari in Rn, allora A [ B , A \ B e A n B sonoinsiemi rettangolari.

Dimostrazione. (Idea) Non è difficile mostrare che proiettando sugli assi coordinati tutte le faccedei rettangoli componenti la cui unione forma A e B che gli insiemi A[B , A\B e A nB (se nonvuoti) sono dati dall’unione di rettangoli formati dal prodotto cartesiano di intervalli che hanno perestremi i valori di due delle proiezioni. �

Utilizzando la definizione di partizione già nel caso dei rettangoli, troveremo utile il seguenterisultato tecnico:

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1.1 Rettangoli, insiemi rettangolari e partizioni 15

1.1.8 Lemma. Sia R un rettangolo n-dimensionale compatto non vuoto non degenere. Alloraper ogni ı > 0 esiste una partizione di R tale che ogni elemento della partizione abbia diametrominore di ı.

Dimostrazione. Poiché R è rappresentato da intervalli Ij D Œaj ; bj �, j D 1; : : : ; n, suddividiamoognuno di essi in un egual numero, diciamo k 2 N, di sottointervalli di uguale lunghezza. Ossiaxij � xij�1 D

bj�ajk

con j D 1; : : : ; n e ij D 1; : : : ; k. Prendendo piani paralleli agli assi diequazioni xj D xij , troviamo una partizione di R in rettangoli compatti non vuoti e non degeneriRi1���in il cui diametro è, per definzione,

diam.Ri1���in/ D

pnX

jD1

�bj � aj

k

�2D1

k

pnX

jD1

�bj � aj

�2D1

kdiam.R/ ;

per cui, dato ı > 0 esiste k0 2 N tale che per ogni k � k0 si ha diam.Ri1���in/ < ı. �

Possiamo estendere la nozione di volume al caso degli insiemi rettangolari. Data una partizioneP di A insieme rettangolare definiamo

voln.A/ DXR2P

voln.R/ :

Tale definizione è ben posta perché non dipende dalla partizione scelta.

1.1.9 Teorema. Sia A un insieme rettangolare di Rn e siano P 0 D .R01; : : : ; R0M / e P 00 D

.R001; : : : ; R00N / due partizioni di A. Allora

voln.A/ DMXjD1

voln.R0j / DNXkD1

voln.R00k/ :

Dimostrazione. Consideriamo la famiglia fRjk W j D 1; : : : ;M ; k D 1; : : : ; N g, dove Rjk DR0j \R

00ksono o rettangoli (non degeneri e non vuoti), o degeneri o l’insieme vuoto. Osserviamo

che, in ogni caso, per ogni j e k si ha

R0j D

N[kD1

Rjk ; R00k D

M[jD1

Rjk :

Da questo otteniamo

MXjD1

voln.R0j / DMXjD1

NXkD1

voln.Rjk/ DNXkD1

MXjD1

voln.Rjk/ DNXkD1

voln.R00k/ :

Denotiamo con Part.A/ l’insieme formato dalle partizioni di A. Possiamo definire un ordi-namento per Part.A/. Se P e Q sono due partizioni, diremo che P è più fine di Q, se per ogniI 2 P (I è un generico rettangolo non vuoto non degenere compatto) esiste un (unico!) J 2 Q

tali che I � J . Talvolta in simboli si scrive P � Q. Abbiamo una relazione d’ordine che però èchiaramente parziale, infatti non è vero che date due qualsiasi partizioni di un insieme rettangolareuna sia più fine dell’altra. Possiamo però costruirne una più fine a partire da una qualsiasi coppiaP e Q. Si considerano le intersezioni I \ J , con I 2 P e J 2 Q rispettivamente. Abbiamo tre

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16 Capitolo 1. Integrazione e misura

possibilità: la prima è che l’intersezione è un nuovo rettangolo n-dimensionale, la seconda è unrettangolo degenere, la terza è l’insieme vuoto. Generiamo una nuova partizione considerando lesole intersezioni non vuote e non degeneri e denotiamo tale partizione col simbolo P _Q. È chiaroche tale nuova partizione di A è più fine delle generatrici, infatti se K 2 P _ Q allora esistonoI 2 P e J 2 Q tali cheK D I \J , sicchèK D I \J � I eK D I \J � J , simultaneamente, equindi P _Q � P e P _Q � Q. Part.A/ forma, in tal caso, un insieme detto diretto o direzionato.Tali insiemi rappresentano una classe importante che rimpiazza, in alcune situazioni, l’insieme deinumeri naturali come indice di successioni. La direzionalità descritta rappresenta un ragionevolerimpiazzo dell’indice “che tende all’infinito” nella nozione di limite per le successioni.

1.2 Somme di DarbouxSia A � Rn un insieme rettangolare limitato non vuoto e sia f W A ! R una funzione limitata.Tramite la direzionalità di Part.A/, definiamo due successioni numeriche generalizzate. La prima èla somma, o integrale, superiore di Darboux

I?.f;P / DXR2P

supf .R/ voln.R/ ;

la seconda è la somma, o integrale, inferiore di Darboux

I?.f;P / DXR2P

inf f .R/ voln.R/ ;

dove, ovviamente P 2 Part.A/.Dalle proprietà degli estremi inferiori e superiori, Teorema 0.1.6, se ne deduce che, se P � Q

in Part.A/ alloraI?.f;Q/ � I?.f;P / � I

?.f;P / � I?.f;Q/ :

Ne deduciamo che gli insiemi numerici fI?.f;P / 2 R W P 2 Part.A/g e fI?.f;P / 2 R WP 2 Part.A/g, sono rispettivamente limitati superiormente ed inferiormente, per cui esistono,rispettivamente, gli estremi superiore ed inferiore,

I?.f /:D supfI?.f;P / W P 2 Part.A/g

�D lim

P2Part.A/I?.f;P /

�(1.1)

I?.f /:D inffI?.f;P / W P 2 Part.A/g

�D lim

P2Part.A/I?.f;P /

�:(1.2)

1.2.1 Definizione. Gli elementi di R nelle eq.(1.1) e (1.2), sono detti, rispettivamente, integraleinferiore di f e integrale superiore di f, entrambi su A.

Concludendo, abbiamo, nel linguaggio base degli insiemi in R, che gli insiemi fI?.f;P / W P 2

Part.A/g e fI?.f;P / W P 2 Part.A/g formano una coppia di insiemi separati e che il loro intervallodi separazione è dato dall’insieme ŒI?.f /; I?.f /�, poiché vale sempre1 che I?.f / � I?.f /

.1.2.2 Definizione. (Integrale di Riemann) Se esiste I 2 R tale che I D I?.f / D I?.f /

diremo che la funzione f è integrabile secondo Riemann (Darboux) in A ed il suo integrale diRiemann in A vale I .

1È semplice mostrare che questo è vero dimostrando dapprima che date due qualsivoglia partizioni P 0 e P 00 inPart.A/ si ha sempre I?.f;P 0/ � I?.f;P 00/.

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1.2 Somme di Darboux 17

Scriveremo, a seconda delle necessità, in modo equivalente

I D I.f / D

ZA

f

D

ZA

f .x/ dx D

ZA

f .y/ dy D

Zx2A

f .x/

D

Z� � �

ZA

f .x1; x2; : : : ; xn/ dx1dx2 : : : dxn :

La famiglia delle funzione integrabili secondo Riemann in A � Rn verrà denotata colsimbolo Riem.A/.

1.2.3 Osservazione. La definizione di cui sopra è una evidente forzatura perché abbiamo solo determinatole somme di Darboux, senza introdurre quelle di Riemann. Quindi, ad essere pignoli, le funzioni delladefinizione sono quelle integrabili secondo Darboux. Si può dimostrare però che, una volta introdotta ladefinizione di funzioni integrabili secondo Riemann, le due classi coincidono. La tecnica fa uso del concettodi successione generalizzata i cui indici sono elementi di una variazione dell’insieme diretto Part.A/ (varianteche tiene conto dell’associazione di un punto, detto marcatura, per ogni elemento di una partizione assegnatadi A). �

Cominciamo con il vedere un esempio di funzione integrabile secondo Riemann.Sia f W R! R costante su un qualsiasi insieme rettangolare limitato R � Rn, ossia f .x/ D

c 2 R per ogni x 2 R. Allora, poiché inf f .R/ D supf .R/ D c le somme integrali superiori einferiori valgono, per ogni P 2 Part.R/,

I?.f;P / DXP2P

c voln.P / D cXP2P

voln.P / D c voln.R/ ;

I?.f;P / DXP2P

c voln.P / D cXP2P

voln.P / D c voln.R/ :

Quindi le funzioni costanti su insiemi rettangolari limitati sono integrabili secondo Riemann, poichéI?.f / D I

?.f / per ogni partizione in Part.R/.Un esempio di funzione non integrabile secondo Riemann è per n D 1 la funzione di Dirichlet,

a dimensione generica possiamo farne una ovvia generalizzazione. Prendiamo, ad esempio ilcubo C D Œ0; 1�n e consideriamo l’intersezione di ciascun intervallo componente con i razionaliŒ0; 1� \Q. Allora la funzione di Dirichlet � su C in n dimensioni è la funzione che associa ilvalore 1 a tutti i punti x D .x1; : : : ; xn/ di C le cui componenti sono tutti elementi di Q \ Œ0; 1�,mentre vale 0 per tutti gli altri punti in C . Allora, inf f .C \Qn/ D 0 mentre supf .C \Qn/ D 1.Quindi è evidente che dalla definizione di somme inferiori e superiori si otterrà, rispettivamente,

I?.�/ D 0 ; I?.�/ D voln.C / D 1n D 1 ;

quindi poiché vale sempre la disuguaglianza stretta I?.�/ < I?.�/, indipendentemente dallascelta di eventuali partizioni, la funzione di Dirichlet generalizzata continua a non essere integrabilesecondo Riemann anche in dimensione generica.

1.2.4 Osservazione. Come visto nell’esempio precedente gli integrali superiore ed inferiore esistonosempre, anche per funzioni non integrabili secondo Riemann. �

Esiste un buon criterio, dovuto a Riemann, per determinare quando una funzione è integrabilesecondo Riemann.

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18 Capitolo 1. Integrazione e misura

1.2.5 Teorema. [Criterio di Integrabilità di Riemann] Sia A un insieme rettangolare limitato inRn e f W A! R una funzione limitata. Allora, la funzione f è integrabile secondo Riemann inA se e solo se per ogni � > 0 esiste una partizione P 2 Part.A/ tale che

I?.f;P / � I?.f;P / < � :

Dimostrazione. La dimostrazione è ovvia per il Teorema 0.1.9. �

In particolare, il Criterio di Riemann ci indica che se P D fRj ; j D 1; : : : ; N g, ed usandol’eq. (1)), la seguente quantità(1.3)

I?.f;P / � I?.f;P / D

NXjD1

�supf .Rj / � inf f .Rj /

�voln.Rj / D

NXjD1

oscRj .f / voln.Rj / ;

è cruciale per l’integrabilità. Per cui, la funzione f sarà integrabile in A se e solo se l’estremoinferiore di queste sommatorie oscillanti è zero. Una ampia classe di funzioni per cui il controllodelle oscillazioni è garantito sono le funzioni continue ed il risultato cruciale viene descritto dalseguente Teorema.

1.2.6 Teorema. Sia A un insieme rettangolare compatto non degenere e non vuoto in Rn edf W A! R continua. Allora f 2 Riem.A/:

Dimostrazione. A è compatto non vuoto di Rn e quindi : .1/ f per Weierstrass è limitata in A, .2/per il Teorema di Heine-Cantor (1, vol.1, Teorema 2.7, pag. 214) è uniformemente continua in A.In formule, supf .A/ D max f .A/, inf f .A/ D min f .A/ e per ogni � > 0 esiste ı > 0 tali cheper ogni coppia x0;x00 2 A tali che kx0 � x00k < ı si ha jf .x0/ � f .x00/j < �. Fissiamo � > 0 esia ı > 0 conformemente alla richiesta di uniforme continuità. Possiamo usare il Lemma 1.1.8e trovare una partizione di A i cui elementi Rj , j D 1; : : : ; N , siano tali da avere diam.Rj / < ı.Quindi,

I?.f / � I?.f / � I?.f;P / � I?.f;P /

D

NXjD1

�max f .Rj / �min f .Rj /

�voln.Rj /

D

NXjD1

oscRj .f /voln.Rj / :

Poiché i rettangoli Rj hanno diametro minore di ı allora ogni coppia di punti x0;x00 2 Rj è taleda avere, per l’uniforme continuità di f in Rj , jf .x0/ � f .x00/j < � da cui oscRj .f / � �. Dalladisuguaglianza precedente che I?.f /� I?.f / � �voln.A/. Per l’arbitrarietà di � si ha la tesi. �

Una proprietà importante per l’integrale di Riemann è la linearità. Per dimostrarlo passiamoattraverso un lemma interessante che dimostra che integrali superiori ed inferiori hanno proprietàvicine alla linearità.

1.2.7 Lemma. Siano f; g W A! R funzioni limitate sull’insieme rettangolare A � Rn limitato.Allora, l’integrale inferiore è sopralineare

I?.f C g/ � I?.f /C I?.g/ ;

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1.2 Somme di Darboux 19

mentre quello superiore è sottolineare

I?.f C g/ � I?.f /C I?.g/ :

Dimostrazione. È sufficiente dimostrare la seconda asserzione, la prima segue invertendo le disu-guaglianze nello scambio del sup con inf.

Sappiamo che per ogni x 2 A si ha

f .x/C g.x/ � sup.f .A//C sup.g.A// ;

quindi il membro di destra è un maggiorante per quello di sinistra, per cui vale

sup..f C g/.A// � sup.f .A//C sup.g.A// :

Da questo si evince che per ogni partizione P 2 Part.A/

I?.f C g/ � I?.f C g;P / � I?.f;P /C I?.g;P / :

Ora, per il Teorema 0.1.5 dell’estremo superiore, per ogni � > 0 esistono partizioni P e Q tali che

I?.f;P / � I?.f /C�

2

I?.g;Q/ � I?.g/C�

2:

(1.4)

Sia ora R D P _Q la partizione più fine generata dalle partizioni P e Q, vale

I?.f;R/ � I?.f;P /

I?.g;R/ � I?.g;Q/ :

Sommando ambo i membri ed usando l’eq.(1.4), si ha

I?.f C g/ � I?.f /C I?.g/C � :

per l’arbitrarietà di � si ha la tesi. �

Infine, dimostriamo alcune tra le proprietà più rilevanti dell’integrazione secondo Riemann.Altre proprietà seguiranno nella sez. 1.4.

1.2.8 Teorema. Siano f; g 2 Riem.A/, con A insieme rettangolare in Rn.

1. (Linearità) Allora f C g 2 Riem.A/ e vale

I.f C g/ D I.f /C I.g/ :

2. (Isotonia) Sia g � f in A. Allora

I.g/ � I.f / ;

in particolare se f � 0 alloraI.f / � 0 :

3. (Additività) Sia A D A1 [A2, con Ai , i D 1; 2, anch’essi insiemi rettangolari limitati. Sef è integrabile su A1 e A2, allora f è integrabile su A e A1 \ A2 e valeZ

A

f C

ZA1\A2

f D

ZA1

f C

ZA2

f :

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20 Capitolo 1. Integrazione e misura

Dimostrazione. Dal Lemma 1.2.7 si ha

I?.f /C I?.g/ � I?.f C g/ � I?.f C g/ � I?.f /C I?.g/ :

Poiché f e g sono integrabili allora I?.f / D I?.f / D I.f / e lo stesso per g per cui, dalladisuguaglianza di cui sopra,

I.f /C I.g/ � I?.f C g/ � I?.f C g/ � I.f /C I.g/ ;

da cui la tesi. �

1.3 Baby Fubini o della riduzione

Cominciamo col vedere un primo strumento, detto degli integrali iterati, che permette il calcoloesplicito di una categoria semplice di integrali. Ci soffermiamo dapprima al caso di dimensione 2.

1.3.1 Teorema. Sia R D Œa; b� � Œc; d �, a < b ; c < d , rettangolo in R2 e f 2 Riem.R/.1. Se per ogni y 2 Œc; d � esiste l’integrale G.y/ D

R ba f .x; y/ dx, allora la funzione

y 7! G.y/ è integrabile in Œc; d � e vale la formula

I.f / D

ZR

f D

Z d

c

G.y/ dy D

Z d

c

"Z b

a

f .x; y/ dx

#dy :

2. Se per ogni x 2 Œa; b� esiste l’integrale H.x/ DR dc f .x; y/ dy, allora la funzione

x 7! H.x/ è integrabile in Œa; b� e vale la formula

I.f / D

ZR

f D

Z b

a

H.x/ dx D

Z b

a

"Z d

c

f .x; y/ dy

#dx :

In caso valgano entrambi si haZ b

a

"Z d

c

f .x; y/ dy

#dx D

Z d

c

"Z b

a

f .x; y/ dx

#dy :

Non faremo la dimostrazione perché più avanti dimostreremo un risultato più generale. Quelloche ci interessa è però cominciare a vedere alcuni esempi di calcolo esplicito di integrali doppi.

1.3.2 Esempi. 1. Sia f .x; y/ D 1.xCy/2

su R D Œ3; 4� � Œ1; 2�. Poiché la funzione f su R ècontinua, allora è integrabile su R per il Teorema 1.2.6 e valgono le conclusioni del Teore-ma 1.3.1, per cui, possiamo calcolare l’integrale doppio partendo dal calcolo dell’integralenella variabile x e ottenere la funzione

G.y/ D

Z 4

3

1

.x C y/2dx D

��

1

x C y

�xD4xD3

D1

3C y�

1

4C y:

Quindi

I.f / D

Z 2

1

G.y/ dy D

Z 2

1

�1

3C y�

1

4C y

�dy D

�lny C 3

y C 4

�yD2yD1

D ln25

24:

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1.3 Baby Fubini o della riduzione 21

2. Sia C D Œ0; 1�2 il cubo in R2 e sia data la funzione

f .x; y/ D

8<:x C y ; x 2 Œ0; 1=2� ; y 2 Œ0; 1=2� ;

x C y � 1 ; x 2 .1=2; 1� ; y 2 .1=2; 1� ;

0 ; altrimenti :

La funzione f è ben definita su C ma non è continua, ad esempio nel punto .1=2; 1=2/presenta una oscillazione di ampiezza 1. Ciononostante,

H.x/ D

ZŒ0;1�

f .x; y/ dy D

Z 1=2

0

.x C y/ dy C

Z 1

1=2

.x C y � 1/ dy D

Z 1

0

.x C y/ dy �

Z 1

1=2

dy

D

�xy C

y2

2

�yD1yD0

� Œy�yD1

yD1=2D x :

Quindi la funzione x 7! H.x/ esiste ed è integrabile su Œ0; 1� per cui I.f / DR 10 H.x/ dx D

12. Lo stesso si può verificare nel caso della funzione y 7! G.y/ e si trova che gli integrali

sono uguali, come da conclusione del Teorema.3. (Controesempio!) Sia R D Œ0; 2� � Œ0; 1� e sia data la funzione

f .x; y/ D

8<:xy.x2 � y2/

.x2 C y2/3; .x; y/ ¤ .0; 0/ ;

0 ; .x; y/ D .0; 0/ :

Integriamo prima rispetto la variabile x assumendo che y ¤ 0:

G.y/ D

Z 2

0

xy.x2 � y2/

.x2 C y2/3dx

uDx2Cy2!duD2xdxD

Z y2C4

y2

y.u � 2y2/

2u3du

D

Z y2C4

y2

�y

2u2�y3

u3

�du D

��y

2uC

y3

2u2

�uDy2C4uDy2

D �y

2.y2 C 4/C

y3

2.y2 C 4/2C

1

2y�1

2yD �

2y

.y2 C 4/2:

Questa formula rimane valida anche per y D 0, poiché la funzione f si annulla sull’assex D 0.Facendo l’integrale rispetto alla variabile y, si haZ 1

0

G.y/ dy D �

Z 1

0

2y

.y2 C 4/2dy D

�1

y2 C 4

�yD1yD0

D �1

20:

Facciamo ora l’integrale iterato nel senso opposto al precedente. Integriamo prima rispettoalla variabile y supponendo x ¤ 0:

H.x/ D

Z 1

0

xy.x2 � y2/

.x2 C y2/3dy

uDx2Cy2!duD2y dyD

Z x2C1

x2

x.2x2 � u/

2u3du

D

Z x2C1

x2

�x3

u3�

x

2u2

�du D

��x3

2u2C

x

2u

�uDx2C1uDx2

D �x3

2.x2 C 1/2C

x

2.x2 C 1/C

1

2x�1

2xD

x

2.x2 C 1/2:

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22 Capitolo 1. Integrazione e misura

Da notare che la formula rimane vera anche per x D 0 perché f è nulla su tutto l’asse delley.Integrando sulla variabile x, si ottieneZ 2

0

H.x/ dx D

�1

4.x2 C 1/

�xD2xD0

D �1

20C1

4D1

5:

Conclusione, i due integrali non sono uguali! Il motivo è che la funzione f non è certamenteintegrabile sul rettangolo scelto poiché non è limitata in nessuno intorno dell’origine. Infattiè sufficiente considerare i punti .s; 2s/ e .2s; s/ e trovare che per ogni s ¤ 0

f .s; 2s/ D �6

125s2; f .2s; s/ D

6

125s2;

e quindi per s ! 0 la funzione assume valori arbitrariamente grandi di segno opposto.L’origine è un pessimo punto di discontinuità.

1.4 Estensione, Composizione e ApprossimazioneVediamo dapprima come estendere la nozione di integrale a sottoinsieme limitati più generali degliinsiemi rettangolari. SiaD � Rn limitato, sia inoltre f W D ! R una funzione limitata. Per ogniA � Rn insieme rettangolare limitato per cuiD � A definiamo una estensione della funzione f adA nel modo seguente:

Qf .x/ D

(f .x/ ; x 2 D ;

0 ; x 2 A nD :

Abbiamo quindi esteso f ponendo uguale a zero il valore di Qf sul complemento diD in A. Alloradiciamo che

(1.5)ZD

f:D

ZA

Qf ;

quando il secondo membro ha senso, ossia quando Qf 2 Riem.A/. È chiaro che la definizione è benposta perché non dipende dall’insieme rettangolare che estende il dominio di f e quindi diremoche f 2 Riem.D/.

Anche in questa generalizzazione a insiemi limitati ma generici in Rn valgono le conclusionidel Teorema 1.2.8.

Hanno un certo interesse, anche tecnico, alcuni risultati derivanti dalla composizione di funzioniintegrabili con funzioni sufficientemente regolari. Questo permette anche di estendere le proprietàdell’integrale di Riemann, al di là del Teorema 1.2.8. Concluderemo la sezione con un risultatodi approssimazione per funzioni integrabili. Per quanto visto in eq. (1.5), se non esplicitamenteindicato, gli integrali saranno intesi su sottoinsiemi limitati generici.

1.4.1 Teorema. Siano A un insieme limitato in Rn, f 2 Riem.A/ e h funzione lipschitziana inR. Allora la composizione h ı f è integrabile secondo Riemann in A.

Dimostrazione. La funzione h è lipschitziana in R quindi esiste L � 0 tale che jh.y/ � h.z/j �Ljy � zj. Quindi oscA.h ı f / � LoscA.f /. Questo implica che, usando l’eq. (1.3) per h ı f , siottiene

I?.h ı f;P / � I?.h ı f;P / � L�I?.f;P / � I?.f;P /

�:

È ovvio ora che se f è integrabile, così è h ı f . �

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1.4 Estensione, Composizione e Approssimazione 23

1.4.2 Osservazione. Ricordiamo che affinchè h sia localmente lipschitziana è sufficiente che la funzionesia C 1 su R con derivata limitata, ad esempio che sia C 1 su ogni sottoinsieme limitato. �

1.4.3 Teorema. Siano f; g 2 Riem.D/ doveD � Rn limitato. Allora il loro prodotto f � g èancora integrabile secondo Riemann inD. Inoltre è integrabile il valore assoluto di f e vale

(1.6)ˇZD

f

ˇ�

ZD

jf j :

Dalla relazione

(1.7) f˙ D1

2.jf j ˙ f / � 0 ;

allora fC e f� sono integrabili se e solo se lo è f e si ha I.f / D I.fC/ � I.f�/.

Dimostrazione. Poiché vale

f � g D1

2

�.f C g/2 � .f � g/2

�;

dal Teorema 1.4.1 e dal Teorema 1.2.8 applicati alla funzione lipschitziana z 7! z2 il risultato èimmediato.Il valore assoluto è una funzione lipschitziana con costante L D 1, infatti

jjxj � jyjj � jx � yj :

Per cui jf j è integrabile in D se lo è f . La disuguaglianza eq. (1.6) è chiaramente vera per laproprietà dell’isotonia.

L’ultima parte del teorema segue dalla linearità dell’integrale. �

1.4.4 Teorema. Sia f 2 Riem.D/ conD � Rn limitato e h una funzione continua ed iniettivala cui inversa è lipschitziana. Allora la composizione f ı h è integrabile secondo Riemann inD.

Questo Teorema verrà dimostrato più avanti.

1.4.5 Definizione. (Supporto per funzioni) Sia f W Rn ! R, definiamo il supporto di f comela chiusura dell’insieme dei punti in Rn tali che f ¤ 0, ossia

suppf :D cl.fx 2 Rn W f .x/ ¤ 0g/ :

L’insieme delle funzioni continue a supporto limitato (quindi compatto) in Rn verrà denotatocol simbolo Cc.Rn/.

1.4.6 Osservazione. Vista la natura delle funzioni continue a supporto compatto, esse sono sempreintegrabili in ogni insieme limitato che contenga (o meno) il supporto. Infatti, se l’insieme limitato noncontiene il supporto ho la funzione identicamente nulla, che è sempre integrabile. Al contrario, se l’insiemelimitato contiene il supporto allora essendo la funzione continua è integrabile, perché è già la sua stessaestensione. È chiaro che l’insieme limitato, per arbitrariamente grande che esso sia, non gioca nessun ruoloin questa definizione e quindi possiamo scrivere l’integrale per convenzione come se fosse l’integrale estesoa tutto Rn, ossia interpreteremo I.f / D

Rf D

RRn f se f 2 Cc.Rn/. Vedremo in una prossima sezione

l’integrazione sugli aperti non necessariamente limitati, incluso Rn, di funzioni non necessariamente asupporto compatto. �

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24 Capitolo 1. Integrazione e misura

Per costruire delle approssimazioni regolari si ha bisogno di tecniche abbastanza sofisticate. Intro-duciamo quì una di esse.

1.4.7 Definizione. [Partizione dell’unità] Sia A � Rn e consideriamo un suo ricoprimentoaperto C D fOj W j 2 J g. Una partizione dell’unità di classe C k , k 2 N0, subordinata a C , èuna collezione finita di funzioni �s W Rn ! R, s D 1; : : : ; L, tali che

1. �s è di classe C k ,2. 0 � �s.x/ � 1, ogni x 2 Rn,3. per ogni s esiste un O 2 C , tale che supp.�s/ � O ,4.PLsD1 �s.x/ D 1, per ogni x 2 A.

Per dimostrare il risultato principale, ossia l’esistenza di una partizione dell’unità, descriviamodapprima una classe di funzioni ausiliarie: siano a0 < a < b < b0 e definiamo la funzione continuaf D fa0 b0 a b W R! R

f .x/ D

8ˆ<ˆ:

0 ; x � a0 ;

x � a0

a � a0; a0 � x � a ;

1 ; a � x � b ;

x � b0

b � b0; b � x � b0 ;

0 ; b0 � x :

È chiaro che f è continua su R. Siano R0 DQnjD1Œa

0j ; b0j � ; R

00 DQnjD1Œa

00j ; b00j � rettangoli in

Rn, tali che

(1.8) R0 � R00 ; a00j < a0j < b

0j < b

00j ; j D 1; : : : ; n :

Definiamo f W Rn ! R come

(1.9) f .x/ D fR0R00.x1; : : : ; xn/ D

nYjD1

fa00jb00ja0jb0j.xj /

per cui f è continua, in quanto prodotto di funzioni continue, e valgono le proprietà1. 0 � f .x/ � 1 ; se x 2 Rn ;2. supp.f / D R00;3. f .x/ D 1 ; se x 2 R0.

1.4.8 Teorema. **[Esistenza partizione dell’unità] Per ogni insieme compatto K � Rn ed ognisuo ricoprimento aperto C esiste una partizione dell’unità continua subordinata a C .**

Dimostrazione. Per ogni x 2 K esiste almeno un elemento O del ricoprimento C che lo contiene.Denotiamolo col simbolo Ox. Poiché Ox è aperto in Rn, esistono rettangoli R0x ; R00x per i qualivalgono le relazioni eq. (1.8) e tali che

x 2 int.R0x/ � R00x � Ox :

La collezione fint.R0x/ W x 2 Kg forma un ricoprimento aperto dell’insieme compatto K. PerHeine-Borel, esiste un numero finito di punti x1; : : : ;xL in K tali che

K �

L[jD1

int.R0xj / :

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1.4 Estensione, Composizione e Approssimazione 25

Definiamo, usando la costruzione delle funzioni ausiliarie in eq. (1.9),

�j D fR0xj R00xj; j D 1; : : : ; L ;

allora le funzioni �j W Rn ! R sono continue e valgono le proprietà1. 0 � �j .x/ � 1 ; se x 2 Rn ,2. supp.�j / � R00xj � Oxj ,3. �j .x/ D 1 ; se x 2 R0xj .

Definiamo ora

(1.10) �1 D �1 ; �jC1 D .1 � �1/.1 � �2/ � � � .1 � �j /�jC1 ; j D 1; 2; : : : ; L � 1 :

Ne consegue che le funzioni �1 ; : : : ; �L soddisfano le prime tre proprietà della definizione dipartizione dell’unità def. 1.4.7 subordinata al ricoprimento C . La relazione

(1.11)kX

jD1

�j D 1 �

kYjD1

.1 � �j / ;

è vera per k D 1. Supponiamo sia vera per k < L allora, sommando le relazioni in eq. (1.10) e(1.11), ridà l’eq.(1.11) per k C 1, quindi è vera anche per k D L. Ora, se x 2 K allora esiste un jper cui �j .x/ D 1, per cui

PLjD1 �j .x/ D 1. �

Per alcune applicazioni avremo necessità di più regolarità, quindi

1.4.9 Teorema. ** Per ogni insieme compatto K in Rn ed ogni suo ricoprimento aperto C ,esiste una partizione dell’unità di classe C1 subordinata a C .**

Dimostrazione. (Idea) La dimostrazione è la stessa della precedente, sempreché si cambi la funzionef in una funzione C1. A questo proposito, aggiungiamo alcune osservazioni:.a/ La funzione h W R! R definita come

h.x/ D

(0 ; x � 0 ;

e�1=x ; x > 0 ;

è una funzioneC1 su tuttoR anche in x D 0, dove le derivate sono tutte nulle. Infatti, esistonopolinomi pk tali che h.k/.x/ D pk.

1x/h.x/ per x > 0. Otteniamo, limx!0C h.k/.x/ D

limy!1 pk.y/h.1=y/ D 0, ossia h.k/.0/ D 0..b/ Sia a < b allora definendo hab W R! R come

hab.x/ D h.b � x/h.x � a/ ;

otteniamo una funzione C1..c/ La funzione fab W R! R definita dalla posizione

fab.x/ D

R xa hab.y/ dyR ba hab.y/ dy

;

è una funzione C1 per la quale,

fab.x/ D 0 ; x � a I 0 < fab.x/ < 1 ; a < x < b I fab.x/ D 1 ; x � b :

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26 Capitolo 1. Integrazione e misura

.d/ Siano a00 < a0 < b0 < b00 e definiamo f D fa00 b00 a0 b0 come f .x/ D fa00 a0.x/f�b00�b0.�x/.Allora f è una funzione C1 e si ha

f .x/ D 0 ; x � a00 I 0 < f .x/ < 1 ; a00 � x � a0 I

f .x/ D 1 ; a0 � x � b0 I 0 < f .x/ < 1 ; b0 � x � b00 I(1.12)f .x/ D 0 ; x � b00 :

Abbiamo bisogno di una generalizzazione della nozione di ı-estensione di un rettangolo:1.4.10 Definizione. Sia A sottoinsieme di Rn, la sua ı-estensione, con ı > 0, simbolicamenteAı , è definita da

Aı D fy 2 Rn W dist.y; A/ � ıg :

1.4.11 Lemma. Sia K un compatto di Rn. Allora ogni sua ı-estensione, Kı , è un compatto.Se O è aperto in Rn che contiene K allora esiste ı > 0 tale che Kı � O .

Dimostrazione. Sia O � K un insieme aperto. Allora, per ogni x 2 K esiste ı.x/ > 0 tale cheB.x; 2ı.x// � O . Per cui K �

Sx2K B.x; ı.x//, è un ricoprimento aperto di K. Poiché K è

compatto, dal ricoprimento aperto possiamo estrarre un sottoricoprimento finito, ossia esistonox1; : : : ;xN tutti in K tali che K �

SNkD1B.xk; ı.xk//.

Sia ı D minfı.xk/ W k D 1; : : : ; N g. Allora, per ogni y 2 Kı esiste x 2 K tale cheky � xk � ı e quindi, per qualche k D 1; : : : ; N , si ha x 2 B.xk; ı.xk//. Ne consegue

ky � xkk � ky � xk C kx � xkk � ı C ı.xk/ < ı.xk/C ı.xk/ D 2ı.xk/ ;

per cui y 2 B.xk; 2ı.xk// � O , e si ottiene Kı � O . �

Usando l’esistenza di una partizione dell’unità, si può dimostrare il seguente potentissimo teoremadi approssimazione:

1.4.12 Teorema. **[Approssimazione con funzioni continue] SianoD un insieme limitato inRn e f W D ! R limitata. Allora per ogni � > 0 esistono funzioni g e h in Cc.Rn/, tali che

1. gD � f � hD ;2.R.h � g/ < � ;

3. I?.f / � I.g/ < � e I.h/ � I?.f / < �.Inoltre, se f è integrabile secondo Riemann in D e se O è un aperto di Rn che contiene pro-priamente D, allora è possibile scegliere i supporti delle funzioni g; h in modo tale da averesuppg � O , supph � O .**

Dimostrazione. Sia R0 un rettangolo che contiene D. Per ogni � > 0 possiamo trovare un altrorettangolo R00 tale che R00 � R0 e, applicando le definizioni in eq. (1.9), costruire h 2 Cc.Rn/, taleche

1R0 � h ;

Zh � voln.R0/ <

2:

Cambiando il ruolo di R0 e R00, si costruisce g 2 Cc.Rn/, tale che

g � 1R0 � h ; voln.R0/ �Zg <

2;

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1.5 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 27

da cui ne consegue, sommando le disuguaglianze precedenti, che valeZ.h � g/ < � :

Dall’eq. 1.7 si ha f D fC � f�, quindi possiamo concentrarci sul caso in cui f � 0. Inoltre,possiamo considerare semplicemente il caso della funzione g � f , l’altro seguirà come prima.

da finire�

1.5 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili

Vogliamo ora determinare le condizioni più generali per l’esistenza degli integrali di Riemann.Per farlo è necessaria una breve escursione al di fuori dei concetti tipici associati all’integrazionesecondo Riemann e che arrivano a toccare, almeno tangenzialmente, la teoria di Lebesgue. Nellafattispecie si usa la semplice nozione di insieme di misura trascurabile.

1.5.1 Definizione. Sia A sottoinsieme di Rn. Diremo che A è a misura nulla in Rn se per ogni� > 0 troviamo un ricoprimento di A fatto da una quantità numerabile di rettangoli chiusi Rj ,j 2 N, ossia A � [j2NRj , tali che X

j2N

voln.Rj / < � :

Se questa disuguaglianza è vera diremo che il volume totale del ricoprimento è minore di �.

Vediamo gli esempi tipici di insiemi a misura nulla

1.5.2 Esempi. 1. Sia Qn l’insieme degli elementi di Rn le cui n coordinate sono razionali.Essendo Q numerabile, Qn è anch’esso numerabile. Quindi, mettiamo in corrispondenzabiunivoca i punti di Qn ed N, chiamando xk , k 2 N, i suoi elementi. Consideriamo ora il

cubo Ck centrato in xk e di lato n

r�

2kC1, per ogni k 2 N e per � > 0 fissato ad arbitrio.

Ogni cubo ha volume

voln.Ck/ D�

n

r�

2kC1

�nD

2kC1

e quindi Xk2N

voln.Ck/ DXk2N

2kC1D�

2< � :

Per l’arbitrarietà di � si ha che Qn ha misura nulla.2. È abbastanza intuitivo pensare che tutto ciò che ha volume nullo in Rn, almeno per gli insiemi

a cui sappiamo associare un tale valore, sono anche a misura nulla. Ad esempio, i rettangolidegeneri hanno volume n-dimensionale nullo e quindi sono a misura nulla. Facciamo il casodel rettangolo R D Œ0; 1�� f1g. Questo ha chiaramente vol2.R/ D 0. Vediamo se è a misuranulla. Fissiamo � > 0 ad arbitrio e costruiamo la seguente successione di rettangoli chericoprono R: per ogni j 2 N definiamo

Rj D Œ0; 1� � Œ1 ��

2jC2; 1C

2jC2� :

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28 Capitolo 1. Integrazione e misura

È chiaro che ricoprono R perché sono uno dentro l’altro R1 � R2 � R3 � � � � � Rj � � � �e per il più grande vale R1 D Œ0; 1� � Œ1 � �

8; 1C �

8� � R qualunque sia la scelta di � > 0.

Ognuno dei rettangoli ha volume 2-dimensionale (area!) uguale a vol2.Rj / D �2jC1

, quindiXj2N

vol2.Rj / DXj2N

2jC1D�

2< � :

Quindi il volume del ricoprimento è minore di � ed R ha misura nulla.3. Il contrario del punto .2/ non è vero. Se A ha misura nulla non è detto che abbia volume

nullo. I razionali ancora forniscono un esempio di questo fatto. Hanno misura nulla mail volume non esiste. Per capire meglio quest’affermazione è necessario però attendere lasezione 1.6, dove viene fornita una generalizzazione della nozione di volume per insiemi nonnecessariamente rettangolari.

4. L’insieme di Cantor ha misura nulla. Inoltre, nella costruzione dell’insieme di Cantor attra-verso la rappresentazione ternaria, è possibile mostrare l’esistenza di una funzione continuasuriettiva dall’insieme di Cantor a Œ0; 1�, quindi l’immagine di Cantor sotto questa mappanon preserva la misurabilità nulla. Vedremo a breve che le lipschitziane invece fanno il giustolavoro.

Dimostriamo alcune proprietà interessanti per insiemi a misura nulla.

1.5.3 Teorema. 1. Se A ha misura nulla in Rn allora ogni B � A ha misura nulla.2. Sia A unione numerabile di insiemi A1; A2; : : : . Se ogni Aj ha misura nulla in Rn, lo

stesso vale per A.3. Un insiemeA hamisura nulla inRn se e solo se per ogni � esiste un ricoprimento numerabile

di A fatto da rettangoli aperti int.R1/; int.R2/; : : : tali cheXj2N

voln.Rj / < � :

4. Se A è compatto in Rn ed ha misura nulla allora per ogni � > 0 esiste un ricoprimentofinito fatto da rettangoli (chiusi o aperti) Rj ; j D 1; : : : ; N tale che

NXjD1

voln.Rj / < � :

5. Se R è un rettangolo non degenere in Rn, allora R non ha misura nulla ma fr.R/ ha misuranulla.

Dimostrazione. Il punto 1: è ovvio. Se Rj , j 2 N, ricopre A allora ricopre anche B e se il volumedel ricoprimento per A è minore di � lo stesso vale per B . Per dimostrare 2: si usa l’ovvia estensionenumerabile del procedimento visto nell’esempio 1 in 1.5.2. 3: Se i rettangoli aperti int.Rj /, j 2 N,coprono A così fanno i rettangoli Rj , j 2 N. Quindi la condizione implica che il ricoprimento coni rettangoli chiusi ha misura nulla. Supponiamo, invece, che A abbia misura nulla. Quindi possiamotrovare un ricoprimento fatto con rettangoli R0j , j 2 N, di volume totale minore di �=2. Per ogni jscegliamo2 un rettangolo Rj tale che

(1.13) R0j � int.Rj / ; voln.Rj / � 2voln.R0j / :

2Questo è possibile considerando per ogni rettangolo R0j la sua estensione .R0j /ı definita in 1.1.3. Scegliendoopportunamente ı si ha l’asserto precedente.

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1.5 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 29

Allora i rettangoli aperti int.Rj /, j 2 N ricoprono A ePj2N voln.Rj / < �. Il punto 4: è

facilmente dimostrabile, perché da ogni ricoprimento fatto da rettangoli aperti del compatto convolume minore di � posso estrarre un sottoricoprimento finito che ancora avrà volume minore di �.Si può passare ai rettangoli chiusi prendendo la chiusura dei rettangoli aperti del ricoprimento.

5: Poiché ogni fr.R/ è composto da 2n facce, ossia rettangoli degeneri di volume n-dimensionalenullo, allora la loro unione avrà misura nulla, come segue dal ragionamento visto nell’esempio 2di 1.5.2. Supponiamo ora che R abbia misura nulla e troviamo una contraddizione. Poniamo� < voln.R/. Per quanto visto in 3: possiamo ricoprire R da una quantità numerabile di rettangoliaperti int.Rj /, j 2 N, con

Pj voln.Rj / < �. Poiché R è compatto possiamo ricoprirlo con

un numero finito, diciamo N di rettangoli aperti, ma è ancoraPNjD1 voln.Rj / < �. Poiché il

ricoprimento finito può essere composto anche da rettangoli con interni non disgiunti, quindi non èuna partizione, possiamo però generarne una considerando i piani passanti per le facce di ciascunrettangolo del ricoprimento finito e del rettangolo R. Questo certamente genera una partizionedel rettangolo R in, diciamo, P1; : : : ; PM rettangoli, per cui ogni Pj è dentro almeno un Rk . Neconsegue che

voln.R/ DMXiD1

voln.Pi / �NXkD1

voln.Rk/ < � < voln.R/ ;

una contraddizione. �

1.5.4 Osservazioni. Alcune osservazioni sul Teorema precedente:1. È chiaro che se A ha misura nulla allora int.A/ ha misura nulla. Però non è vero in generale che cl.A/

abbia misura nulla. Infatti i razionali in Œ0; 1� sono un classico controesempio perché cl.Q\ Œ0; 1�/ DŒ0; 1� che non ha misura nulla.

2. Nella parte 4. viene automatico che se A è compatto e a misura nulla allora ha volume nullo. Larichiesta di compattezza è necessaria, i razionali in Œ0; 1� hanno misura nulla ma non hanno lunghezza(“volume” unidimensionale), infatti non sono compatti.

Abbiamo ora gli strumenti per dimostrare uno dei teoremi più importanti dell’analisi, chemostra l’esistenza degli integrali di Riemann, caratterizzandone la classe più ampia delle funzioniintegrabili. A questo proposito, è cruciale ricordarsi della caratterizzazione della continuità di unafunzione vista nel Teorema 0.1.8.

1.5.5 Definizione. Sia f W A! R, A � Rn, allora l’insieme

disc.f / :D fa 2 A W osca.f / > 0g

è l’insieme dei punti di discontinuità della funzione f in A.

Si vede facilmente che

(1.14) disc.f / D[m2N

discm.f / ;

dove discm.f / D fa 2 A W osca.f / �1mg.

1.5.6 Teorema. (Lebesgue-Vitali) ** Sia R un rettangolo non vuoto e non degenere in Rn.Allora, la funzione f è integrabile secondo Riemann in R se e solo se è limitata e l’insiemedisc.f / è a misura nulla.**

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30 Capitolo 1. Integrazione e misura

Dimostrazione. (Sufficienza) Supponiamo disc.f / abbia misura nulla. Dimostriamo l’integrabilitàdi f tramite il Criterio di Riemman 1.2.5. Fissiamo � > 0 ad arbitrio e sia

�0 D�

2M C 2voln.R/;

doveM � jf .x/j per ogni x 2 R.Ricopriamo disc.f / con una quantità numerabile di rettangoli aperti int.R1/; int.R2/; : : : di

volume totale minore di �0, usando la 3 del Teorema 1.5.3. Per ciascun punto a 2 R che nonappartiene a disc.f /, quindi laddove f è continua, scegliamo un generico rettangolo aperto int.Ra/

contenente a e tale che

(1.15) jf .x/ � f .a/j < �0 ; per x 2 R \Ra :

Ne deduciamo che gli insiemi aperti int.Rj /, j 2 N, e int.Ra/, per ogni a 2 Rndisc.f /, ricopronotutto R. Poiché R è compatto, posso scegliere una sottofamiglia finita

int.R1/ ; : : : ; int.Rk/ ; int.Ra1/ ; : : : ; int.Ral / ;

che continui a ricoprirlo e tale chePkjD1 voln.Rj / < �0 e per ogni int.Ras /, s D 1; : : : ; l , vale

l’eq. (1.15). Senza cambiare notazione chiamiamo semplicemente ancora int.Rj /, j D 1; : : : ; k, leintersezioni di tali rettangoli con R e lo stesso per i rettangoli int.Ras /, s D 1; : : : ; l . Le due nuovefamiglie ancora ricoprono R e per loro valgono ancora le due proprietà di volume e continuità,rispettivamente, appena viste.

Usiamo le facce di tutti i rettangoli appena definiti per fare piani paralleli ai piani cartesiani e cosídefinire un partizione P del rettangolo R. Ogni elemento del ricoprimento sarà quindi unione finitadi rettangoli appartenenti a P . Dividiamo allora la partizione in due famiglie disgiunte R e R0, taliche ogni rettangolo di P che appartiene ad uno dei rettangoli int.Rj / allora diremo che appartienealla famiglia R, altrimenti ogni rettangolo di P che appartiene ad uno dei rettangoli int.Ras /, alloradiremo appartiene alla famiglia R0. Ora, per ogni coppia di punti x;y che appartengono ad unrettangoloQ 2 R, si ha

jf .x/ � f .y/j < 2M H) oscQ.f / � 2M ;

mentre se appartengono ad un rettangoloQ0 2 R0, si ha

jf .x/ � f .y/j < 2�0 H) oscQ0.f / � 2�0 :

Usando queste stime, le somme oscillanti di Darboux (vedi eq.(1.3)) valgono, separatamente per R

e R0 XQ2R

oscQ.f / voln.Q/ � 2MXQ2R

voln.Q/ ;(1.16) XQ02R0

oscQ0.f / voln.Q0/ � 2�0XQ02R0

voln.Q0/ :(1.17)

Ora XQ2R

voln.Q/ �kX

jD1

XQ2Rj

voln.Q/ DkX

jD1

voln.Rj / < �0

mentre XQ02R0

voln.Q0/ �XQ2R

voln.Q/ D voln.R/ ;

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1.5 Misura nulla e caratterizzazione delle funzioni integrabili 31

quindi, mettendo insieme le cose, si ottiene

I?.f;P / � I?.f;P / < 2M�0C 2�0voln.R/ D � ;

quindi f è integrabile per il Criterio di Riemann 1.2.5 e l’arbitrarietà di �.

(Necessità) Sia f integrabile su R. Poiché vale eq.(1.14), è sufficiente mostrare che ognidiscm.f / ha misura nulla per la 2 del Teorema 1.5.3.

Fissiamo m 2 N e � > 0. Sia P partizione di R per cui I?.f;P / � I?.f;P / < �=2m. Siadiscm.f / D D0 [D00, doveD0 è l’insieme i cui punti appartengono a fr.Q/ per qualcheQ 2 P ,e siaD00 il resto di discm.f /. Dobbiamo stimare i volumi diD0 eD00.

Ora, dato Q 2 P , fr.Q/ ha misura nulla in Rn, e così vale per [Q2P fr.Q/. Poiché D0 ècontenuto in quest’ultima unione allora ha anch’esso misura nulla per il punto 1 Teorema 1.5.3 equindi esiste una quantità numerabile di rettangoli di volume totale minore di �=2.

Vediamo oraD00. SianoQ1; : : : ;Qk i rettangoli di P che contengono punti diD00. Sia a 2 D00,allora uno dei rettangoliQj lo contiene e inoltre a … fr.Qj /, altrimenti sarebbe inD0. Allora, dalladimostrazione del Teorema 0.1.8, esiste ı > 0 tale cheQj contiene il cubo Cı centrato in a e dilato ı, sicchè

1

m� osca.f / � oscCı .f / � oscQj .f / :

Moltiplicando l’ultima disuguaglianza per voln.Qj / e sommando su j D 1; : : : ; k, si ottiene

kXjD1

1

mvoln.Qj / � I?.f;P / � I?.f;P / <

2m:

Quindi il ricoprimento di D00 ha volume minore di �=2. Unendo i risultati per D0 e D00 si ha latesi. �

1.5.7 Osservazione. Il Teorema dice che, a meno di un insieme di misura nulla, non c’è differenza trafunzioni integrabili e continue. �

Una prima applicazione di questo Teorema è il seguente risultato:

1.5.8 Teorema. Sia R rettangolo non vuoto e non degenere in Rn e sia f W R! R integrabilesu R. Allora, si ha

1. Se f è nulla tranne che su un insieme di misura nulla, alloraRR f D 0.

2. Se f è non negativa e seRR f D 0, allora f è sempre zero eccetto un insieme di misura

nulla.

Dimostrazione. Da fare. �

La richiesta d’esistenza dell’integrale è necessaria in virtù del controesempio dato dalla funzionedi Dirichlet.

1.5.9 Teorema. Sia A aperto in Rn e sia S � A di misura nulla in Rn. Sia f W A ! Rn

lipschitziana, allora f .S/ ha misura nulla in Rn.

Dimostrazione. Chiamiamo K la costante di Lipschitz di f . Il cubo C di lato L all’interno di Aha diam.C / D L

pn e quindi diam.f .C // � KL

pn. Dunque, per ogni x D .x1; x2; : : : ; xn/ 2

f .C / si ha f .C / � B.x; KLpn/ �

QnjD1Œxj �KL

pn; xj CKL

pn �. f .C / è quindi dentro il

cubo C 0 di lato di ampiezza 2KLpn da cui

(1.18) voln.C 0/ D .2KLpn/n DMLn DMvoln.C / ; dove M D .2K

pn/n :

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32 Capitolo 1. Integrazione e misura

Sia ora � > 0 fissato ad arbitrio. Poiché S è a misura nulla, allora posso trovare una quantitànumerabile di rettangoli Rj , j 2 N, tali da ricoprire S e con volume totale del ricoprimentoPj2N voln.Rj / < �

2M. Per ogni j 2 N ricopriamo il rettangolo Rj con rettangoli R.i/j , i D

1; 2; : : : ; Nj , tali chePNjiD1 voln.R

.i/j / � 2voln.Rj / (vedi eq.(1.13) e la connessa annotazione).

Per ciascun rettangolo R.i/j denotiamo con C .i/j il cubo contenente f .R.i/j / per cui vale l’analogadell’eq. (1.18). Si ottiene

f .S/ �[j2N

f .Rj / �[j2N

Nj[iD1

f .R.i/j / �

[j2N

Nj[iD1

C.i/j ;

da cui

Xj2N

NjXiD1

voln.C.i/j / D

Xj2N

NjXiD1

Mvoln.R.i/j / � 2M

Xj2N

voln.Rj / < 2M�

2M< � :

Il Teorema è dimostrato. �

1.5.10 Osservazione. Il precedente Teorema vale anche nella condizione più debole di locale lipschitzia-nità per f . �

1.6 RettificabilitàIl problema della definizione di integrabilità su insiemi generici nella precedente sezione è che isottoinsiemi seppur limitati di Rn hanno una variabilità enorme e possono esserci funzioni moltosemplici su di essi che però non sono integrabili. L’esempio tipico lo abbiamo già visto nella sezionedell’integrabilità sui rettangoli. Consideriamo, per esempio, in Rn la funzione ı uguale ad 1 suipunti a coordinate tutte razionali con valori in Œ0; 1�. Poiché S D Qn \ Œ0; 1�n non è un rettangolo,allora estendiamo a zero la funzione ı a tutto Œ0; 1�n n S . Cosí facendo riotteniamo la funzionedi Dirichlet su Œ0; 1�n che sappiamo essere non integrabile e quindi la funzione ı pur nella suasemplicità non è integrabile secondo Riemann su S .

Da quanto descritto è importante cominciare a distinguere quei sottoinsiemi su cui almeno lecostanti sono integrabili. In effetti vogliamo definire il concetto di volume per tutti gli insiemi in cuiquesta nozione ha un senso, anche intuitivo.

1.6.1 Definizione. Sia A sottoinsieme limitato di Rn, diremo che A è rettificabile (o misurabilesecondo Peano-Jordan) se la sua funzione identicamente uguale a 1 su A è integrabile in A nelsenso della definizione in (1.5). In questo caso porremo,

voln.A/:D

ZA

1 :

Se A � Rn, qualsiasi, allora denoteremo con R.A/ la famiglia dei sottoinsiemi di A compatti erettificabili, in particolare, R.Rn/ è la famiglia di tutti gli insiemi compatti rettificabili in Rn.

1.6.2 Osservazioni. 1. È chiaro che per l’integrabilità della funzione 1 si intende che seR è rettangoloche include A allora la funzione costante 1 su A si estende alla funzione caratteristica di A, in simboli1A, ossia a quella funzione che è 1 per punti di A e vale 0 per punti in R n A, quindi una funzionecontinua a supporto compatto. Nella parte iniziale della sezione la funzione ı si estende alla funzione

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1.6 Rettificabilità 33

di Dirichlet che è la funzione caratteristica dei razionali. Poiché essa non è integrabile, allora nonesiste il volume dei razionali, come avevamo suggerito in 3 di 1.5.2.

2. Ricordando l’osservazione 1.4.6 possiamo scrivere, in caso di rettificabilità di R,

(1.19) voln.R/ DZ

Rn1R :

3. La definizione di volume coincide con quella elementare per i rettangoli nel caso in cui A fosse unrettangolo R. Infatti, sup 1 D inf 1 D 1 sempre, e poiché ogni rettangolo è una partizione di sé stessoallora

I ?.1; R/ D voln.R/ ; I?.1; R/ D voln.R/ :

Sicchè essendo uguali hanno uguali integrali superiori ed inferiori e quindi l’integrale della funzione1 su R è proprio il volume del rettangolo.

4. in effetti, parafrasando quanto già visto per le funzioni, notiamo che se A è limitato in Rn allora gliintegrali superiore ed inferiore per la funzione caratteristica 1A esistono sempre, indipendentementedalla rettificabilità o meno dell’insieme A, intesi come estremi inferiore e superiore, rispettivamente,su tutte le partizioni di D � A, rettangolo in Rn (oppure, più in generale, insieme rettangolare).Chiameremo allora volume esterno l’integrale superiore di 1A, in simboli volest.A/

:D I ?.1A;D/, e

volume interno l’integrale inferiore di 1A, in simboli volint.A/:D I?.1A;D/. Di nuovo, questi concetti

non dipendono dal particolare rettangoloD scelto per contenere A.�

Diamo le principali proprietà degli insiemi rettificabili.

1.6.3 Teorema. 1. (Positività) Se A è rettificabile allora voln.A/ � 0.2. (Isotonia) Se A1 e A2 sono rettificabili e se A1 � A2, allora voln.A1/ � voln.A2/.3. (Additività) Se A1 e A2 sono rettificabili, anche A1 [ A2 e A1 \ A2 lo sono e vale

voln.A1 [ A2/ D voln.A1/C voln.A2/ � voln.A1 \ A2/ :

4. Se A è rettificabile lo è anche int.A/ e vale voln.A/ D voln.int.A//.5. Se A è rettificabile e f W A! R è limitata e continua allora è integrabile su A.

Dimostrazione. Semplice applicazione delle regole fondamentali dell’integrazione come viste nelTeorema 1.2.8 opportunamente generalizzate a insiemi limitati qualsiasi. �

Come fatto per l’integrabilità, diamo ora una caratterizzazione della rettificabilità che va oltrel’usuale descrizione fatta nei testi di base.

1.6.4 Teorema. Un sottoinsieme A di Rn è rettificabile se e solo se A è limitato e fr.A/ hamisura nulla.

Dimostrazione. La funzione carattteristica di A è continua negli insiemi aperti int.A/ e Rn n cl.A/,dove vale rispettivamente 1 e 0. La continuità è persa in fr.A/. Per il Teorema di Lebesgue-Vitali 1.5.6, la funzione caratteristica è integrabile se e solo se fr.A/ ha misura nulla. �

Questo teorema è certamente intuitivo ma nasconde una insidia. Non è detto che la frontieradi un insieme sia necessariamente “piccola,” ci sono situazioni in cui la frontiera di un insiemeè più grande dell’insieme stesso! Il controesempio è dato, come al solito, dai razionali in Œ0; 1�.Infatti, fr.Q \ Œ0; 1�/ D cl.Q \ Œ0; 1�/ n int.Q \ Œ0; 1�/, però i razionali sono densi, quindicl.Q\ Œ0; 1�/ D Œ0; 1� mentre, poiché i razionali formano un insieme numerabile di elementi, allorasi ha int.Q\ Œ0; 1�/ D ;. Quindi i razionali hanno una frontiera che è tutto l’intervallo Œ0; 1�, quindila frontiera contiene l’insieme, e poiché l’insieme Œ0; 1� è rettificabile, quindi non ha misura nulla,si ha che Q \ Œ0; 1� non è un insieme rettificabile, come già notato precedentemente.

Tuttavia, casi semplici rafforzano l’intuizione, come vedremo nella prossima sezione.

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34 Capitolo 1. Integrazione e misura

1.7 Insiemi normali e loro integrali

Una classe di esempi importanti di rettificabilità è data dagli insiemi detti semplici o norma-li.

1.7.1 Definizione. SianoD 2 R.Rn�1/, ˛; ˇ W D ! R funzioni continue tali che ˛.x/ � ˇ.x/per x 2 D. Il sottoinsieme N di Rn definito dalla relazione

N:D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ;˛.x/ � t � ˇ.x/g ;

è detto insieme normale rispetto al sottospazio Rn�1.

La scelta dell’ultima variabile non è vincolante. Infatti se k C l D n � 1 e se x e y denotanopunti generici in Rk e Rl rispettivamente, allora l’insieme

T D f.x; t;y/ 2 Rk � R � Rl W .x;y/ 2 D ; ˛.x;y/ � t � ˇ.x;y/g ;

è ancora un insieme normale in Rn.La proprietà fondamentale è la seguente:

1.7.2 Teorema. **Se N è un insieme normale in Rn allora è compatto e rettificabile, ossiaappartiene a R.Rn/.**

La dimostrazione del Teorema 1.7.2 è posticipata.

L’interesse principale negli insiemi normali è che per essi funziona un teorema di tipo Fubini.

1.7.3 Teorema. Sia S D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ; ˛.x/ � t � ˇ.x/g un insiemenormale in Rn rispetto al sottospazio Rn�1. Sia f W S ! R una funzione continua. Allora f èintegrabile su S e Z

S

f D

ZD

"Z ˇ.x/

˛.x/

f .x; t / dt

#dx :

1.7.4 Osservazioni. 1. Poiché un insieme normale S D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ; ˛.x/ � t �

ˇ.x/g è rettificabile, allora la funzione caratteristica ci fornisce il volume n-dimensionale e vale

voln.S/ DZD

"Z ˇ.x/

˛.x/

dt

#dx D

ZD

.ˇ.x/ � ˛.x// dx :

2. A volte il dominio risulta essere normale rispetto a più sottospazi. Prendiamo due esempi semplici inR2: .a/ caso dei rettangoli (ovviamente è normale rispetto a tutte e due gli assi x e y), oppure, .b/ iltriangolo T D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œa; b� ; y 2 Œa; b� ; y � xg. Vediamo in dettaglio quest’ultimocaso. Se determiniamo T come insieme normale per l’asse x allora, T D f.x; y/ 2 R2 W x 2Œa; b�; a � y � xg, ossia ˛.x/ � a e ˇ.x/ D x, mentre, se lo vediamo normale rispetto all’asse yavremo T D f.x; y/ 2 R2 W y 2 Œa; b� ; y � x � bg ossia, in questo caso, ˛.y/ D y e ˇ.y/ � b.Questo ci porta, considerando f W T ! R continua, alla seguente formulaZ

T

f .x; y/ dxdy D

Z b

a

�Z x

a

f .x; y/ dy

�dx D

Z b

a

"Z b

y

f .x; y/ dx

#dy ;

detta formula di inversione di Dirichlet.�

Vediamo alcuni esempi di integrazione.

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1.7 Insiemi normali e loro integrali 35

1.7.5 Esempi. 1. SiaC il semicerchio di centro .0; 1/ e raggio 1, contenuto nel primo quadrantedi R2. Calcoliamo Z

C

xy dxdy :

Possiamo vedere C come normale rispetto all’asse delle y e scrivere C D f.x; y/ 2 R2 Wy 2 Œ0; 2� ; 0 � x �

p2y � y2g. Quindi, per Fubini,

ZC

xy dxdy D

Z 2

0

"Z p2y�y20

xy dx

#dy

D

Z 2

0

y

�x2

2

�xDp2y�y2xD0

dy

D1

2

Z 2

0

y.2y � y2/ dy

D1

2

�2

3y3 �

y4

4

�yD2yD0

D2

3:

Allo stesso modo possiamo pensare C come normale rispetto all’asse x e quindi scrivereC D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ0; 1� ; 1 �

p1 � x2 � y � 1C

p1 � x2g e quindiZ

C

xy dxdy D

Z 1

0

"Z 1Cp1�x2

1�p1�x2

xy dy

#dx

D

Z 1

0

x

�y2

2

�1Cp1�x21�p1�x2

dx

D 2

Z 1

0

xp

1 � x2 dx

D �2

3

h.1 � x2/3=2

ixD1xD0

D2

3:

2. Calcoliamo l’integrale triplo ZE

xz dxdydz ;

dove E D f.x; y; z/ 2 R3 W x � 0 ; z � 0 ; 0 � y � 2�x2� z2g. L’insieme E è normalerispetto al piano .x; y/, infatti possiamo scrivere

E D f.x; y; z/ 2 R3 W .x; y/ 2 D ; 0 � z �

q2 � y � x2g ;

doveD D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ0;p2� ; 0 � y � 2 � x2g è normale rispetto all’asse delle

x. Quindi, usando la doppia normalità, si ottieneZE

xz dxdydz D

ZD

"Z p2�y�x20

xz dz

#dxdy D

Z p20

"Z 2�x2

0

"Z p2�y�x20

xz dz

#dy

#dx :

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36 Capitolo 1. Integrazione e misura

Le integrazione sono elementari, e si ottiene,Z p20

"Z 2�x2

0

"Z p2�y�x20

xz dz

#dy

#dx D

1

2

Z p20

dx

Z 2�x2

0

x.2 � x2 � y/ dy

D1

2

Z p20

x

�.2 � x2/y �

y2

2

�yD2�x2yD0

dx

D1

4

Z p20

x.2 � x2/2 dx

D1

3:

3. Siano dati A D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C y2 � 1g e B D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C z2 � 1g,due cilindri in R3. Vogliamo calcolare il volume dell’intersezione A \ B .Vediamo come scrivereA\B come insieme normale. Prendiamo la prima relazione x2Cy2 �1 di A e notiamo che la variabile y può variare nell’intervallo Œ�1; 1�. In questo intervallo,allora, la variabile x varierà nell’insieme Œ�

p1 � y2;

p1 � y2�. Da questo, considerando

ora il cilindro B , si vede che la variabile z può variare in Œ�p1 � x2;

p1 � x2�, così da

avere

A\B D f.x; y; z/ 2 R3 W y 2 Œ�1; 1� ; x 2 Œ�q1 � y2;

q1 � y2� ; z 2 Œ�

p

1 � x2;p

1 � x2�g ;

come insieme normale rispetto all’asse y. Il volume è

vol3.A \ B/ DZA\B

1 D

Z 1

�1

"Z p1�y2�p1�y2

"Z p1�x2�p1�x2

dz

#dx

#dy :

Per ragioni di simmetria, ovvi dall’aspetto analitico del dominio (si hanno 8 differentipossibilità di scelta di segno, tutte geometricamente equivalenti), si ha

vol3.A \ B/ D 8Z 1

0

"Z p1�y20

"Z p1�x20

dz

#dx

#dy

D 8

Z 1

0

"Z p1�y20

p

1 � x2 dx

#dy

D 8

Z 1

0

�x

2

p

1 � x2 Carcsin x2

�xDp1�y2xD0

dy

D 4

Z 1

0

y

q1 � y2 dy C 4

Z 1

0

arccosy dy :

Ora, i singoli integrali valgonoZ 1

0

y

q1 � y2 dy D

"�.1 � y2/3=2

3

#yD1yD0

D1

3;

mentreZ 1

0

arccosy dy D Œy arccosy�yD1yD0 C

Z 1

0

yp1 � y2

dy D arccos 1 � Œq1 � y2�

yD1yD0 D 1 :

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1.7 Insiemi normali e loro integrali 37

In conclusione, vol3.A \ B/ D 163.

In effetti avremmo potuto fare una scelta più furba. Scegliendo l’insieme come norma-le rispetto all’asse delle x, si ha x 2 Œ�1; 1�, quindi y 2 Œ�

p1 � x2;

p1 � x2� e z 2

Œ�p1 � x2;

p1 � x2�. In tal caso

vol3.A \ B/ D 8Z 1

0

"Z p1�x20

"Z p1�x20

dy

#dz

#dx

D 8

Z 1

0

.1 � x2/ dx D 8hx �

x

3

ixD1xD0D16

3:

Vediamo alcune applicazioni interessanti.

1.7.6 Teorema. Siano A 2 R.Rn/ ed f W A! R continua. Allora il grafico di f

graf.f / :D f.x; t / 2 Rn � R W x 2 A ; t D f .x/g ;

ha misura nulla in RnC1.Le stessa conclusione vale se f è semplicemente integrabile in A, inoltre, l’unione di una

quantità numerabile di grafici di funzioni integrabili in A è ancora a misura nulla.

Dimostrazione. Scegliamo un rettangolo R in Rn che contenga A. Allora, dato � > 0 definiamo� D �

2voln.R/. La funzione f è continua e quindi uniformemente continua nel compatto A per

Heine-Cantor. Quindi, in corrispondenza di � si trova un ı > 0 tale che jf .x/�f .y/j < � per ognicoppia x;y 2 A per cui kx � yk < ı. Ora, usando il Lemma 1.1.8, trovo una partizione di R inrettangoli fR1; : : : ; RN g di diametro minore di ı, tali che per ogni j D 1; : : : ; N e x;y 2 Rj \A,si ha jf .x/ � f .y/j < �. Per ogni j scegliamo un punto xj in Rj \ A e definiamo l’intervalloIj D Œf .xj /� �=2; f .xj /C �=2�. Allora, il rettangolo nC 1-dimensionale Rj � Ij contiene ognipunto della forma .x; f .x// per cui x 2 Rj \ A, dunque [NjD1Rj � Ij � graf.f / ed il volumetotale di questo ricoprimento è

NXjD1

volnC1.Rj � Ij / DNXjD1

voln.Rj /� D �voln.R/ D�

2< � :

Quindi la tesi.Se f è integrabile allora è limitata inA, ossia esisteM � 0 tale che jf .x/j �M per ogni x 2 A.

Poiché A è compatto, possiamo prendere un rettangolo R che lo contiene. Allora, estendendo fa zero in R n A otteniamo che tale estensione, per il Teorema 1.5.6, coincide con una funzione hcontinua e definita in R a meno dell’insieme di misura nulla disc.f / contenuto propriamente in A.Allora, vale la seguente inclusione

graf.f / � graf.h/[.disc.f / � IM / ;

dove IM D Œ�M;M�. Per la prima parte del teorema il grafico di h ha misura nulla ed è semplicemostrare che lo stesso si può dire dell’altro insieme a secondo membro. Infatti, poiché disc.f /è a misura nulla, per ogni � > 0, definendo � D �

2M, allora esiste un ricoprimento numerabile

Rj ; j 2 N, fatto da rettangoli (aperto o chiusi, non fa differenza), tale che il volume totale delricoprimento è minore di �. Ora

disc.f / � IM �[j2N

Rj � IM ;

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38 Capitolo 1. Integrazione e misura

e l’espressione nel membro di destra è quindi un ricoprimento del membro di sinistra. Allora,calcolando il volume in RnC1 del nuovo ricoprimento si ha

volnC1

0@[j2N

Rj � IM

1A DXj2N

voln.Rj /vol1.IM / D 2MXj2N

voln.Rj / < 2M� D � ;

da cui il nuovo ricoprimento ha anch’esso volume minore di �. La dimostrazione di questa parte èconclusa appellandosi alla parte 1. del Teorema 1.5.3. L’utima affermazione è invece vera per laparte 2. del teorema appena richiamato. �

Riprendiamo ora la dimostrazione del Teorema 1.7.2.

Dimostrazione Teorema 1.7.2. Sia N D f.x; t / 2 Rn�1 � R W x 2 D ;˛.x/ � t � ˇ.x/g.Dobbiamo dimostrare che N è compatto e che fr.N / ha misura nulla.

Siano graf.˛/ e graf.ˇ/ i grafici delle funzioni ˛ e ˇ definenti l’insieme normale N . Vogliamodimostrare che fr.N / appartiene all’unione di graf.˛/, graf.ˇ/ e C D f.x; t / 2 Rn W x 2fr.D/ ; ˛.x/ � t � ˇ.x/g.Poiché ciascuno degli insiemi è in N , ne consegue che fr.N / � N , e quindi N è chiuso. Essendolimitato allora è compatto.

Da finire. �

Proponiamo ora la formula di Liu-Zu, altrimenti nota come formula di Cavalieri (Archimede,Fubini) però ottenuta circa 1300 anni prima dai cinesi Liu Hui e ZuGengzhi (calcolo del volume dellasfera), che permette il calcolo dei volumi di insiemi rettificabili in RnC1 come integrali delle sezionia dimensione n. A tal proposito, sia A � RnC1. Fissiamo t 2 R e l’indice j 2 f1; 2; : : : ; n; nC 1g.L’insieme

At;j:D f.x1; x2; : : : ; xn/ 2 Rn W .x1; x2; : : : ; xj�1; t; xj ; : : : ; xn/ 2 Ag ;

si dice sezione j-esima di A di piede t . Indichiamo con �j W A ! R la proiezione j-esima di Adefinita da

�j .x/ D xj ; per ogni x 2 A :

1.7.7 Teorema. Sia A rettificabile in RnC1 le cui sezioni At;j siano rettificabili in Rn per ognit 2 R. Allora

volnC1.A/ DZIj

voln.At;j / dt ;

dove Ij è un qualsiasi intervallo compatto contenente la j -esima proiezione �j .A/ di A.

1.7.8 Esempi. 1. Vediamo la formula di Liu-Zu, ossia il volume della sfera tridimensionale S3centrata nell’origine e raggio r > 0. La terza sezione di piede t è S3t;3 D f.x; y/ 2 R2 W

x2 C y2 � r2 � t2g, che ha volume bidimensionale (area) vol2.S3t;3/ D �.r2 � t2/. Laproiezione della sfera sull’asse z è �3.S3/ D Œ�r; r�, quindi, usando la parità della funzioneintegranda,

vol3.S3/ D 2Z r

0

�.r2 � t2/ dt D 2�

�r2t �

t3

3

�tDrtD0

D4�

3r3 :

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1.8 Fubini o dell’integrale iterato 39

2. Sia f continua e positiva su Œa; b� � R. Sia Cf il cilindroide associato al grafico di f e sia

S:D f.x; y; z/ 2 R3 W x 2 Œa; b� ; 0 � y2 C z2 � f 2.x/g :

S è detto solido di rotazione attorno all’asse delle x generato da Cf . Tale insieme è chia-ramente rettificabile. Il suo volume è quindi facilmente esprimibile tramite la formula delTeorema 1.7.7, infatti la prima sezione di piede t è il disco centrato in t e di raggio f .t/,quindi

vol3.S/ DZ b

a

vol2.S1;t / dt DZ b

a

�f 2.t/ dt :

Vediamo ora la naturale estensione n-dimensionale dell’iterazione degli integrali per domini informa normale

1.7.9 Teorema. Siano a1; b1 2 R fissati con a1 � b1. Definiamo I1 D Œa1; b1� e assumiamoche siano stati definiti, per induzione sull’indice j D 2; 3; : : : ; n, le seguenti quantità

aj ; bj W Ij�1 ! R ; funzioni continue per cui aj � bj ;

e insiemi Ij � R definiti da

fx 2 Rj W .x1; x2; : : : ; xj�1/ 2 Ij�1 ; aj .x1; : : : ; xj�1/ � xj � bj .x1; : : : ; xj�1/g :

Allora valgono le seguenti affermazioni:.1/ Gli insiemi Ij sono rettificabili in Rj ,.2/ Per ogni funzione continua f W In ! R, si haZ

In

f .x/dx D

Z b1

a1

Z b2.x1/

a2.x1/

� � �

Z bn.x1;:::;xn�1/

an.x1;:::;xn�1/

f .x1; : : : ; xn/ dxn � � � dx1 :

Dimostrazione. �

1.8 Fubini o dell’integrale iterato

In questa sezione vediamo un paio di teoremi di tipo Fubini sufficientemente generali. Notiamoche se x 2 RnCm D Rn � Rm, n;m 2 N, scriveremo x D .y; z/, con y 2 Rn e z 2 Rm. Inoltrericordiamo la convenzione notazionale sugli integrali di funzioni a supporto compatto vista inOsservazione 1.4.6.

Introduciamo una notazione utile, quella di partizione combinata: sia infatti P un qualsiasirettangolo (non vuoto, non degenere, limitato) di RnCm. Allora, se come prima la variabile x vienescritta nelle sue componenti riferite ai sottospazi Rn e Rm, ossia x D .y; z/, il rettangolo può esserescritto nel prodotto cartesiano dei rettangoli P D Pn�Pm, dove chiaramente Pn 2 Rn e Pm 2 Rm.Allo stesso modo, consideriamo una partizione Pn del rettangolo Pn ed una partizione Pm delrettangolo Pm, allora P D Pn �Pm sarà una partizione del rettangolo originario P . In effetti, sela partizione Pn è composta dai rettangoli fP 01; : : : ; P

0rg e la partizione Pm composta dai rettangoli

fP 001 ; : : : ; P00s g allora la partizione P sarà composta dai rettangoli fP 0j � P

00kI j D 1; : : : ; r ; k D

1; : : : ; sg. In corrispondenza a questa decomposizione si ottiene anche la decomposizione degli

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40 Capitolo 1. Integrazione e misura

estremi superiore ed inferiore della funzione f , ossia, ad esempio per l’estremo superiore,

supf .P 0j � P00k / D sup

.y;z/2P 0j�P 00

k

f .y; z/

D supy2P 0

j

supz2P 00

k

f .y; z/ D supz2P 00

k

supy2P 0

j

f .y; z/

D supy2P 0

j

f .y; P 00k / D supz2P 00

k

f .P 0j ; z/ ;

dove, nell’ultima riga si intende, ad esempio, f .P 0j ; z/ D supy2P 0jf .y; z/.

A questo punto è ovvia la definizione delle somme ed integrali, superiore ed inferiori, parziali,ossia:

I?.f;PnIy/ DXP2Pm

supf .y; P /volm.P / ; I?.f;PmI z/ DXP2Pn

supf .P; z/voln.P /

che ora sono funzioni ben definite, rispettivamente per y 2 Pn e z 2 Pm, ed analoghe formule per lesomme parziali superiori. Per gli integrali diamo una notazione più utile per quanto dobbiamo fare,prendendo il caso di una funzione generica in RnCm a supporto compatto, e ponendo (ricordiamola convenzione in Osservazione 1.4.6)

Rn 3 y 7! I?.f;y/ D

Z?Rm

f .y; z/ dz ; Rm 3 z 7! I?.f; z/ D

Z?Rn

f .y; z/ dy ;

ed analoghe notazioni per l’integrale superiore.Un altro punto importante è che i volumi dei rettangoli, per definizione, sono moltiplicativi,

ossia

volnCm.P / D volnCm.Pn � Pm/ D voln.Pn/volm.Pm/ :

Il primo risultato, preliminare al risultato principale è il seguente:

1.8.1 Lemma. Sia f W RnCm ! R limitata e a supporto compatto. Allora

I?.f / � I?.I?.f;y// D I?.I?.f; z// ;

ed analoga formula per gli integrali superiori (con la disuguaglianza opposta). Inoltre,

I?.I?.f;y// � I?.I?.f;y// � I?.I?.f;y//

Dimostrazione. Vediamo solo la parte per le somme ed integrali inferiori, per le altre il ragio-namento è analogo. Ricordiamo che somme ed integrali superiori ed inferiori esistono sempre,indipendentemente dall’integrabilità o meno della funzione. Poiché la funzione è a supporto com-patto, allora esiste rettangolo R che contiene il supporto. Consideriamo una partizione Pn �Pm diR D Rn �Rm, per definizione

I?.f;Pn �Pm/ DXP 02Pn

XP 002Pm

infy2P 0

infz2P 00

f .y; z/ volnCm.P 0 � P 00/ :

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1.8 Fubini o dell’integrale iterato 41

Dalla ovvia disuguaglianzaPP 002Pm

infy2P 0 infz2P 00 f .y; z/ � infy2P 0PP 002Pm

infz2P 00 f .y; z/,e dalla moltiplicatività dei volumi, otteniamo

I?.f;Pn �Pm/ DXP 02Pn

XP 002Pm

infy2P 0

infz2P 00

f .y; z/voln.P 0/volm.P 00/

XP 02Pn

infy2P 0

I?.f;PnIy/voln.P 0/

D I?.I?.f;PmIy/;Pn/

� I?.I?.f;y/;Pn/

� I?.I?.f;y// ;

dove, nelle due ultime righe abbiamo fatto uso del fatto che gli integrali superiori sono stime dasopra delle somme superiori, anche parziali. La stessa conclusione si ottiene invertendo i ruoli dellevariabili y e z. Quindi, poiché data una qualunque partizione P c’è sempre una partizione prodottoPn �Pm più fine, si ha

I?.f;P / � I?.f;Pn �Pm/ � I?.I?.f;y//

da cui, per estremo superioreI?.f / � I?.I?.f;y// ;

lo stesso si ottiene invertendo i ruoli delle variabili e anche passando per gli integrali e sommesuperiori. L’ultima proprietà è ovvia dalla definizione e da quanto dimostrato poc’anzi. �

Il prossimo risultato è certamente molto utile sia nella pratica degli esercizi sia come strumentoper sviluppare ulteriore matematica.

1.8.2 Teorema. (Fubini per funzioni continue) Sia f W RnCm ! R continua e a supportocompatto. Allora, per ogni y 2 Rn, la funzione integrale I.f;y/ D

RRm f .y; z/ dz è ben

definita e analogamente, per ogni z 2 Rm la funzione integrale I.f; z/ DR

Rn f .y; z/ dy è bendefinita. Entrambe le funzioni integrali sono continue e a supporto compatto, quindi integrabilirispettivamente su Rn e Rm e valgono le seguenti uguaglianzeZ

RnCmf .x/ dx D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy D

ZRm

�ZRnf .y; z/ dy

�dz :

Dimostrazione. Poiché f ha supporto compatto, sia R un rettangolo compatto che include dettosupporto. Chiaramente possiamo decomporre il rettangolo nel prodotto cartesiano dei rettangolicorrispondenti ai sottospazi Rn e Rm, ossia R D Rn �Rm. La funzione f è continua e lo stesso èvero per le funzioni ristrette

Rn 3 y 7! f .y; z/ ; per ogni z 2 Rm ;

Rm 3 z 7! f .y; z/ ; per ogni y 2 Rn :

Consideriamo la seconda (le argomentazione seguenti sono valide per entrambe). Allora, per quantovisto precedentemente, l’integrale parziale della ristretta esiste per la continuità della stessa edinoltre per il Lemma 1.8.1 si ha

I?.f;PnIy/ � I.f;y/ ;

per ogni partizione Pn di Rn. Questo è sufficiente per dimostrare il resto, infatti, per il Teorema diHeine-Cantor, la funzione f è uniformemente continua in R. Quindi, per ogni � > 0 esiste ı > 0

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42 Capitolo 1. Integrazione e misura

tali che per ogni coppia .y1; z1/ e .y2; z2/ in R tali che k.y1; z1/ � .y2; z2/kRnCm < ı allorajf .y1; z1/ � f .y2; z2/j < �=volm.Rm/. Ora, per ogni z 2 Rm si ha che k.y1; z/ � .y2; z/k < ıquindi

jI.f;y1/ � I.f;y2/j D

ˇZRn.f .y1; z/ � f .y2; z// dz

ˇ�

ZRm

jf .y1; z/ � f .y2; z/j dz

<�

volm.Rm/volm.Rm/ D � :

Quindi I.f;y/ è continua e che abbia supporto compatto viene dall’analoga proprietà della funzionef .

La seconda parte del teorema è come segue: consideriamo una generica partizione P di R chesia prodotto cartesiano di partizioni Pn �Pm, allora

I?.f;P / DXP2P

inf.P /volnCm.P /

D

XPn2Pn

XPm2Pm

infy2Pn

infz2Pm

f .y; z/ voln.Pn/ volm.Pm/

XPn2Pn

infy2Pn

0@ XPm2Pm

infz2Pm

f .y; z/ volm.Pm/

1A voln.Pn/

XPn2Pn

infy2Pn

.I.f;y//voln.Pn/

ZRnI.f;y/ dy ;

da cui, prendendo l’estremo superiore rispetto a tutte le partizioni P si ottiene, per l’integrabilità dif ,

I.f / �

ZRnI.f;y/ dy D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy :

Ripetendo l’argomento per le somme superiori, si ottiene la disuguaglianza contraria

I.f / �

ZRnI.f;y/ dy D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy ;

da cui la tesi per quanto riguarda la prima parte del teorema. La parte restante si ottiene utilizzandol’altra funzione ristretta ed argomentazioni identiche. Il teorema è concluso. �

Questo teorema ammette una generalizzazione notevole prendendo funzioni solo integrabili.Ora però le funzioni integrali associate non sono necessariamente integrabili, per cui è necessarioconsiderare funzioni integrali definite tramite gli integrali superiore ed inferiore, che ricordiamoesistono sempre indifferentemente dall’integrabilità o meno della funzione (purché limitata).

1.8.3 Teorema. (Fubini per funzioni integrabili) Sia f W RnCm ! R a supporto compatto edintegrabile. Le funzioni

Rn 3 y 7! I?Rm.f / D

Z?Rm

f .y; z/ dz ; Rn 3 y 7! I?Rm.f / D

Z ?

Rmf .y; z/ dz ;

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1.8 Fubini o dell’integrale iterato 43

sono a supporto compatto ed integrabili in Rn, e quindi valgono le seguenti uguaglianzeZRnCm

f .x/ dx D

ZRn

�Z?Rm

f .y; z/ dz

�dy D

ZRm

�Z ?

Rnf .y; z/ dy

�dz :

Le stesse conclusioni si deducono scambiando il ruolo delle y con le z.

Dimostrazione. Per il Teorema 1.4.12, per ogni � > 0 esistono due funzioni h; g continue a supportocompatto, arbitrariamente vicino al supporto di f , per cui la seguente catena di disuguaglianze èvera, in accordo con quanto visto anche nel Teorema 1.8.2 e nel Lemma 1.8.1, per cuiZ

RnCmg D

ZRn

ZRmg D

ZRn

Z?Rm

g �

ZRn

Z?Rm

f �

ZRn

Z ?

Rmf �

ZRn

Z ?

Rmh D

ZRnCm

h :

PoichéR

RnCm h � g < �, le disuguaglianze sono uguaglianze e si ha la tesi. �

Come prima applicazione dimostriamo il comportamento delle trasformazioni lineari nell’inte-grazione. Ci riferiamo ai cambiamenti lineari delle variabili.

Consideriamo la base standard .ej /j2f1;:::;ng in Rn e definiamo

1.8.4 Definizione. Un elemento di End.Rn/ è detto elementare se è dato da una delle seguentitrasformazioni lineari:

1. (Matrici di addizione) La matrice che opera la somma o sottrazione tra due righe di unamatrice data corrisponde alla trasformazione lineare seguente:

S˙jk.x/ D x ˙ xj ek ; j ¤ k 2 f1; : : : ; ng :

2. (Matrici di dilatazione) La matrice che opera l’operazione di moltiplicazione per unacostante � 2 R n 0 corrisponde alla seguente trasformazione lineare:

Dk.�/.x/ D x C .� � 1/xkek ; k 2 f1; : : : ; ng :

3. (Matrici di trasposizione) La matrice che opera lo di scambio tra righe e colonne corri-sponde alla trasformazione lineare seguente:

Tjk.x/ D x C .xj � xk/.ek � ej / ; j ¤ k 2 f1; : : : ; ng :

Come da convenzione non distinguiamo tra matrici e trasformazioni lineari e le denotiamo conlo stesso simbolo. Un primo risultato ovvio è che le matrici semplici sono tutte invertibili, e le loroinverse sono ancora matrici semplici, infatti

.S˙jk/�1D S�

jk; Dk.�/

�1D Dk.�

�1/ ; T �1jk D Tkj :

Quindi tutte le matrici semplici, e le trasformazioni lineari associate sono in Aut.Rn/.Vediamo ora più in dettaglio il motivo della loro denominazione che potrebbe non essere cosí

chiaro. Per fare ció è sufficiente controllare il loro comportamento rispetto ad un vettore genericodella base standard. Infatti, usando il simbolo di Kroenecker ırs , si ha

S˙jk.el/ D el ˙ ılj ek D

(el ; se l ¤ j ;el ˙ ek ; se j D l ;

quindi S rappresenta l’addizione e/o sottrazione di righe quando agisce a destra di un’altra trasfor-mazione mentre è addizione e/o sottrazione di colonne quando agisce da sinistra.

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44 Capitolo 1. Integrazione e misura

Per le altre due si procede in modo analogo e si trova

Dk.�/.ej / D ej C .� � 1/ıkj ek D

(ej ; se k ¤ j ;�ek ; se k D j ;

e quindi,D rappresenta la moltiplicazione per � sulle colonne quando agisce da destra e sulle righequando agisce da sinistra. Mentre per l’ultima si ha

Tjk.el/ D el C .ıjl � ıkl/.ek � el/ D

8<:el ; se l ¤ j; k ;ej ; se l ¤ k ;ek ; se l ¤ j :

dove, come prima, la matrice T scambia le colonne j e k quando agisce da destra e scambia lerighe j e k quando agisce da sinistra.

Un primo risultato già noto in algebra lineare è il seguente

1.8.5 Lemma. Ogni elemento di Aut.Rn/ può essere decomposto nel prodotto di trasformazionilineari semplici.

Dimostrazione. Vedere un qualsiasi libro di algebra lineare. �

Per il nostro risultato principale abbiamo però bisogno di trasformazioni di tipo affine viste adanalisi II, ossia � W Rn ! Rn è bigettiva e affine se posso scriverla come

�.x/ D x0 C Ax ;

dove A 2 Aut.Rn/ e x0 2 Rn. Notiamo che l’inversa è data dalla trasformazione

��1.x/ D �A�1x0 C A�1x ;

quindi, vista la linearità, abbiamo una trasformazione C 1, bigettiva con inversa anch’essa di classeC 1.

Abbiamo tutti gli strumenti per dimostrare ora il seguente

1.8.6 Teorema. Sia � una trasformazione affine di Rn per qualche x0 2 Rn e A 2 Aut.Rn/. Siaf W Rn ! R continua e a supporto compatto. Allora si haZ

Rnf .y/ dy D

ZRnf .�.x//j det.d�.x//j dx D j det.A/j

ZRnf .x0 C Ax/ dx :

Dimostrazione. La trasformazione affine � è lineare e quindi d� � � � A. Usando Fubini, adesempio Teorema 1.8.2, spostiamo il discorso all’integrazione 1 dimensionale cosí da poter usarel’invarianza dell’integrazione per traslazioni, infattiZ

Rnf .�.x//j det.d�.x//j dx D j det.A/j

ZRnf .x0 C Ax/ dx

D j det.A/jZ

R

�� � �

�ZRf .x0 C A.x1; : : : ; xn// dx1

�� � � dxn

�D j det.A/j

ZR

�� � �

�ZRf .A.x1; : : : ; xn// dx1

�� � � dxn

�:

Possiamo ora utilizzare il Lemma 1.8.5 e la regola della catena per il differenziale totale al fine dipoter discutere l’azione della trasformazione� come se fosse ciascuna volta una delle trasformazione

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1.9 Miscellanea 45

semplici, infatti seA 2 Aut.Rn/ alloraA D E1 � � �EM doveEj è una delle trasformazioni semplici(notiamo che la decomposizione non è mai univoca, ma questo non porta problemi perchè lamatrice A è sempre composizione di trasformazioni semplici). Dalle proprietà dei determinantisi ha j det.A/j D j det.E1 � � �EM /j D j det.E1/ � � � det.EM /j D j det.E1/j � � � j det.EM /j. Quindi,prendiamo il caso delle trasformazioni di addizione A � S˙

jk. Poiché in questo caso detA D 1 e

vedendo l’integrazione con Fubini come una integrazione su R2 � Rn�2 si haZR

ZRf .x1; : : : ; xj ˙ xk; : : : ; xn/ dxjdxk D

ZR

ZRf .x1; : : : ; xj ; : : : ; xn/ dxjdxk

dove abbiamo utilizzato l’invarianza per traslazione dell’integrazione 1 dimensionale, e quindi�ZR� � �

�ZRf .x1; : : : ; xn/ dx1

�: : : dxn

�D

ZRnf .x/ dx :

Per le trasformazione di dilatazione A � Dk.�/ si ha det.A/ D � e, ragionando come prima,

j�j

ZRf .x1; : : : ; �xk; : : : ; xn/ dxk D

ZRf .x1; : : : ; xk; : : : ; xn/ dxk

dove abbiamo utilizzato il cambiamento di variabili �xk ! xk , ed infine, nel caso A � Tjk , per laquale det.A/ D �1, il risultato segue sempre utilizzando Fubini come prima. �

1.8.7 Osservazione. Per uso futuro, notiamo la seguente relazione/definizione,

(1.20) D.�/.x/ � .Dn.�/ ıDn�1.�/ ı � � � ıD1.�// .x/ D �x ; x 2 Rn ;

che definisce la dilatazioneD per tutte le coordinate. �

1.9 MiscellaneaInseriamo in questa sezione un certo numero di risultati importanti per calcolare alcune grandezzedi interesse in fisica.

1.9.1 Definizione. Sia A un insieme rettificabile in Rn di volume positivo. Allora il baricentrodi A è il punto xA 2 Rn di coordinate date dalla seguente formula

xAj D1

voln.A/

ZA

xj dx1 � � � dxn ; j D 1; : : : ; n :

1.9.2 Esempio. Calcoliamo, ad esempio, il baricentro del semicerchio

C D f.x; y/ 2 R2 W x2 C y2 � 1 ; y � 0g :

Per ovvi motivi di simmetria xC D 0, calcoliamo quindi yC

yC D1

vol2.C /

ZC

y dydx :

L’area del semicerchio è vol2.C / D �=2 quindi

yC D2

Z 1

�1

dx

Z p1�x20

y dy D1

Z 1

�1

.1 � x2/ dx D4

3�:

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46 Capitolo 1. Integrazione e misura

1.9.3 Definizione. Sia S � R3 un insieme rettificabile, in gergo “un solido.” Sia r una retta. Sex 2 R3, allora dist.x; r/ è la distanza del generico punto x dalla retta r (quì leggiamo la retta rcome un sottoinsieme di R3, quindi dist.x; r/ D inffkx � yk W y 2 rg). Allora, il momentod’inerzia del solido S (omogeneo di densità 1) rispetto alla retta r è dato da

IS;r:D

ZS

Œdist.x; r/�2 dx :

1.9.4 Esempi. 1. Calcoliamo il momento d’inerzia rispetto all’asse delle z del cono

C D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C y2 � 1 ;qx2 C y2 � z � 1g :

poiché la distanza del generico punto di R3 dall’asse delle z èpx2 C y2, allora

IC;z D

ZC

.x2 C y2/ dxdydz :

L’integrale è facilmente calcolabile poiché C è descrivibile come insieme normale rispetto alpiano .x; y/, con .x; y/ 2 D,D disco centrato nell’origine e di raggio 1, e quindi

IC;z D

ZD

"Z 1

px2Cy2

.x2 C y2/ dz

#dxdy

D

ZD

.x2 C y2/.1 �

qx2 C y2/ dxdy :

L’integrazione è ora semplice ma molto elaborata, quindi preferiamo aspettare uno deiprossimi capitoli in cui mostreremo come un ovvio cambio di variabile riduca il calcolo aqualcosa di facilmente praticabile.

2. Calcolare i momenti d’inerzia rispetto agli assi della corona circolare C D f.x; y/ 2 R2 Wx � 0 ; y � 0 ; 1 � x2 C y2 � 9g.

IC;x D

ZC

y2 dxdy ; IC;y D

ZC

x2 dxdy :

Per l’ovvia simmetria i due momenti sono uguali. Calcoliamo il primo. La corona circolarenon è un insieme normale, però possiamo vederla come unione di insiemi normali conintersezione a misura nulla, quindi possiamo usare il Teorema dell’additività dell’integrazione.Allora C D C1 [ C2 dove, C1 D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ0; 1� ;

p1 � x2 � y �

p9 � x2g,

C2 D f.x; y/ 2 R2 W x 2 Œ1; 3� ; 0 � y �p9 � x2g.

1.10 *Appendice: Somme di Riemann*

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2. Integrazione assoluta

2.1 Funzioni assolutamente integrabili

Abbiamo visto la teoria dell’integrazione di Riemann che viene sviluppata su insiemi limitati e perfunzioni limitate. In genere nelle applicazioni, specialmente in fisica, si ha che fare con funzioninon limitate e/o insiemi non limitati, ad esempio e�kxk2 su Rn.

2.1.1 Definizione. Sia A � Rn aperto e f W A! R continua. Se f è non negativa su A alloradefiniamo l’integrale di f su A, e lo denotiamo col simbolo

RA f , come l’estremo superiore

dei numeri realiRK f con K 2 R.A/, sempreché tale estremo superiore esiste. In questo caso,

diremo che f è integrabile su A.Più in generale, se f è continua ma non necessariamente positiva, possiamo definire

fC.x/ D maxff .x/; 0g ; f�.x/ D maxf�f .x/; 0g ;

detta parte positiva e parte negativa di f , rispettivamente. Allora diremo che f è integrabile suA se entrambe fC e f� lo sono, nel senso precedentemente definito. In questo caso poniamoZ

A

f D

ZA

fC �

ZA

f� :

In questo caso diremo che f è integrabile in A in senso assoluto.

La definizione è un pò complicata da utilizzare a scopi pratici e vedremo altri metodi per fare icalcoli espliciti. Purtuttavia c’è ambiguità in questa definizione. Infatti, se A è aperto in Rn e sia fsia A sono limitate, abbiamo due modi per definire l’integrale di f su A, quello appena descritto,che diremo integrale in senso assoluto, e quello descritto nella sezione 1.4, che diremo integrale insenso ordinario. Dimostreremo che se l’integrale nel senso ordinario esiste, allora esiste l’integralenel senso assoluto, ed i due integrali sono uguali. Una parte di ambiguità persiste, perché puòaccadere che l’integrale nel senso assoluto esiste ma non quello ordinario. È necessario quindiadottare una convenzione:

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48 Capitolo 2. Integrazione assoluta

Convenzione. Se A è un insieme aperto in Rn, allora con la notazioneRA f si intende fin d’ora,

a meno che non sia specificato altrimenti, l’integrazione in senso assoluto.

Un lemma tecnico permette un approccio diretto al calcolo.

2.1.2 Lemma. Sia A aperto in Rn. Esiste una famiglia numerabile Kj , j 2 N, di compattirettificabili, tali che A D

Sj2NKj e inoltre Kj � int.KjC1/ per ogni j 2 N.

Dimostrazione. ConsideriamoB D RnnA. Come complemento di un apertoB è chiuso. Definiamoallora gli insiemi

Cj D

�x 2 Rn W kxk � j ; dist.x; B/ �

1

j

�; per ogni j 2 N :

Per la continuità delle nozioni di distanza e norma rispetto ad x, gli insiemi Cj sono chiusi in Rn.Inoltre, sono compatti perchè limitati dalla sfera di centro 0 e raggio j . Inoltre, si ha chiaramente cheCj � CjC1 e che ogniCj è contenuto inA poiché composti da puntix tali che dist.x; B/ � 1=j > 0.Vediamo se la loro unione ricopre A. Sia allora x 2 A. Poiché A è aperto, allora esiste j 2 N taleche dist.x; B/ � 1=j e kxk � j . Quindi x 2 Cj , sicché A �

Sj Cj . Il viceversa è ovvio.

Definiamo ora

AjC1 D

�x 2 Rn W kxk < j C 1 ; dist.x; B/ >

1

j C 1

�;

e usando ancora la continuità delle distanze ora AjC1 è aperto. È chiaro che AjC1 contiene Cj ed ècontenuto in CjC1. Ossia, Cj � int.CjC1/. Non possiamo però ancora usare gli insiemi Cj perchénon è detto che siano rettificabili. Costruiamo gli insiemi Kj . Per ogni punto x 2 Cj , scegliamoun cubo chiuso centrato in x e contenuto in int.CjC1/. Allora, al variare di x in Cj , gli internidei cubi forniscono un ricoprimento aperto e per la compattezza di Cj esiste un sottoricoprimentofinito. Sia Kj l’unione di tali cubi. Evidentemente è un insieme rettangolare, quindi è compatto erettificabile. Ora, per costruzione,

Cj � Kj � int.CjC1/ � CjC1 � int.KjC1/ ; per ogni j 2 N :

Il teorema è dimostrato. �

Possiamo ora dare la caratterizzazione della definizione di assoluta integrabilità:

2.1.3 Teorema. Sia A aperto in Rn e sia f W A! R continua. Sia Kj , j 2 N, una successionein R.A/ tale che la loro unione sia A e valga Kj � int.KjC1/. Allora f è integrabile su A se esolo se la successione

RKjjf j è limitata. In tal caso,Z

A

f D limj!1

ZKj

f :

Dimostrazione. Vediamo dapprima il caso in cui f è positiva (f � 0). Allora la successioneRKjf è crescente, quindi è convergente se e solo se è limitata.

(Necessità) Sia f integrabile su A. Allora, poiché Kj 2 R.A/ si haZKj

f � supK2R.A/

ZK

f D

ZA

f :

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2.1 Funzioni assolutamente integrabili 49

Ne consegue che la successioneRKjf è limitata e quindi

limj!1

ZKj

f �

ZA

f :

(Sufficienza) Supponiamo che la successioneRKjf sia limitata. PrendiamoK 2 R.A/. Allora

K è ricoperto da insieme aperti int.Kj / � int.KjC1/, quindi per compattezza, da un numero finitodi essi, ma visto che sono contenuti l’uno nell’altro, esisterà un indice N tale che K � int.KN /.Allora si ha Z

K

f �

ZKN

f � limj!1

ZKj

f :

Poiché K è un arbitrario compatto rettificabile, ne consegue che f è integrabile su A e valeZA

f � limj!1

ZKj

f :

Sia ora f di segno arbitrario. Per definizione f è integrabile in A se e solo se fC e f�sono integrabili in A. Per quanto visto sopra questo succede se e solo se le successione

RKjfC eR

Kjf� sono limitate. Poiché jf j D fC C f� allora questo succede se e solo se la successioneR

Kjjf j è limitata. Questo però è stato visto nella prima parte, allora le due successioni

RKjfC

eRKjf� convergono rispettivamente a

RA fC e

RA f�. Poiché successioni convergenti possono

essere sommate termine a termine allora la successioneZKj

f D

ZKj

fC �

ZKj

f� ;

è convergente e converge aRA fC �

RA f�. Quest’ultima espressione è

RA f per definizione. �

Come per l’integrazione ordinaria, per l’integrazione assoluta valgono alcune proprietà impor-tanti.

2.1.4 Teorema. Sia A un aperto in Rn. Siano f; g W A ! R continue. Allora, valgono leseguenti proprietà:

1. (Linearità) Se f e g sono integrabili su A, cosí vale per �f C �g, �;� 2 R, e si haZA

.�f C �g/ D �

ZA

f C �

ZA

g :

2. (Isotonia) Sia B aperto in Rn e B � A, allora se f è positiva in A e integrabile su A ,allora è integrabile su B e vale Z

B

f �

ZA

f :

3. (Additività) Supponiamo A e B aperti in Rn e f continua su A[B . Se f è integrabile suA e B allora è integrabile su A [ B , A \ B e valeZ

A[B

f D

ZA

f C

ZB

f �

ZA\B

f :

4. (Comparazione) Siano f e g integrabili su A aperto in Rn. Allora, se f .x/ � g.x/ perogni x 2 A, si ha Z

A

f �

ZA

g :

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50 Capitolo 2. Integrazione assoluta

In particolare, ˇZA

f

ˇ�

ZA

jf j :

Più importante è il seguente risultato che compare l’integrazione assoluta con quella ordina-ria.

2.1.5 Teorema. Sia A un insieme aperto e limitato in Rn e sia f funzione reale continua elimitata su A. Allora, l’integrale

RA f , come integrale sull’aperto A esiste. Se l’integrale

RA f ,

visto come integrale sul limitato A, esiste, allora i due integrali sono uguali.

Dimostrazione. da fare �

In genere, calcolare esplicitamente gli integrali in senso assoluto non è facilmente praticabilecon i criteri appena visti. In alcune situazioni è meglio adottare anche una formulazione alternativa.La seguente è spesso più facilmente utilizzabile.

2.1.6 Teorema. Siano A aperto in Rn e f W A! R continua. SiaO1 � O2 � � � � � ON � � � �successione di aperti la cui unione è A. Allora,

RA f esiste se e solo se la successione

ROkjf j

esiste ed è limitata. In questo caso

limk!1

ZOk

f D

ZA

f :

2.1.7 Esempi. Nei calcoli espliciti, in genere si usano aperti rettificabili (quindi limitati) e flimitata su di essi. Allora, l’integrale esiste come integrale ordinario e può essere calcolato con letecniche già viste in precedenza.

1. Sia A aperto in R2 definito dalla relazione

A D f.x; y/ 2 R2 W x > 1 ; y > 1g :

Sia f .x; y/ D 1=x2y2. Allora, f è limitata su A ma A non è limitato. Si possono usare en-trambi i Teoremi 2.1.3 e 2.1.6 per il calcolo esplicito, anche se il secondo sembra leggermentepiù semplice da utilizzare. Infatti, per il primo possiamo utilizzare, ad esempio, i compattiKj D Œ.j C 1/=j; j �2, mentre per il secondo possiamo utilizzare gli aperti Oj D .1; j /2.Entrambi sono rettificabili e quindi, poiché limitati, si possono usare integrali in senso or-dinario. Infatti la funzione f è limitata su Oj , questo perché prendendo la chiusura Oj ècompatto, quindi, poiché f è continua allora è limitata. Quindi gli integrali esistono nelsenso ordinario (ad esempio, per il Teorema 1.5.6). Facciamo l’integrazione rispetto agliaperti, usando Fubini si haZ

Oj

1

x2y2dxdy D

Z j

1

1

x2dx

Z j

1

1

y2dy D

��1

x

�xDjxD1

��1

y

�yDjyD1

D

�j � 1

j

�2:

È chiaro che ZA

f D limj!1

ZOj

f D 1 ;

quindi, l’integrale assoluto esiste.2. Sia oraA D .0; 1/2, con f come nell’esempio precedente. Abbiamo oraA aperto ma limitato

mentre f non è limitata su A. Decomponiamo A nei sottoinsiemi aperti Oj D .1=j; 1/2, ed

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2.2 Criteri di integrabilità 51

f è ora limitata su ognuno di essi, oltreché continua. L’integrabilità di f segue ancora, adesempio, dal Teorema 1.5.6 e quindi possiamo calcolareZ

Oj

f D

Z 1

1=j

1

x2dx

Z 1

1=j

1

y2dy D .j � 1/2 ;

per cui ne concludiamo che l’integrale assolutoRA f non esiste.

2.2 Criteri di integrabilitàDiamo i criteri di integrabilità assoluta per una classe rilevante di funzioni, che troviamo di soventenelle applicazioni. Le dimostrazioni sono differite alla sezione per il cambiamento delle variabilinell’integrazione, 3.6.4.

2.2.1 Teorema. Siano x0 2 Rn e ˛ > 0. Allora la funzione f W Rn n fx0g ! R definita da

f .x/ D1

kx � x0k˛;

è integrabile su ogni intorno rettificabile di x0 se e solo se ˛ < n.

La situazione opposta è

2.2.2 Teorema. Siano x0 2 Rn e ˛ > 0. Sia f W Rn n fx0g ! R la funzione definita da

f .x/ D1

kx � x0k˛:

Allora, per ogni compatto rettificabile K di x0, la funzione è integrabile in senso assoluto suRn nK se e solo se ˛ > n.

Questi teoremi implicano due criteri utili nelle applicazioni, vediamo quello indotto dal primoteorema.

2.2.3 Lemma. Siano x0 un punto di Rn, A un intorno aperto di x0 ed f una funzione continuain A n fx0g. Se esistono ˛ 2 .0; n/ eM > 0 tali che

jf .x/j �M

kx � x0k˛; per ogni x 2 A n fx0g ;

allora la funzione è integrabile su A.Viceversa, se esistono ˛ � n eM > 0 tali che

jf .x/j �M

kx � x0k˛; per ogni x 2 A n fx0g ;

allora f non è integrabile su A.

2.2.4 Osservazione. La condizione di integrabilità della funzione f su un intorno A di x0 nel lemmaprecedente è equivalente a dire che esiste L 2 R tale che

limx!x0

kx � x0k˛jf .x/j D L :

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52 Capitolo 2. Integrazione assoluta

Il secondo teorema implica invece il seguente lemma:

2.2.5 Lemma. Se esistono ˛ > n eM > 0 tali che per ogni compatto rettificabileK contenentel’origine di Rn

jf .x/j �M

kxk˛; per ogni x 2 Rn nK ;

allora la funzione è integrabile su Rn.Viceversa, se esistono ˛ 2 .0; n/ e M > 0 tali che per ogni compatto rettificabile K

contenente l’origine di Rn

jf .x/j �M

kxk˛; per ogni x 2 A nK ;

allora f non è integrabile su Rn.

2.2.6 Osservazione. Come prima, avremo integrabilità su Rn, in gergo integrabilità all’infinito, se perqualche ˛ > n si ha

(2.1) limkxk!1

kxk˛jf .x/j D L <1 :

Questa condizione giocherà un ruolo cruciale nel seguito. �

2.2.7 Esempi. 1. Sia T il triangolo in R2 di vertici .0; 0/, .0; 1/, .1; 1/, ed f W T ! R lafunzione

f .x; y/ D1

x C y:

2.�

2.3 Trasformata di Fourier

Nella teoria delle serie di Fourier abbiamo visto come una ampia classe di funzioni ammette unadecomposizione in una somma infinita di funzioni periodiche semplici di periodo fissato. Nel campocomplesso si ha, sotto opportune condizioni

f .x/ D

C1XkD�1

ckeikx ;

in cui ck 2 C e vale

ck D1

2�

Z C���

f .x/e�ikx dx :

In effetti lo stesso può essere fatto decomponendo una data funzione in una sovrapposizione con-tinua di funzioni periodiche, sotto opportune condizioni. La tecnica che ne risulta è potentissima edè una delle tecniche moderne più adottate in fisica e matematica per risolvere, ad esempio, problemilegati alla determinazione delle soluzioni di equazioni alle derivate parziali, come l’equazione delcalore, che descrive i fenomeni di propagazione del calore nei mezzi materiali o l’equazione delleonde, che determina la propagazione dei fenomeni ondulatori.

Sia N0 D N [ f0g. Gli elementi ˛ 2 Nn0 , ossia una n-upla .˛1; ˛2; : : : ; ˛n/ di numeri naturali

(incluso il valore nullo) verranno chiamati multi-indici. Tali multi-indici hanno una lunghezza

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2.3 Trasformata di Fourier 53

determinata dalla relazione j˛j D ˛1 C ˛2 C � � � C ˛n, inoltre possiamo definire il fattoriale di unmulti-indice nel modo seguente: ˛Š D

QnjD1 j Š.

Con ogni multi-indice possiamo definire le quantità seguenti: sia x D .x1; : : : ; xn/ un qualsiasipunto di Rn, allora definiremo simbolicamente l’elemento x˛ D

QnjD1 x

j

j D x˛11 x

˛21 � � � x

˛nn , è

chiaro dalla definizione che x˛ 2 R. Allo stesso modo seD D .@1; : : : ; @n/ è il vettore gradientedelle derivate parziali in Rn scriveremo che se ˇ è un multi-indice alloraDˇ D @ˇ11 � � � @

ˇnn , quindi

la derivata parziale mista di ordine jˇj. Si intende che se qualche elemento di ˇ è nullo la derivataparziale corrispondente non è presente.

Questo ci porta alla seguente2.3.1 Definizione. Definiamo lo spazio delle funzioni a decrescita rapida su Rn, in simboliS.Rn/, lo spazio lineare di quelle funzioni C1 su Rn, f W Rn ! R, tali che per ogni interoN 2 N esiste una costante CN > 0 per i quali si ha

(2.2) jD˛f .x/j � CN .1C kxk/�N ;

per ogni multi-indice ˛ 2 Nn0 .

Più precisamente, per ogni N 2 N e ogni multi-indice ˛ 2 Nn0 definiamo la quantità

(2.3) kf kN;˛ D supx2Rn

.1C kxk/N jD˛f .x/j ;

allora S.Rn/ D ff 2 C1.Rn/ W kf kN;˛ < C1 ; per ogni ˛ 2 Nn0 ; N 2 Ng.

La terminologia è chiara: le funzioni sono tali da decrescere all’infinito più velocemente di ognipotenza di kxk. Questo fa si che ogni funzione a decrescita rapida sia integrabile in senso assolutosu Rn, come segue dall’eq. (2.1). La “norma” in eq. (2.3) in effetti è solo una seminorma, ossia nonvale la proprietà che gli elementi di norma nulla sono l’elemento nullo. Inoltre, c’è una seminormaper ogni valore degli indici, quindi in realtà lo spazio S � S.Rn/ è uno spazio più complicato diuno spazio normato. Purtuttavia si può dimostrare che è uno spazio metrizzabile, ossia è possibiledefinire una metrica, e con questa metrica è uno spazio completo. Spazi di questo tipo sono piùcomplicati degli spazi di Banach e prendono il nome di spazi di Fréchet (spazi numerabilmentenormati, metrizzabili e completi).

2.3.2 Esempi. Esempi tipici di elementi di S sono:1. Tutte le funzioni C1 a supporto compatto;2. f .x/ D x˛e�kxk2 per ogni ˛ 2 Nn

0 .Un controesempio, in 1 dimensione, è dato dalla funzione f .x/ D e�x

2 sin�ex2�. Questa non

appartiene a S.R/, perchè sebbene la f decresca rapidamente, vista la presenza dell’esponenzialedecrescente e per la limitatezza della funzione seno, le sue derivate non sono infinitesime all’infinito.�

Si può dimostrare che la condizione in eq. (2.2) è equivalente alla condizione per cui, per ognicoppia di multi-indici ˛; ˇ 2 Nn

0 , si ha

kf k˛;ˇ D supfjxˇD˛f .x/j W x 2 Rng < C1 :

Notiamo che la funzione x 7! xˇf .x/ è in S se f lo è, inoltre lo stesso vale per x 7! D˛f .x/.In particolare questo rimane vero per la composizione delle due precedenti operazioni, x 7!D˛.xˇf .x//.

La seguente definizione è cruciale:

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54 Capitolo 2. Integrazione assoluta

2.3.3 Definizione. Sia f 2 S . Allora definiremo trasformata di Fourier di f , simbolicamenteFf � Of W Rn ! C, la seguente espressione

Of .k/ D

ZRne�ihk;xif .x/ dx :

Per quanto detto sopra, l’integrando è assolutamente integrabile su Rn, quindi la definizione èben posta. In un certo senso, abbiamo l’analogo dei coefficienti di Fourier nel caso discreto. Perdimostrare che la funzione f è una sovrapposizione continua di funzioni periodiche sempliciabbiamo necessità di sviluppare alcuni risultati preparatori.

2.3.4 Teorema. Per la trasformata di Fourier f 7! Ff � Of valgono le seguenti affermazioni:

1. dxˇf .k/ D .iDk/ˇ Of .k/ , per ogni ˇ 2 Nn

0;2. D˛f .k/ D .ik/˛ Of .k/ , per ogni ˛ 2 Nn

0;3. F è un endomorfismo di S .

Dimostrazione. Vediamo prima l’asserzione 1. Sia � 2 R, e scegliamo un elemento della basestandard in Rn, ad esempio ej . È utile usare lo sviluppo di Taylor per � D 0 della funzionee�i�y D 1� i�yC r.�; y/ tale che il resto r.�; y/ è di ordine j�j2 (uniformemente in y) per �! 0,ossia esisteM � 0 tale che jr.�; y/j �M j�j2. Allora valutiamo

Of .kC �ej / � Of .k/ D

ZRnf .x/

�e�ihkC�ej ;xi � e�ihk;xi

�dx(2.4)

D

ZRnf .x/e�ihk;xi

�e�i�xj � 1

�dx

D

ZRnf .x/e�ihk;xi

��i�xj C r.�;x/

�dx

D �i�dxjf .k/CR.�;k/ :Notiamo che l’espressione precedente è lineare in �, e che la quantità R la possiamo stimare nelseguente modo

jR.�;k/j D j

ZRnf .x/r.�;x/e�ihk;xi dxj �M j�j2

ZRnjf .x/j ;

poiché f è in S allora la funzione R è infinitesima di ordine 2 per �! 0. Allora, applicando ilteorema sulle derivate parziali, si ha che la quantità in eq. (2.4) è derivabile nella direzione ej equindi

DkjOf .k/ D �idxjf .k/ :

Iterando l’argomento, troviamo la tesiDˇkOf .k/ D .�i/jˇ jdxˇf .k/.

Vediamo ora la 2. Notiamo che .ik/ˇe�ihk;xi D .�D/ˇe�ihk;xi. Da quanto mostrato primaed usando integrazione per parti su ciascuna coordinata, si ha

.ik/˛..iD/ˇ Of /.k/ D �

ZRnD˛x.e

�ihk;xi/xˇf .x/ dx

D

ZRne�ihk;xiD˛.xˇf .x// dx ;

dove, i termini al bordo dell’integrazione per parti sono nulli poiché f è in S . In particolare, la 2:segue prendendo ˇ D 0 2 N0.

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2.3 Trasformata di Fourier 55

Dimostriamo infine l’ultima asserzione. Utilizzando la precedente uguaglianza, otteniamo

jk˛.DˇkOf /.k/j �

ZRnjD˛x.x

ˇf .x//j dx < C1 ;

poiché f 2 S , quindi Of è in S . Quindi, la trasformata di Fourier manda elementi di S in sé stesso,ed essendo definita tramite integrazione assoluta è una operazione lineare, dunqueF 2 End.S/. �

2.3.5 Esempio. Sia f .x/ D e�kxk2=2. Chiaramente f 2 S . Cerchiamo di ottenere trasformata diFourier. Ci sono due metodi: uno diretto, utilizzando l’integrazione esplicita, l’altro indiretto, chefa uso del teorema precedente. Vediamo quest’ultimo metodo. Se deriviamo parzialmente la f sihaDxj f .x/ D �xjf .x/, per cui trasformando con Fourier, si ottiene Dxj f .k/ D �dxjf .k/. DalTeorema 2.3.4, si ottiene

DkjOf .k/ D �kj Of .k/ ; per ogni j D 1; : : : ; n :

La soluzione di questo sistema di equazioni differenziali del primo ordine è Of .k/ D ce�kkk2=2,

con c 2 R da determinare. La costante vale chiaramente c D Of .0/ per cui si ha

c D

ZRnf .x/ dx

D

ZRne�kxk

2=2 dx

D

ZR� � �

ZR

nYjD1

e�x2j=2 dx1 � � � dxn

D

�Z C1�1

e�x2=2 dx

�nD .2�/

n2 :

Concludendo, Of .k/ D .2�/n2 e�kkk

2=2. �

2.3.6 Definizione. Siano f; g 2 S . Definiamo la convoluzione di f e g come la funzionef � g W Rn ! C tramite l’espressione

(2.5) f � g.x/ D

ZRnf .x � y/g.y/ dy :

2.3.7 Teorema. Siano f; g 2 S.Rn/. Le seguenti affermazioni sono vere:1. f � g 2 S.Rn/;2. f � g D Of Og.

Dimostrazione. Non è difficile mostrare che vale la seguente disuguaglianza

jxˇ j � 2jˇ jjˇ jXkD0

kx � ykkkykjˇ j�k ;

valida per ogni ˇ 2 Nn0 e ogni y 2 Rn. Infatti, poiché jxj j � kxk, per ogni j D 1; : : : ; n, allora è

anche vero che se j 2 N0 vale jxj j j � kxk j , poiché le funzioni di potenza intera sono tutte

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56 Capitolo 2. Integrazione assoluta

strettamente crescenti in RC. In particolare, è quindi vera la disuguaglianza jxˇ j � kxkjˇ j. Ora,usando la disuguaglianza triangolare per la norma euclidea in Rn, per ogni y 2 Rn si ha

jxˇ j � kxkjˇ j

� .kx � yk C kyk/jˇ j

jˇ jXkD0

jˇj

k

!kx � ykkkykjˇ j�k

� 2jˇ jjˇ jXkD0

kx � ykkkykjˇ j�k ;

dove, nella terza riga si è fatto uso dello sviluppo del binomio, e nella quarta riga si è usata la stima(invero cruda, ma sufficiente per i nostri scopi) del fattore binomiale

�jˇ jk

�, che si ricorda conta il

numero dei possibili sottoinsiemi di k elementi in un insieme di jˇj elementi, con la totalità delnumero dei sottoinsiemi possibili 2jˇ j.

Ora, considerando la convoluzione in eq. (2.5), si ha che jf .x�y/g.y/j � supf jg.y/j, sicchél’integrando nella convoluzione è assolutamente integrabile. Dimostriamo, usando la disuguaglianzaprecedentemente dimostrata che in effetti appartiene a S . Infatti, derivando e moltiplicando, si ha,per ogni ˛; ˇ 2 Nn

0 che

jxˇD˛x.f � g/.x/j �

ZRnjxˇ jjD˛xf .x � y/jjg.y/j dy

� 2jˇ jjˇ jXkD0

ZRnkx � ykkjD˛xf .x � y/j kyk

jˇ j�kjg.y/j dy < C1 ;

poiché le funzioni sono a decrescita rapida. Quindi f � g 2 S .1Vediamo ora il punto 2. Si ha

f � g.k/ D

ZRne�ihk;xi

�ZRnf .x � y/g.y/ dy

�dx

D

ZRng.y/

�ZRne�ihk;xif .x � y/ dx

�dy

D

ZRng.y/

�ZRne�ihk;xCyif .x/ dx

�dy

D

ZRne�ih;yig.y/ dy

ZRne�ihk;xif .x/ dx

D Of .k/ Og.k/ ;

dove, nella seconda riga abbiamo scambiato l’ordine degli integrali, perché assolutamente con-vergenti, mentre nella terza riga si è fatto uso dell’invarianza per traslazioni dell’integrazione 1dimensionale. �

Siamo ora pronti per dimostrare il principale risultato di questa sezione, ovvero, che una funzionea decrescita rapida ammette decomposizione continua tramite funzioni periodiche elementari, detteonde piane.

1In effetti, abbiamo utilizzato una proprietà non ancora dimostrata, ovvero la commutatività dell’operazione diderivazione con quella di integrazione, vedi Teorema 3.3.4.

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2.3 Trasformata di Fourier 57

2.3.8 Teorema. **[Trasformata Inversa di Fourier] La trasformata di Fourier F è un automorfi-smo di S . La sua inversa è data dall’espressione

(2.6) .F �1 Of /.x/ � f .x/ D .2�/�nZ

Rneihk;xi Of .k/ dk :

Dimostrazione. Per x D 0 l’eq. (2.6) vale

f .x/ D .2�/�nZ

RnOf .k/ dk :

Sia ora f .0/ D 0, allora

f .x/ D

Z 1

0

d

dtf .tx/ dt D

nXjD0

xj

Z 1

0

Djf .tx/ dt D

nXjD0

xj Qgj .x/ ;

dove Qgj 2 C1.Rn/ per j D 1; : : : ; n. Usiamo ora il punto .d/ del Teorema sulla partizionedell’unità, Teorema 1.4.9, per trovare una funzione � 2 C1c .Rn/ tale che � sia uguale a 1 in unintorno dell’origine, e definire

gj .x/ D .� Qgj /.x/Cxj

kxk2.f .1 � �//.x/ ;

che, per ogni j , fornisce una funzione a decrescita rapida in Rn. Infatti, è una funzione C1 perchécombinazione di funzioni C1, inoltre poiché � è a supporto compatto, all’infinito domina la partein cui c’è f che è a decrescita rapida. Inoltre,nX

jD0

xjgj .x/ D �.x/

nXjD0

xj Qgj .x/C

nXjD0

x2j

kxk2.f .1��//.x/ D �.x/f .x/C.1��/.x/f .x/ D f .x/ :

Usando la trasformata di Fourier si ha

Of .k/ D i

nXjD0

Dkj Ogj .k/ :

Ora, invocando il teorema fondamentale del calcolo, e poiché Og 2 S.Rn/, si ha

(2.7)Z

RnOf .k/ D 0 ;

che dimostra l’eq (2.6) quando f .0/ D 0. Vediamo ora il caso generale, sia f 2 S generica.Definiamo h D f � f .0/g dove g è la funzione gaussiana in Esempio 2.3.5. Poiché S è spaziolineare, allora h 2 S e vale h.0/ D 0, da cui, prendendo la trasformata di Fourier, si ottieneOh D Of � f .0/ Og. Quindi per la (2.7)

0 D

ZRnOh.k/ dk D

ZRnOf .k/ dk � f .0/

ZRnOg.k/ dk

e poichéR

Rn Og.k/ dk D .2�/n allora è verificata la eq. (2.6) per x D 0. La formula dell’inversa

è ora valida per x 2 Rn generico utilizzando la funzione y 7! .��xf /.y/ D f .x C y/, traslatadella funzione f . Infatti, usando Fubini e l’invarianza per traslazione dell’integrazione su R, siottiene

��xf .k/ D

ZRne�ihk;yif .x C y/ dy D

ZRne�ihk;y�xif .y/ dy D eihk;xi Of .k/ :

Ora, è sufficiente definire h D ��xf � f .x/g. Infatti h.0/ D 0 e quindi si procede come primacon trasformata di Fourier e la relazione appena dimostrata fornisce la formula (2.6) per il casogenerico. �

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58 Capitolo 2. Integrazione assoluta

Come si capisce dalla formula della trasformata inversa di Fourier, ora la funzione f è definita dauna sovrapposizione continua di elementi, ek.x/ D e

ihk;xi, dette onde piane, che sono autofunzioni(limitate) dell’operatore di derivazioneD, infatti,Dek.x/ D ikek.x/. Il significato e la portatatecnica di questo teorema per l’analisi precisa dei fenomeni fisici moderni è dirompente. Vediamoun caso semplice:

2.3.9 Esempio. (Equazione del calore) Sia u W Rn � R ! R una funzione sufficientementeregolare, in simboli u.x; t /, dove x 2 Rn rappresenta la variabile “spaziale” mentre t 2 R quella“temporale.” Tale funzione soddisfa l’equazione del calore se vale

(2.8) Dtu.x; t / D ��xu.x; t / ; .x; t / 2 Rn � R ; � > 0 ;

dove �x è il Laplaciano in Rn, ossia �x DPnjD1D

2xj. Se introduciamo il dato inziale

u.x; 0/ D f .x/ ;

dove anche f avrà la stessa regolarità di u, il campo scalare u rappresenta la distribuzione nellospazio e nel tempo della temperatura di un corpo solido, sottoposto a flusso di calore al tempot D 0, e l’equazione ne determina l’evoluzione. Si tratta di una cosidetta equazione alle derivateparziali ed è quindi interessante vedere sotto quali condizioni possiamo determinare una soluzionedell’equazione con il problema al dato iniziale appena descritto. Non sappiamo come manipolaretali equazioni perché non sono equazioni differenziali ordinarie, ma possiamo ricondurci ad esseusando la trasformata di Fourier. Supponiamo quindi di metterci nelle condizioni di massimaregolarità per poter usare la trasformata di Fourier, ossia, supponiamo u.�; t /; f 2 S.Rn/, quindi adecrescita rapida nella sola variabile spaziale. Definiamo

Ou.k; t / D

ZRne�ihk;xiu.x; t / dx :

Se assumiamo di poter commutare l’operazione di integrazione con quella di derivazione (vediTeorema 3.3.4), dall’equazione del calore otterremo,

Dt Ou.k; t / D �� kkk2Ou.k; t / ; Ou.k; 0/ D Of .k/ ;

che ora è diventato un problema di Cauchy per una equazione differenziale ordinaria, letta nellasola variabile temporale t . La soluzione è presto trovata, infatti, è

Ou.k; t / D Of .k/e�t� kkk2

:

Definendo Ogt .k/ D e�t� kkk2 e ricordandoci dell’esempio della gaussiana, si trova, tramite

l’antitrasformata di Fourier,

gt .x/ D .2�/�n=2

ZRneihk;xi Ogt .k/ dk D .4� � t/

�n=2e�kxk2

4� t :

Ricordando la convoluzione abbiamo

Ou.k; t / D Of .k/ Ogt .k/ D f ? gt .k/ ;

per cui, dall’antitrasformata di Fourier, si ottiene

u.x; t / D .f ? gt /.x/

D

ZRnf .x � y/gt .y/ dy

D .4��t/�n=2Z

Rne�kyk2

4�t f .x � y/ dy

D .�/�n=2Z

Rne�kyk

2

f .x � 2p� ty/ dy :

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2.4 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano* 59

Poiché il calcolo effettuato contiene molte assunzioni, è di prammatica verificare che effettivamentela soluzione u cosí trovata è effettivamente una soluzione del problema di Cauchy per l’equazionedel calore. Tale controllo però deve essere necessariamente differito a quando avremo strumentisufficienti per effettuarlo.

Concludiamo facendo notare che supponendo suppf in un insieme limitato e f non banale ossiaf � 0, si ha che per ogni x 2 Rn e ogni t 2 RC esiste un y 2 Rn tale che x � 2

p�ty 2 suppf ,

ossia f .x � 2p� ty/ � 0. Quindi, se ne deduce, che u.x; t / > 0 per ogni x 2 Rn e ogni t 2 RC

e la propagazione del calore avviene a velocità infinita! �

2.4 *Appendice: il calcolo dell’integrale gaussiano*Z C1�1

e�x2

dx Dp� :

Sappiamo che l’integrale gaussiano esiste come integrale improprio, quindiZ C1�1

e�x2

dx D p 2 R ;

ovvero, per la parità

2

Z C10

e�x2

dx D p ; ”

Z C10

e�x2

dx Dp

2:

Poiché il problema eventualmente è solo all’infinito, allora scriviamo,

limn!C1

Z pn0

e�x2

dx Dp

2:

Ora,

(2.9)Z pn0

e�x2

dx Dpn

Z 1

0

e�nx2

dx ;

quindi, il problema è ricondotto al calcolo esplicito dell’ultimo integrale. La tecnica che verrà usataè la stima dell’integrando con funzioni che lo approssimano superiormente ed inferiormente. A talproposito, ricordiamo una disuguaglianza elementare,

ey � 1C y ; per ogni y 2 R :

Usiamo la precedente stima in due modi differenti, per ottenere stime da sopra e da sotto dellafunzione integranda in eq. (2.9), ossia

1. Se y D �x2 ne conseguee�x

2

� 1 � x2 ;

ed usiamo l’ultima stima per 1 � x2 � 0, ossia �1 � x � 1, ottenendo, per ogni n 2 N

e�nx2

� .1 � x2/n ;

2. Inoltre vale, per ogni x 2 R, ex2 � 1C x2 ; ossia

1

1C x2� e�x

2

; che implica1

.1C x2/n� e�nx

2

:

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60 Capitolo 2. Integrazione assoluta

In conclusione, vale la seguente disuguaglianza

.1 � x2/n � e�nx2

�1

.1C x2/n;

per ogni �1 � x � 1 ed ogni n 2 N. Per l’isotonia degli integrali si ha, di conseguenza,Z 1

0

.1 � x2/n dx �

Z 1

0

e�nx2

dx �

Z 1

0

1

.1C x2/ndx �

Z C10

1

.1C x2/ndx :

Per integrazione elementare si ha,Z 1

0

.1 � x2/n dx D

Z �=2

0

cos2nC1 x dx D.2n/ŠŠ

.2nC 1/ŠŠ;Z C1

0

1

.1C x2/ndx D

Z �=2

0

cos2n�2 x dx D.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2;

vedi anche sottosezione 3.6.5. Quindi, otteniamo

pn

.2n/ŠŠ

.2nC 1/ŠŠ�pn

Z 1

0

e�nx2

dx �pn.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2;

dopo aver moltiplicato i membri perpn. Il primo termine si può scrivere come

n

2nC 1

.2n/ŠŠ

.2n � 1/ŠŠ

1pnD

n

2nC 1

..2n/ŠŠ/2

2nŠ

1pnD

n

2nC 1

.2nnŠ/2

2nŠ

1pnD

n

2nC 122n

.nŠ/2

2nŠ

1pn:

Usando la formula di Stirling, nŠ D nne�np2�n.1C o.1// per n!C1, nell’ultima equazione

si ha

n

2nC 1

1pn22n

.nne�np2�n.1C o.1///2

.2n/2n e�2np4�n.1C o.1//

; n!C1 ;

n

2nC 1

p� .1C o.1// ; n!C1 ;

!�

2; n!C1 :

L’ultimo termine della disuguaglianza principale si stima in modo analogo scrivendolo come, adesempio,

pn.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2D

1

1pn

.2n�2/ŠŠ

.2n�3/ŠŠ

2;

per cui, il termine nel denominatore si stima come

1pn

.2n � 2/ŠŠ

.2n � 3/ŠŠ!p� ; n!C1 ;

da cui, finalmente,pn.2n � 3/ŠŠ

.2n � 2/ŠŠ

2!

p�

2; n!C1 :

Per il Teorema del Confronto delle successione numeriche reali, si hap�

2�p

2�

p�

2; ” p D

p� :

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3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

3.1 Richiami di convergenza uniforme

Ci ricordiamo di un risultato importante visto ad Analisi II, benché per integrazione su R, e stavoltageneralizzato all’integrazione multidimensionale, che utilizza in modo cruciale la convergenzauniforme.

3.1.1 Teorema. Siano A rettificabile in Rn, .fk/k2N e f a valori relai e integrabili in A. Se lasuccessione fk converge uniformemente ad f in A allora I.fk/ converge a I.f /.

Dimostrazione. La dimostrazione è identica a quella fatta in R. Consideriamo

I.fk/ � I.f / D

ZA

fk �

ZA

f D

ZA

.fk � f / ;

per l’integrabilità e linearità. Quindi, prendendo il valore assoluto, ed usando la convergenzauniforme di fk a f in A, ossia fissato ad arbitrio � > 0, e ponendo Q� D �=voln.A/, allora esistek0 2 N tale che per ogni k > k0 ottengo jfk.x/ � f .x/j � kfk � f k1 < Q�, si ha

jI.fk/ � I.f /j �

ZA

jfk � f j � kfk � f k1voln.A/ < Q�voln.A/ D � :

Per l’arbitrarietà di � segue la tesi. �

Quello che vogliamo enfatizzare ora è che la convergenza uniforme non è necessaria, può essereassicurata da un altra condizione, più semplice da verificare, e dalla convergenza puntuale. Ilseguente teorema è un primo passo importante.

3.1.2 Teorema. (Teorema della convergenza uniforme del Dini) Sia A compatto in Rn. Suppo-niamo che fk sia una successione di funzioni reali continue e monotone in A tali che conver-gono puntualmente ad una funzione f reale e continua in A, allora la successione fk convergeuniformemente ad f in A.

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62 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

Dimostrazione. Possiamo supporre che la successione sia decrescente, l’altro caso si tratta nellostesso modo. Sia hk D fk � f . Allora hk � 0, hk ! 0 puntualmente ed è anche decrescente.Poiché sono composizioni di funzioni continue ogni hk è continua. Quindi per ogni � > 0 fissatoad arbitrio e per ogni x 2 A esiste un n.x/ 2 N per cui

0 � hn.x/.x/ <�

2:

Poiché hn.x/ è continua, allora esiste un ı.x/ > 0 tale che jhn.x/.y/ � hn.x/.x/j < �=2 per ogniy 2 A tale che ky � xk < ı.x/. Quindi, unendo le due condizione trovate e per la decrescenza,sappiamo che per ogni n > n.x/ 2 N si ha

jhn.y/j D jhn.y/ � hn.x/.x/C hn.x/.x/j � jhn.x/.y/ � hn.x/.x/j C jhn.x/.x/j < � :

Per ogni x 2 A sia ora Ox D fy 2 Rn W ky � xk < ı.x/g la palla aperta centrata in x e di raggioı.x/. Abbiamo, chiaramente,

A �[x2A

Ox ;

e per compattezza di A il ricoprimento aperto ammette sottoricoprimento finito

A � Ox1 [Ox2 [ � � � [Oxk

per qualche scelta dei punti x1; : : : ;xk 2 A. Ora, ogni y 2 A è dentro una qualche palla apertadel ricoprimento finito (anche più d’una in generale), quindi hn.y/ < � per ogni y 2 A e n >maxfn.x1/; : : : ; n.xk/g, ossia la convergenza uniforme per l’arbitrarietà di �. �

Al di lá dell’applicabilità in esercizi, tale teorema fornisce un importante strumento per ladeterminazione e sviluppo di nuova matematica. Questo sarà, in particolare, usato nella prossimasezione.

3.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o di Arzelà

In questa sezione vediamo come la convergenza uniforme, che permette il passaggio al limitesotto il segno di varie operazioni, possa essere rimpiazzata da una condizione molto più sempliceda verificare, l’uniforme limitatezza delle successioni di funzioni. In genere, la costruzione chepermette questo scambio conduce a funzioni che non sono necessariamente integrabili, quindivedremo fin da ora, risultati che utilizzano gli integrali superiori o inferiori, che ricordiamo, esistonosempre indipendentemente dall’integrabilità o meno delle funzioni coinvolte.

3.2.1 Proposizione. Siano K 2 R.Rn/ e .fj / successione di funzioni reali in K. Assumiamovere le seguenti affermazioni:

1. f1 è limitata e limj!C1 fj .x/ D 0 per ogni x 2 K ;2. .fj / è decrescente, fjC1.x/ � fj .x/ per ogni x 2 K.

Allora si ottiene:lim

j!C1

Z?K

fj .x/ dx D 0 :

Dimostrazione. Sia � > 0 arbitrario. Sappiamo dal Teorema 1.4.12 che per ogni j esiste unafunzione continua gj tale che gj � fj per cui

(3.1)Z?K

fj �

ZK

gj C�

2jC1:

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3.2 Il Teorema della convergenza limitata/dominata o di Arzelà 63

Possiamo anche prendere g � 0, senza cambiare nulla. Definiamo ora una successione difunzioni .hj / su K ponendo h1 D g1 e hj D min.gj ; hj�1/. È chiaro che le hj sono tutte definitein K, continue, decrescenti e tali che limj!C1 hj .x/ D 0, poiché hj � gj � fj . Ora,

fj � hj D fj �min.gj ; hj�1/ D max.fj � gj ; fj � hj�1/ � fj � gj C fj � hj�1� fj � gj C fj�1 � hj�1 ;

per cui, per induzione, si ottiene

fj � hj �

jXkD1

.fk � gk/ :

Usando questa stima nell’eq. (3.1) si ha

(3.2)Z?K

fj �

ZK

hj C

jXkD1

2kC1:

Poiché la successione .hj / soddisfa le condizione del Teorema del Dini 3.1.2 allora convergeuniformemente in K alla funzione nulla. Per cui, troviamo j0 2 N tale che per ogni j � j0 si haZ

K

hj ��

2;

da cui, per l’eq. (3.2), si ottiene

0 �

Z?K

fj ��

2C

jXkD1

2kC1< � ;

ed il teorema è dimostrato per l’arbitrarietà di �. �

3.2.2 Teorema. (Teorema della convergenza limitata di Arzelà) Siano K 2 R.Rn/, .fj / e ffunzioni reali definite su K e integrabili. Assumiamo vere le seguenti proprietà:

1. Per ogni x 2 K limj!C1 fj .x/ D f .x/ ;2. EsisteM > 0 tale che jfj .x/j �M , per ogni x 2 K e j 2 N.

Alloralim

j!C1

ZK

fj .x/ dx D

ZK

f .x/ dx :

Dimostrazione. Non si perde di generalità se si passa alla considerazione di f D 0, poiché fj � fconverge a zero e sono integrabili in K. Inoltre, possiamo anche supporre che fj � 0. Ora,definiamo gj D supffjCk W k 2 Ng per ogni j 2 N. Notiamo che le gj sono limitate per lacondizione 2 ma non sono automaticamente integrabili su K. La successione .gj / soddisfa lecondizioni nella Proposizione 3.2.1, per cui

0 � limj!C1

ZK

fj � limj!C1

Z?K

gj D 0 :

Nelle condizione del teorema precedente, diremo che la famiglia ffj .x/g è uniformemente limitatain K.

L’estensione di quest’ultimo teorema al caso dell’assoluta integrabilità è un altro teoremacruciale.

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64 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

3.2.3 Teorema. (Teorema della convergenza dominata di Arzelà) Sia A � Rn aperto e sianof; fj W A! R, j 2 N, assolutamente integrabili su A. Supponiamo siano verificate le seguenticondizioni:

1. limj!C1 fj .x/ D f .x/ per ogni x 2 A2. Esiste una funzione g W A ! R limitata ed assolutamente integrabile su A tale chejfj .x/j � g.x/ per ogni x 2 A e j 2 N.

Alloralim

j!C1

ZA

fj .x/ dx D

ZA

f .x/ dx :

Dimostrazione. Dal Teorema 2.1.3, per ogni � > 0 esiste un K 2 R.A/ tale che, per ogni j 2 NZAnK

jf .x/j dx <�

3;

ZAnK

fj .x/ dx �

ZAnK

g.x/ dx <�

3:

Per il Teorema 3.2.2, esiste j0 2 N tale che per ogni j � j0 si haˇZA

f .x/ dx �

ZA

fj .x/ dx

ˇD

ˇZK

.f .x/ � fj .x// dx C

ZAnK

f .x/ dx �

ZAnK

fj .x/ dx

ˇ�

ZK

jf .x/ � fj .x/j dx C

ZAnK

jf .x/j dx C

ZAnK

jfj .x/j dx

<�

3C�

3C�

3D � ;

ed il teorema è concluso. �

3.2.4 Osservazione. Notiamo che se A fosse un aperto limitato e rettificabile e le funzioni integrabili insenso ordinario, ad esempio continue, il teorema varrebbe anche nel senso dell’ordinaria integrazione suilimitati rettificabili di Rn. �

3.3 Encore Fubini e differenziabilità rispetto a parametri

Vediamo ora l’estensione all’integrazione assoluta del Teorema di Fubini.

3.3.1 Proposizione. Sia A � RnCm aperto, f W A! R una funzione continua assolutamenteintegrabile in A. Assumiamo che

y 7!

ZRmf .y; z/ dz D

ZA.y/

f .y; z/ dz ;

z 7!

ZRnf .y; z/ dy D

ZA.z/

f .y; z/ dy ;

siano funzioni continue, dove A.y/ D fz 2 Rm W .y; z/ 2 Ag e A.z/ D fy 2 Rn W .y; z/ 2Ag. Allora Z

RnCmf .x/ dx D

ZRn

ZRmf .y; z/ dzdy D

ZRm

ZRnf .y; z/ dydz :

Dimostrazione. Ricordiamo che f è assolutamente integrabile se e solo se f˙ lo sono, quindipossiamo supporre f � 0. Sia .K/j successione invadente di compatti rettificabili in A come inLemma 2.1.2 e definiamo per ogni y 2 Rn l’insieme Kj .y/ D fz 2 Rm W .y; z/ 2 Kj g per ogni

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3.3 Encore Fubini e differenziabilità rispetto a parametri 65

j 2 N. Tali insiemi sono certamente rettificabili e formano una successione non decrescente la cuiunione è A.y/. Per la rettificabilità di ogni Kj .y/ abbiamo che le seguenti funzioni ben definite

gj .y/ D

ZKj .y/

f .y; z/ dz D

ZRm

1Kj .y/.z/ f .y; z/ dz ; j 2 N ;

ed inoltre è ben definita la funzione seguente

g.y/ D

ZRm

1A.y/.z/ f .y; z/ dz :

Dal Teorema di Fubini per funzioni integrabili, Teorema 1.8.3, si haZKj

f .x/ dx D

ZRmgj .y/ dy :

Usiamo ora il fatto che la successione Kj .y/ è non decrescente e genera A.y/ per definire lasuccessione di funzioni fj D 1Kj .y/f .y; �/ W R

m ! R, per le quali vale

limj!C1

fj .z/ D f .y; z/ ; per ogni z 2 A.y/ :

Possiamo ora usare la funzione f .y; �/ come maggiorante ed usare il Teorema della convergenzadominata di Arzelà, Teorema 3.2.3, per affermare che

limj!C1

gj .y/ D g.y/ ; per ogni y 2 Rn :

Poiché f � 0 allora gj è una successione non decrescente maggiorata da g e applicando ancorauna volta il Teorema di convergenza dominata si haZ

A

f .x/ dx D limj!C1

ZKj

f .x/ dx D limj!C1

ZRmgj .y/ dy D

ZRmg.y/ dy :

Scambiando il ruolo di y e z si ottiene l’altro integrale iterato, ed il teorema è dimostrato. �

Siamo pronti per la versione di assoluta integrabilità del Teorema di Fubini

3.3.2 Teorema. (Fubini per assoluta integrabilità) Sia A � RnCm aperto, f W A ! R unafunzione continua in A. Assumiamo che

y 7!

ZRmjf .y; z/j dz ;

z 7!

ZRnjf .y; z/j dy ;

siano funzioni continue. Allora anche y 7!R

Rm f .y; z/ dz e z 7!R

Rn f .y; z/ dy sonocontinue. Supponiamo inoltre che uno degli integrali iterati per jf j converge, ad esempioR

Rn�R

Rm jf .y; z/j dz�dy < 1. Allora f è assolutamente integrabile su A ed entrambi gli

integrali iterati sono uguali all’integrale di f su A, in altri termini valeZRnCm

f .x/ dx D

ZRn

�ZRmf .y; z/ dz

�dy D

ZRm

�ZRnf .y; z/ dy

�dz :

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66 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

Dimostrazione. La dimostrazione è semplice e fa uso del criterio di assoluta integrabilità vistoin Teorema 2.1.3. Pensiamo quindi ad una successione di compatti Kj che invade A. Ognitale compatto può essere ricoperto da una unione, non necessariamente disgiunta, di rettangoli.Prendiamo tutte le facce dei rettangoli e generiamo una partizione del compatto (come visto, adesempio, nel Teorema 1.5.6)

Kj �[k;l

Rk �Rl ;

con Rk 2 Rn e Rl 2 Rm, per qualche k e l che variano in un insieme finito di valori.Per assunzione jf j è continua e quindi integrabile su ciascun Kj , e otteniamo dal Teorema di

Fubini per funzioni integrabili sui compatti,ZKj

jf .x/j dx �Xk

Xl

ZRk�Rl

jf .x/j dx

D

Xk

Xl

ZRk

ZRl

jf .y; z/j dz dy

D

Xk

ZRk

Xl

ZRl

jf .y; z/j dz dy

Xk

ZRk

ZRmjf .y; z/j dz dy

ZRn

ZRmjf .y; z/j dz dy

per assunzione l’ultimo integrale è finito e quindi jf j è assolutamente integrabile su A. La proposi-zione precedente, Proposizione 3.3.1, implica l’uguaglianza dei due integrali iterati e dell’integraledi f su A. �

3.3.3 Osservazione. Nel teorema precedente è cruciale lavorare col valore assoluto, perché l’esistenzadell’integrale iterato per f non è sufficiente a determinare l’integrabilità assoluta, causa possibili cancellazioni.In effetti, nella teoria dell’integrazione di Lebesgue un teorema molto simile porta il nome di Teorema diTonelli �

Dimostriamo ora una importante conseguenza del Teorema della convergenza dominata diArzelà. Ricordiamo che una funzione F a valori vettoriali se integrabile ha come integrale il vettorele cui componenti sono gli integrali delle singole componenti di F .

3.3.4 Teorema. Siano A e B aperti in Rn e Rm, rispettivamente. Sia f W A � B ! R unafunzione con le seguenti proprietà:

1. Per ogni y 2 A, la funzione z 7! f .y; z/ è assolutamente integrabile in B:2. La derivata totale d1f W A�B ! Lin.Rn;R/ rispetto alla prima variabile esiste ed inoltre

per ogni y 2 A la funzione z 7! d1f .y; z/ è assolutamente integrabile in B:3. Esiste una funzione g W B ! Œ0;C1/ limitata ed assolutamente integrabile su B tale chekd1f .y; z/kEucl � g.z/ per ogni .y; z/ 2 A � B .

Allora F W A! R definita come F.y/ DRB f .y; z/ dz è una funzione differenziabile in A e

valedF.y/ D

ZB

d1f .y; z/ dz :

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3.4 Approssimanti della delta di Dirac 67

3.4 Approssimanti della delta di Dirac

In questa sezione introduciamo uno strumento molto utile il cui utilizzo nelle dimostrazioni deiteoremi di cambiamento di variabili che seguiranno nella prossima sezione è cruciale e la cui origineappartiene alla fisica teorica (P.A.M. Dirac).

Sia ı1 W Rn ! R funzione non negativa a supporto compatto K e di integrale

(3.3)Z

Rnı1 D

ZK

ı1 D 1 :

Possiamo supporre, per semplicità, che il supporto della funzione ı1 sia la sfera piena chiusacentrata nell’origine degli assi e di raggio R, quindiK � B.0; R/, e che la funzione sia di massimaregolarità, ossia C1. Definiamo, usando la notazione in eq. (1.20),

ı�.x/ D1

�n

�ı1 ıD1

�1

�ı � � � ıDn

�1

��.x/ D

1

�nı1

�x�

�; � > 0 :

Questa funzione è ancora non negativa, con supporto dato dalle x 2 Rn per cui kxk � �R, ossia ilsupporto della funzione originaria è dilatato di un fattore �, e facendo ricorso a quanto dimostratonel Teorema 1.8.6 si ottiene Z

Rnı�.x/ dx D 1 :

3.4.1 Definizione. La famiglia RC 3 � 7! ı� di funzioni in Rn con le proprietà sopra discusseè detta approssimanti della delta di Dirac.

3.4.2 Osservazione. La scelta di avere supporto compatto non è rigida, si può anche farne a meno. Adesempio, una tipica funzione ı1, che infatti non ha la proprietà di avere supporto compatto, è dato dallagaussiana normalizzata

ı1.x/ D1

np2�e�kxk

2=2 ;

altri esempi sono facilmente costruibili. �

Il significato della terminologia approssimanti della delta di Dirac viene chiarito dal seguenterisultato.

3.4.3 Teorema. Sia f W Rn ! R limitata e continua e ı� una famiglia di approssimanti delladelta di Dirac. Allora è vero che

(3.4) lim�!0

ZRnf .x/ı�.x/ dx D f .0/ :

Dimostrazione. Utilizzando il cambiamento di coordinate lineare y D �x si ottieneZRnf .y/ı�.y/ dy D

ZRnf .�x/ı1.x/ dx :

L’integrando nel membro di destra è una successione (in �) di funzioni continue con limite puntualef .0/ı1.x/ nella palla chiusa di raggioR ed ivi limitata da una costante indipendente da �. Possiamoallora usare il Teorema del Dini sulla convergenza uniforme, Teorema 3.1.2, e concludere ladimostrazione del teorema. �

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68 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

3.4.4 Osservazione. Di successioni approssimanti la delta di Dirac se ne possono definire ed usare inquantità. La cosa importante è che il risultato del precedente teorema non dipende da tali scelte. Ad esempio,vediamo il caso più semplice di successione approssimanti in R

1. Un caso interessante è la funzione

ı1.x/ D3

4.1 � x2/1jxj�1 ;

che non ha la regolarità richiesta ma questo non è un problema perché è comunque continua in R equesto è sufficiente per i nostri scopi illustrativi.Chiaramente,

RR ı1.x/ dx D

34

R C1�1.1 � x2/ dx D 1. La successione allora è data dall’elemento

generico

ı�.x/ D3

4�

�1 �

�x�

�2�1jxj�� :

Infatti ZRı�.x/ dx D

3

4�

Z C���

�1 �

�x�

�2�dx D

3

4

Z C1�1

.1 � t2/ dt D 1 :

La convergenza del Teorema 3.4.3 è direttamente controllabile con f W R! R continua, e si ha

lim�!0

ZRı�.x/f .x/ dx D lim

�!0

3

4�

Z C���

�1 �

�x�

�2�f .x/ dx

D lim�!0

3

4

Z C1�1

�1 � t2

�f .�t/ dt

D f .0/3

4

Z C1�1

�1 � t2

�dt D f .0/ :

2. Un altra famiglia approssimante in R con supporto compatto è la seguente, per ogni k 2 N

ık.x/ D ck.1 � x2/k1jxj�1 ;

dove i coefficienti ck sono uguali a

ck D.2k C 1/Š

22kC1.kŠ/2D

�B

�k C 1;

1

2

���1;

in cui B è la funzione Beta di Eulero, che vale, in termini della funzione Gamma di Eulero,

B

�k C 1;

1

2

�D� .1=2/� .k C 1/

� .k C 3=2/:

Nella sottosezione 3.6.5 si trovano definizioni e calcoli espliciti, vedi (3.18) e (3.21).3. Una famiglia che rispetta tutte le condizioni poste all’inizio è invece quella vista nella parte dedicata

alla partizione dell’unità, Teorema 1.4.9, ossia l’eq. (1.12), estesa a dimensione generica tramite laposizione in eq. (1.9).

In genere si può usare la tecnica della convoluzione, in 2.3.6, per trasferire il risultato delteorema appena visto nella valutazione della funzione in un generico punto di Rn. Un attimo diriflessione ci permette di dedurre che la convoluzione è ancora ben definita anche se una delle duefunzioni è solamente limitata, non necessariamente a decrescita rapida (ricordiamo che le funzioniC1 a supporto compatto sono a decrescita rapida, vedi 2.3.2). Chiaramente la convoluzione nonsarà più a decrescita rapida ma certamente sarà ben definita e continua in Rn. Nel nostro caso siottiene

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3.4 Approssimanti della delta di Dirac 69

3.4.5 Teorema. Sia f W Rn ! R continua e a supporto compatto e sia ı� una famiglia diapprossimanti della delta di Dirac. Allora si ha, per ogni z 2 Rn,

lim�!0

ZRnf .y/ı�.z � y/ dy D lim

�!0

ZRnf .z � x/ı�.x/ dx D f .z/ :

Dimostrazione. In effetti, la convoluzione f ?ı� è una funzione continua il cui supporto è compatto,come si vedrà nel seguente Teorema 3.4.7. Inoltre, poiché f è anche uniformemente continua,allora

(3.5) f ? ı�.z/ � f .z/ D

ZRn.f .z � �y/ � f .z// ı1.y/ dy ! 0 ; � ! 0 ;

uniformemente in � per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà, Teorema 3.2.2. �

Una cosa importante è l’analisi del supporto della convoluzione. Definiamo dapprima la sommadi insiemi, ossia se A;B � Rn allora

AC B D fx 2 Rn W x D y C z ;y 2 A ; z 2 Bg :

Si ha il seguente risultato preliminare:

3.4.6 Lemma. Siano A � Rn chiuso e B � Rn compatto, allora valgono i seguenti risultati:1. AC B è chiuso,2. Se B D B.0; ı/ allora si ha AC B.0; ı/ D Aı , la ı-estensione di A, in particolare sarà

compatta se A è compatto.

Dimostrazione. Vediamo la 1. Sia .xk/k2N successione di elementi diACB convergente a x 2 Rn.Dobbiamo dimostrare che x 2 AC B . Siano allora, per ogni k 2 N, yk 2 A e zk 2 B , tali chexk D yk C zk . Poiché B è compatto allora la successione .zk/ ha sottosuccesione convergente.zk.j // ad un elemento z 2 B . Poiché .xk/ converge allora converge ogni sua sottosuccessione,in particolare quella indicizzata come la sottosuccessione .zk.j //. Ponendo y D x � z, allorarisulta y D lim yk.j /, poiché composizione di successioni convergenti, maA è chiuso allora y 2 A,sicché x D y C z 2 AC B .

Per dimostrare la parte 2., sia x 2 A C B.0; ı/, che per la prima parte è un chiuso, e sianoy 2 A e z 2 B.0; ı/ tali che x D y C z. Allora avremo che dist.x; A/ � kx � yk D kzk � ı,ossia x 2 Aı .

Al contrario, sia x 2 Aı . Poiché dist.x; A/ è l’estremo inferiore di tutte le distanze di x da Aallora per ogni k 2 N esisterà yk 2 A tale che kx � ykk � ıC 1=k. Ponendo zk D x�yk , allorakzkk � ı C 1=k. La successione .yk/k2N è in A ed è limitata, quindi esiste una sottosuccessioneconvergente .yk.j //. Inoltre per la chiusura di A convergerà ad un y 2 A. Ponendo z D lim zk.j /,si ha kzk � ı e quindi x D y C z con y 2 A e z 2 B.0; ı/, e l’uguaglianza è quindi dimostrata.La compattezza è vera per il Lemma 1.4.11. �

In conclusione, abbiamo il seguente risultato:

3.4.7 Teorema. Siano f una funzione reale continua e a supporto compatto in Rn e ı� unasuccessione di approssimanti della delta di Dirac, allora

suppf � ı� D suppf C suppı� D suppf C suppı� D .suppf /�R ;

è un insieme compatto.

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70 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare solo la prima uguaglianza, le altre seguono dal lemmaprecedente e dal fatto che suppı� D B.0; �R/.

Supponiamo x 2 suppf ? ı�, allora il supporto della funzione integranda y 7! gx.y/ D

f .x � y/ı�.y/, suppgx, è non vuoto. Notiamo che suppgx � suppı�, in quanto se y 2 suppgx

allora la funzione ı� non può essere nulla in un intorno di y perchè se così fosse sarebbe nulla nellostesso intorno la gx, e quindi y non apparterebbe, come supposto, al suo supporto. Per lo stessomotivo, suppgx deve essere incluso anche nel supporto della funzione y 7! f .x�y/. Fissato alloray 2 suppgx, si ha x � y 2 suppf , y 2 suppı� e x D .x � y/C y , ossia x 2 suppf C suppı�.

Al contrario, sia x 2 supp.f ? ı�/. Per ogni r > 0 la palla B.x; r/ contiene almeno un punto zin cui la convoluzione è non nulla. Per la prima parte della dimostrazione, allora ogni punto z nellecondizioni dette appartiene alla somma dei supporti suppf e suppı�. Allora, ogni intorno di xcontiene almeno un punto di suppf C suppı� , per cui x appartiene alla chiusura di tale somma. �

Per una situazione in cui l’analisi del supporto è cruciale si veda la dimostrazione del Teore-ma 3.5.3.

3.5 I Teoremi di cambiamento delle variabili

È ben noto in analisi di base il teorema che permette il cambiamento della variabile nell’integra-zione di Riemann, lo abbiamo anche usato proficuamente nella Sez.1.8. È certamente uno deipochi strumenti utili per il calcolo efficace degli integrali. Vogliamo quí proporre la versionemultidimensionale di questo artificio tecnico.

3.5.1 Definizione. Sia A aperto di Rn. Chiameremo cambiamento di variabili in Rn ognifunzione ' W A ! Rn iniettiva, di classe C k , e tale che d'.x/ 2 Aut.Rn/ per x 2 A ek 2 N [ f1g.

3.5.2 Osservazione. Alla fine del corso di Analisi II introducemmo la nozione di diffeomorfismo, ossiadata una coppia di aperti A;B di Rn la funzione ' W A! B è bigettiva e tale che ' e '�1 sono di classe C k(k come prima). Questa nozione è equivalente alla nozione di cambiamento delle variabili, perché se ' è undiffeomorfismo, allora la regola della differenziazione a catena implica che d'.x/ 2 Aut.Rn/, quindi ' èun cambiamento di variabili. Il viceversa è anche vero ma più complicato da dimostrare. Quindi, poichéparlare di diffeomorfismi o cambiamenti di variabili è perfettamente equivalente, useremo l’una o l’altradenominazione senza ulteriori spiegazioni. �

3.5.3 Teorema. (Primo Teorema del cambiamento delle variabili) Sia ' W A ! B un cambia-mento di variabili di classe C k tra insiemi aperti di Rn. Sia f W B ! R una funzione continuaa supporto compatto in B . Allora la funzione f è integrabile su B se e solo se la funzione.f ı '/j det d'j è integrabile su A. Se si verifica una delle due proprietà allora si ha

(3.6)ZB

f .y/ dy D

ZA

f .'.x//j det d'.x/j dx :

3.5.4 Teorema. (Secondo Teorema del cambiamento delle variabili) Sia ' W A ! B un diffeo-morfismo di classeC k tra insiemi aperti di Rn. Sia f W B ! R una funzione limitata e a supportocompatto in B . Allora la funzione f è integrabile su B se e solo se la funzione .f ı '/j det d'jè integrabile su A. Se si verifica una delle due proprietà allora si ha

(3.7)ZB

f .y/ dy D

ZA

f .'.x//j det d'.x/j dx :

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3.6 Esempi di cambiamento delle variabili 71

3.5.5 Teorema. (Terzo Teorema del cambiamento delle variabili) Siano ' W A! B diffeomorfi-smo di classe C k tra insiemi aperti di Rn e f W B ! R. Allora la funzione f è assolutamenteintegrabile su B se e solo se la funzione .f ı '/j det d'j è assolutamente integrabile su A. Se siverifica una delle due proprietà allora si ha

(3.8)ZB

f .y/ dy D

ZA

f .'.x//j det d'.x/j dx :

L’ultimo teorema è un bellissimo risultato ottenuto recentemente da Peter Lax. Utilizza laseguente tipologia di funzioni:

3.5.6 Definizione. Sia ' una funzione da Rn in sé stesso tale che:1. ' è di classe C 12. ' è l’indentità al di fuori della palla di raggio 1, ossia '.x/ D x se kxk � 1.

Chiameremo questa funzione ' un cambiamento di variabili alla Lax.

3.5.7 Teorema. (Teorema del cambiamento di variabili di Lax) Siano f continua e a supportocompatto su Rn e ' un cambiamento di variabili alla Lax. Allora la funzione

x 7! f .'.x// det.d'.x//

è integrabile e vale Zf .y/ dy D

Zf .'.x// det.d'.x// dx :

Le dimostrazioni dei teoremi precedenti si trovano nella Sez. 3.7.

3.6 Esempi di cambiamento delle variabili

Negli esempi pratici di uso dei teoremi di cambiamento delle variabili si usa in genere integrarerispetto a domini normali o domini leggermente più complicati ma sempre riconducibili a unionicon interni disgiunti di domini normali. Essendo questi compatti, ci si chiede come i teoremivisti possano essere utili. Ci ricordiamo di un risultato visto precedentemente, Teorema 1.5.9, estabiliamo il seguente risultato

3.6.1 Teorema. Sia ' W A! B diffeomorfismo di classe C k tra i due aperti A;B in Rn. Sia Kun sottoinsieme compatto di A e sia '.K/ D L. Allora:

1. Si ha '.int.K// D int.L/ e '.fr.K// D fr.L/.2. Se K è rettificabile cosí è L.

Questi risultati rimangono validi anche se K non è compatto, sempreché si abbia fr.K/ � A efr.L/ � B .

Dimostrazione. Dimostriamo la 1. Poiché ' è un diffeomorfismo allora '�1 è mappa continua,quindi ogni U aperto in A viene trasformato in '.U / aperto in B . In particolare '.int.K// è unaperto in Rn contenuto nell’insieme '.K/ D L, sicché

(3.9) '.int.K// � int.L/ :

Lo stesso possiamo dire per .Rn nK/ \ A, sotto ' viene trasformato in un aperto contenuto inB . Poiché ' è iniettiva allota '..Rn nK/ \ A/ è disgiunto da '.K/ D L, quindi

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72 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

(3.10) '..Rn nK/ \ A/ � .Rn n L/ :

Ne consegue che

(3.11) '.fr.K// � fr.L/ :

Infatti, sia y 2 fr.L/, vogliamo dimostrare che y 2 '.fr.K//. Sappiamo che L è compattoperché immagine di K compatto tramite ' continua. Allora L è chiuso e quindi deve contenere ipunti della frontiera, ossia y . Quindi y 2 B . Sia ora x punto di A tale che '.x/ D y . Il punto xnon può essere in int.K/, per la (3.9), e non può essere in Rn n L per la (3.10). Ne consegue chex 2 fr.K/, sicché y 2 '.fr.K//, come volevamo dimostrare.

Un semplice scambio di ruoli tra A e B e tra ' e '�1 implica che le stesse relazioni viste in(3.9) e (3.11) valgono anche ora, ossia

'�1.int.L// � int.K/ ;(3.12)

'�1.fr.L// � fr.K/ :(3.13)

Combinando (3.9) con (3.12) ne consegue '.int.K// D int.L/, mentre combinando (3.11) con(3.13), si ottiene '.fr.K// D fr.L/.

Vediamo ora la 2. Se K è rettificabile allora fr.K/ ha misura nulla. Poiché ' è almeno C 1allora è anche localmente lipschitziana, dunque per il Teorema 1.5.9, '.fr.K// ha misura nulla. Perquanto visto in precedenza '.fr.K// D fr.L/, quindi anche L è rettificabile. �

A questo punto possiamo estendere il Teorema del cambiamento delle variabili, ad esempio ilsecondo, nel modo seguente

3.6.2 Teorema. Sia ' W A! B un diffeomorfismo di classe C k tra insiemi aperti di Rn. Sia Kun compatto rettificabile in A e denotiamo conL D '.K/ la sua immagine in B . Sia f W B ! Rlimitata. Se f è integrabile in L allora la funzione .f ı '/j det d'j è integrabile in K e si ha

(3.14)ZL

f D

ZK

.f ı '/j det d'j :

Dimostrazione. La dimostrazione è ovvia, segue dalla dimostrazione del teorema del cambiamentodi variabili, ad esempio Teorema 3.5.3, e dal Teorema 3.6.1. �

Il seguente corollario è diretta conseguenza:

3.6.3 Corollario. Sia ' trasformazione affine e bigettiva di dati x0 e A 2 Aut.Rn/. Sia T uninsieme rettificabile in Rn e sia S D '.T /. Allora vale la formula

(3.15) voln.S/ D j det.A/jvoln.T / :

Dimostrazione. Dal Teorema 3.6.1, poiché ' è un diffeomorfismo in Rn allora S è rettificabile. Perl’eq.(1.19) ed il Teorema precedente (1S è limitata) si ha

voln.S/ DZ

Rn1S D

ZRn

1'.T / D

ZRn

1T j det.d'/j DZ

Rn1T j det.A/j D j det.A/j voln.T / ;

e l’asserto è dimostrato. �

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3.6 Esempi di cambiamento delle variabili 73

3.6.1 Cambiamento di variabili polari3.6.2 Cambiamento di variabili sferiche3.6.3 Cambiamento di variabili cilindriche3.6.4 Cambiamento di variabili polari in Rn

Si può introdurre un cambiamento di coordinate polari o sferiche anche in Rn. La trasformazione 'è la seguente:

x1 D � cos �1x2 D � sin �1 cos �2x3 D � sin �1 sin �2 cos �3:::

xn�1 D � sin �1 � � � sin �n�2 cos�xn D � sin �1 � � � sin �n�2 sin �

dove � 2 Œ0;1/, �j 2 Œ0; ��, j D 1; : : : ; n � 2, ed infine � 2 Œ0; 2�/. Non è difficile dimostrareche lo jacobiano della trasformazione ' ha la seguente forma

det J' D �n�1.sin �1/n�2.sin �2/n�3 � � � sin �n�2 :

A questo punto abbiamo le formule sufficienti a discutere in dettaglio qualcosa rimasto in sospeso, lacaratterizzazione dell’integrabilità assoluta con gli infiniti e/o infinitesimi campione visti in Sez. 2.2.

Dimostrazione Teorema 2.2.1. Come intorno rettificabile del punto x0 possiamo prendere, perdefinitezza, la palla chiusa centrata in x0 e di raggio R > 0. Quindi, usando il Teorema 1.8.6prima per la traslazione x 7! x � x0, e di seguito usando il Teorema 3.6.2 per la trasformazione divariabili polari in Rn, si ottieneZ

B.x0;R/

1

kx � x0k˛dx D

ZB.0;R/

1

kxk˛dx D ˝n

Z R

0

�n�1�˛ d�

dove ˝n rappresenta il volume della superficie sferiche centrata nell’origine e di raggio 1 (ve-dremo nella sottosezione successiva il calcolo esplicito). È ora ovvio, che possiamo scrivereR R0 �n�1�˛ d� D lim�!0C

R R� �n�1�˛ d�, quindiZ R

�n�1�˛ d� D

(Rn�˛��n�˛

n�˛; ˛ ¤ n ;

log R�; ˛ D n ;

il limite allora vale

lim�!0C

Z R

�n�1�˛ d� D

(Rn�˛

n�˛˛ < n ;

˙1 ; ˛ � n :

Il teorema è dimostrato. �

Allo stesso modo:

Dimostrazione Teorema 2.2.2. Usando il ragionamento seguito nel teorema precedente peró vistonel complementare della palla chiusa centrata in x0 e di raggio R > 0, si ottieneZ

RnnB.x0;R/

1

kx � x0k˛dx D

ZRnnB.0;R/

1

kxk˛dx D ˝n

Z 1R

�n�1�˛ d� :

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74 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

Quindi,R1R �n�1�˛ d� D lim!!C1

R !R �

n�1�˛ d�, per cui

Z !

R

�n�1�˛ d� D

(!n�˛�Rn�˛

n�˛; ˛ ¤ n ;

log�!R

�; ˛ D n ;

per cui, nel limite si hanno i seguenti casi

lim!!C1

Z !

R

�n�1�˛ d� D

(Rn�˛

˛�n; ˛ > n ;

C1 ; ˛ � n :

Il teorema è dimostrato. �

3.6.5 Funzione Gamma di Eulero e volumi di sfere in Rn

Consideriamo il seguente integrale Z C10

e�xxt�1 dx :

È un integrale improprio convergente se t > 0. Quindi è ben definita e con dominio di definizione.0;C1/ la seguente funzione

(3.16) � .t/ D

Z C10

e�xxt�1 dx ;

che viene detta funzione Gamma di Eulero. È una funzione estremamente importante in Analisi.Una delle proprietà rilevanti è che soddisfa una equazione di ricorrenza, ossia, integrando per parti

� .t C 1/ D

Z C10

e�xxt dx D��xte�x

�xDC1xD0

C t

Z C10

e�xxt�1 dx D t � .t/ ;

quindi

(3.17) � .t C 1/ D t � .t/ ; t > 0 :

Il valore per t D 1 si può calcolare direttamente dalla definizione e si ha � .1/ DRC10 e�x dx D 1

per integrazione elementare. Possiamo anche calcolare il valore per t D 1=2

�1

2

�D

Z C10

e�xx�1=2 dx Dp2

Z C10

e�x2

dx Dp21

2

Z C10

e�x2=2 dx

Dp21

2

p2� D

p� :

Altri valori particolari si ricavano da quanto visto ora, ossia prendiamo n 2 N, e dalla (3.17) si ha

� .nC 1/ D n� .n/

D n.n � 1/� .n � 1/

D n.n � 1/.n � 2/� .n � 2/

D n.n � 1/.n � 2/ : : : 1� .1/ D nŠ ;

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3.6 Esempi di cambiamento delle variabili 75

quindi sui naturali la funzione Gamma coincide con il fattoriale. Mentre sui seminteri la (3.17)fornisce

�nC

1

2

�D �

�n �

1

2C 1

�D

�n �

1

2

��

�n �

1

2

�D

�n �

1

2

��

�n �

3

2C 1

�D

�n �

1

2

��n �

3

2

��

�n �

3

2

�D

�n �

1

2

��n �

3

2

�� � �

1

2�

�1

2

�D

�n �

1

2

��n �

3

2

�� � �

1

2

p�

D.2n � 1/ŠŠ

2n

p� D

.2n � 1/Š

2n.n � 1/Š

p� D

.2n/Š

2nC1nŠ

p� :(3.18)

È possibile fare di più e meglio, e a questo proposito

3.6.4 Proposizione. Siano t; s > 0. Posto

(3.19) B.s; t/ D 2

Z �=2

0

.cos �/2s�1.sin �/2t�1 d� ;

si ha

(3.20) B.s; t/ D� .s/� .t/

� .s C t /:

3.6.5 Osservazione. La funzione B è detta funzione Beta di Eulero, guarda caso. �

Dimostrazione. Nella definizione di funzione Gamma procediamo al cambio di variabili x D u2=2e otteniamo

� .t/ D 21�tZ C10

e�u2=2u2t�1 du :

Da questa relazione, si ha

� .t/� .s/ D 22�t�sZ C10

e�u2=2u2t�1 du

Z C10

e�v2=2v2s�1 dv

D 22�t�sZ

R2CC

e�.u2Cv2/=2u2t�1v2s�1 dudv ;

dove R2CC

è il primo quadrante in R2, R2CCD f.u; v/ 2 R2 W u � 0 ; v � 0g. In quest’ultimo

integrale possiamo passare a coordinate polari ed ottenere

� .t/� .s/ D 22�t�sZ C10

�2.sCt/�1e��2=2 d�

Z �=2

0

.cos �/2s�1.sin �/2t�1 d� ;

quindi, per definizione di funzione Beta, si ha

� .t/� .s/ D � .s C t /B.s; t/ :

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76 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

Tramite la Beta si possono calcolare integrali interessanti, un cui esempio lo abbiamo già vistonella sezione delle approssimanti alla delta di Dirac e nel calcolo esplicito dell’integrale dellagaussiana.

3.6.6 Proposizione. Per ogni k > �1 si ha

(3.21) Ik D

Z C1�1

.1 � x2/k dx D B

�k C 1;

1

2

�:

Dimostrazione. L’integrale, con il cambiamento di variabili x D sin � diventa

Ik D 2

Z �=2

0

.cos �/2kC1 d� ;

la tesi è ovvia per la definizione di funzione Beta. �

3.7 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabileLe dimostrazioni classiche del teorema di cambiamento delle variabili utilizzano in genere una pro-cedura di localizzazione tramite partizione dell’unità e la susseguente procedura di linearizzazionedel cambiamento di variabili in ogni piccola regione di localizzazione. Nella nostra dimostrazionefaremo uso della proprietà di localizzazione data da una famiglia di approssimanti della deltadi Dirac, come mostrato nel Teorema 3.4.5. La linearizzazione appare automaticamente comeconseguenza del Teorema di cambiamento delle variabili in forma affine.

Cominciamo con il dimostrare che il teorema di cambiamento di variabili per la famiglia diapprossimanti della delta di Dirac coincide col teorema di cambiamento di variabili lineare visto inTeorema 1.8.6. Infatti

3.7.1 Proposizione. Sia A � Rn aperto e ' W A! Rn una cambio di variabili di regolaritàC 1. Siano inoltre f W A! R limitata e continua e ı� una famiglia di approssimanti della deltadi Dirac. Allora, per ogni compatto K � '.A/ e y 2 K, si ha

(3.22) lim�!0

ZA

f .x/ ı�.'.x/ � y/ dx D f .'�1.y//

1

j det.d'.'�1.y///j:

In particolare se f � 1 su A allora

(3.23) lim�!0

ZA

ı�.'.x/ � y/ dx D1

j det.d'.'�1.y///j:

Dimostrazione. Scegliamo arbitrariamente un compatto K � '.A/ e altrettanto arbitrariamentey 2 K. La regione di integrazione, ossia il supporto di ı�.'.x/ � y/, � > 0 fissato, è data dallex 2 Rn tali che k'.x/ � yk � �R. Ricordiamo che '.A/ è un aperto e alla scelta effettuata delcompatto K, possiamo associare � sufficientemente piccolo tale da avere K � K�R � '.A/, conK�R insieme compatto, conformemente al risultato del Lemma 1.4.11. Notiamo che y 2 K�R.

Il cambio di variabili ' ristretto al compatto K�R ha differenziale limitato, in quanto continuo,e cosí è vero per l’inverso, poniamo quindi kd'�1kEucl �M per qualcheM � 0.

Poiché '�1 è di classe C 1, quindi localmente lipschitziana, si ha

k'�1.y 0/ � '�1.y/k � kd'�1kEuclky0� yk �M�R ; per ogni y 0;y 2 K�R ;

in particolare, per ogni x nella regione di integrazione, si ha

kx � '�1.y/k D k'�1.'.x// � '�1.y/k � kd'�1kEuclk'.x/ � yk �M�R :

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3.7 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile 77

Cambiamo variabile usando la posizione affine x D '�1.y/ C �u. La regione di integrazioneallora diventa kuk �MR, ossia la sfera piena chiusa B.0;MR/, indipendente da �, e l’integrale aprimo membro della eq. (3.22), usando il Teorema del cambio affine di variabili, Teorema 1.8.6,diventaZA

f .x/ ı1

�'.x/ � y

�1

�ndx D

ZB.0;MR/

f .'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � y

�du :

Usando la bigettività di ', possiamo scrivere nell’integrando che y � '.'�1.y// e cosí avereZB.0;MR/

f .'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � '.'�1.y//

�du :

Al variare di �, l’integrando è una successione di funzioni integrabili (continue) su B.0;MR/compatto e rettificabile. Tale successione è uniformemente limitata (uniformemente in �). Inoltre,sempre per la continuità e usando la regolarità di ', il limite puntuale esiste ed è uguale a

lim�!0

f .'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � '.'�1.y//

�D f .'�1.y//ı1.d'.'

�1.y//.u// ;

sicché, per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà, Teorema 3.2.2, si ha

lim�!0

ZB.0;MR/

f .'�1.y/C �u/ ı1

�'.'�1.y/C �u/ � '.'�1.y//

�du

D

ZB.0;MR/

f .'�1.y// ı1.d'.'�1.y//.u// du :

Notiamo che nell’integrando, nella parte dipendente da f non c’è la variabile di integrazioneu, quindi possiamo portarlo fuori dal simbolo di integrazione. Nel resto che rimane, un semplicecambio di variabili lineare z D d'.'�1.y//.u/ che ha Jacobiano det.d'.'�1.y/// trasforma lasfera piena B.0;MR/ nella sfera piena B.0; R/ (notando che kd'kEucl D kd'�1k�1Eucl � M

�1,infatti kzk D kd'.'�1.y//.u/k � kd'kEuclkuk � R) e nuovamente l’uso del Teorema delcambiamento di variabili affine, Teorema 1.8.6, ci porta alla seguente relazioneZB.0;MR/

f .'�1.y// ı1.d'.'�1.y//.u//du

D

ZB.0;R/

f .'�1.y//1

j det.d'.'�1.y///jı1.z/ dz

D f .'�1.y//1

j det.d'.'�1.y///j

ZB.0;R/

ı1.z/ dz

D f .'�1.y//1

j det.d'.'�1.y///j;

dove nella terza riga si è usata la normalizzazione ad 1 della funzione ı1. Quindi l’asserto èdimostrato. �

3.7.2 Osservazione. In fisica si scrive sovente in modo formale la relazione

ı.'.x/ � y/ D1

j det.d'.'�1.y///jı.x � '�1.y// ;

che rende facilmente mnemonico il precedente risultato. Va altresí fatto notare che, a rigore, una tale relazionenon ha fondamento nell’analisi reale “classica” ma solo nel senso della teoria delle distribuzioni di LaurentSchwartz. �

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78 Capitolo 3. Arzelà e il cambiamento delle variabili

Dimostrazione Teorema 3.5.3. La dimostrazione fonda la sua logica sulla Proposizione 3.7.1, e perimplementare tale logica cerchiamo di scrivere entrambi i membri dell’eq. (3.14) come limiti diuno stesso integrale. Definiamo infatti per ogni � > 0

(3.24) I� D

ZA�B

f .y/j det.d'.'�1.y///jı�.'.x/ � y/ dxdy :

Cominciamo col dimostrare l’esistenza del secondo membro dell’eq. (3.14). Possiamo supporref � 0, senza perdere di generalità, perchè f è integrabile se e solo se lo sono f˙. Poiché lafunzione integranda in eq.(3.24) è continua in A�B , allora per il Teorema di Fubini, Teorema 1.8.2,si ha

I� D

ZB

f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/ dy DZK

f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/ dy ;

dove ��.y/ DRA ı�.'.x/ � y/ dx e K è il supporto di f in B . Ora, la seguente famiglia di

funzioniK 3 y 7! f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/

è, al variare di �, una famiglia uniformemente limitata (l’uniformità è in �) di funzioni continue.Inoltre il limite puntiforme di tale famiglia esiste, per l’eq. (3.23), ed è uguale a

lim�!0

f .y/j det.d'.'�1.y///j��.y/ D f .y/ :

Abbiamo tutti gli ingredienti per applicare il Teorema della convergenza limitata di Arzelà, Teore-ma 3.2.2, e quindi si ha

lim�!0

I� D

ZK

f .y/ dy D

ZB

f .y/ dy :

Viceversa, proviamo a determinare la convergenza dell’integrale I� verso l’integrale del primomembro. Definiamo la funzione y 7! h.y/ D f .y/j det.d'.'�1.y///j. Essa è una funzionecontinua a supporto compatto in B , per l’ipotesi di compattezza del supporto di f . Scriviamo ora,usando ancora il Teorema di Fubini, che

I� D

ZA

.h ? ı�/ .'.x// dx ;

dove, ricordiamo che .h ? ı�/.'.x// DRB h.y/ı�.'.x/� y/ dy . Il supporto di questa funzione è

un compatto perché somma di compatti, ossia supp.h?ı�/ D supphCsuppı� D supphCB.0; �R/è compatto in Rn, come segue dal Teorema 3.4.7.

Quindi, per il Lemma 1.4.11, per � sufficientemente piccolo, esiste un compatto L � B , taleche supp.h ? ı�/ � L e per Fubini si ha

I� D

Z'�1.L/

.h ? ı�/.'.x// dx ;

visto che, ovviamente, '.x/ 2 L, ossia x 2 '�1.L/. La successione .h ? ı�/.'.x// convergepuntualmente a h.'.x//, per cui, per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà si ha

lim�!0

I� D

Z'�1.L/

h.'.x// dx D

ZA

h.'.x// dx D

ZA

f .'.x//j det.d'.x//j dx :

Mettendo insieme le due derivazioni si ha la tesi, per l’univocità dei limiti. �

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3.7 Dimostrazioni dei Teoremi di cambio di variabile 79

Dimostrazione del Teorema 3.5.4. La dimostrazione segue dalla stabilità delle funzioni integrabilisecondo Riemann per composizione e moltiplicazione, dal teorema di approssimazione con funzionicontinue, Teorema 1.4.12, e dalla dimostrazione del Teorema precedente. �

Dimostrazione Teorema 3.5.5. In effetti, per il Teorema 2.1.3 possiamo approssimare f con funzio-ni integrabili e a supporto compatto (ad esempio, prendendo una partizione dell’unità subordinataal ricoprimento di B tramite compatti) e applicare loro la dimostrazione del Teorema 3.5.4. �

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II

4 Curve, superfici e varietà differenziali . 834.1 Introduzione4.2 Definizioni equivalenti di varietà4.3 Spazi tangenti e normali a varietà4.4 Curve e superfici in R3

5 Geometria differenziale di curve e superfi-ci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97

5.1 Orientamento locale5.2 Geometria differenziale delle curve in R3

5.3 Geometria differenziale delle superfici in R3

6 Ottimizzazione vincolata . . . . . . . . . . . . . 996.1 Estremali di funzioni su curve e superfici6.2 Teorema dei moltiplicatori di Lagrange

Curve, Superfici & VarietàDifferenziabili

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4. Curve, superfici e varietà differenziali

“What is a smooth manifold? In a recent American book I read that Poincaré was not acquainted with this (introduced by himself) notion and that the“modern” definition was only given by Veblen in the late 1920s: a manifold is a topological space which satisfies a long series of axioms. For what sinsmust students try and find their way through all these twists and turns? Actually, in Poincaré’s Analysis Situs there is an absolutely clear definition of asmooth manifold which is much more useful than the “abstract” one. A smooth k-dimensional submanifold of the Euclidean space RN is its subset whichin a neighbourhood of its every point is a graph of a smooth mapping of Rk into RN�k (where Rk and RN�k are coordinate subspaces). This is astraightforward generalization of most common smooth curves on the plane (say, of the circlex2Cy2 D 1) or curves and surfaces in the three-dimensionalspace. Between smoothmanifolds smoothmappings are naturally defined. Diffeomorphisms are mappings which are smooth, together with their inverses. An“abstract” smooth manifold is a smooth submanifold of a Euclidean space considered up to a diffeomorphism. There are no “more abstract” finite-dimensionalsmooth manifolds in the world (Whitney’s theorem). Why do we keep on tormenting students with the abstract definition? Would it not be better to provethem the theorem about the explicit classification of closed two-dimensional manifolds (surfaces)? It is this wonderful theorem (which states, for example,that any compact connected oriented surface is a sphere with a number of handles) that gives a correct impression of what modern mathematics is and not thesuper-abstract generalizations of naive submanifolds of a Euclidean space which in fact do not give anything new and are presented as achievements by theaxiomatisators. The theorem of classification of surfaces is a top-class mathematical achievement, comparable with the discovery of America or X-rays. Thisis a genuine discovery of mathematical natural science and it is even difficult to say whether the fact itself is more attributable to physics or to mathematics.In its significance for both the applications and the development of correct Weltanschauung it by far surpasses such “achievements” of mathematics as theproof of Fermat’s last theorem or the proof of the fact that any sufficiently large whole number can be represented as a sum of three prime numbers.” (V. I.Arnol’d, Russian Math. Surveys 53 (1998), no. 1, 229-236)

4.1 Introduzione

L’idea intuitiva di cosa siano una curva o una superficie è entrata nel linguaggio e nella praticagiornaliere. Guidando un auto, di tanto in tanto, facciamo una “curva” mentre se passiamo la manosull’automobile allora diciamo che la “superficie” è liscia, sempreché non si sia presa la “tangente”alla “curva” precedente... L’intuizione poi conduce a precise definizioni, quando a questi oggetti sideve dare uno status di ente matematico. In realtà, per definire i concetti di curva e superficie sipossono utilizzare diversi punti di vista. In questo capitolo ne utilizziamo uno, in particolare, chesegue in modo elementare concetti e definizioni propri della geometria superiore, con un pizzico diconcretezza. È infatti della metodologia contemporanea presentare la generalizzazione del concettodi superficie come un ente astratto, che come ricordava Arnol’d, è talmente astratto da riuscireimpossibile la comparazione con la realtà degli oggetti che vorrebbe modellizzare. Inoltre sottoponegli studenti ad una sfilza di assiomi che non sono sempre intuitivi. Vedremo, per nostro conto invece,una definizione di varietà che generalizza in modo intuitivamente chiaro i concetti di grafico difunzione, luogo degli zeri di una funzione, oppure con un nuovo ente matematico che rappresentala naturale estensione del concetto di carta geografica, ed infine con l’idea altrettanto intuitiva chelocalmente abbiamo sempre a che fare con qualcosa che appare piatto e della giusta dimensionelineare.

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84 Capitolo 4. Curve, superfici e varietà differenziali

Concentriamoci per ora sul concetto di superficie, e si consideri infatti l’equazione in R3

(4.1) g.x; y; z/ D 0 ;

con g una funzione sufficientemente regolare. In casi semplici, ad esempio se g è funzione linearedei suoi argomenti,

g.x; y; z/ D ax C by C cz ; a; b; c 2 R ;

da (4.1) abbiamo la nozione di piano nota dalla geometria elementare, e non fatichiamo certo aconsiderarla una superficie, mentre se g è un polinomio del secondo ordine, otteniamo qualcosa che“curva,” ad esempio la superficie della sfera centrata nell’origine e di raggio R quando

g.x; y; z/ D

qx2 C y2 C z2 �R2 :

Altre scelte però possono condurre a oggetti geometrici che non vorremmo considerare comesuperfici perchè singolari, come ad esempio nel caso in cui togliamo alla funzione g appena scritta iltermine del raggio, avendosi così g.x; y; z/ D

px2 C y2 C z2, il cui insieme degli zeri degenera

in un solo punto, l’origine di R3. Mentre se g.x; y; z/ D xy allora abbiamo che il luogo degli zeridiventa l’unione dei piani di equazione x D 0 e y D 0. In entrambi i casi possiamo descrivere l’ideache tali oggetti geometrici definiscano insiemi “singolari” notando come il gradiente della funzioneg sia singolare, nel primo caso, o si annulli, nel secondo caso, in tutti i suoi punti. Possiamo quindioperare una prima restrizione considerando solo gli insiemi che definiti da una funzione g abbianogradg ¤ 0 in tutti i punti. Purtuttavia, una situazione più complicata nasce quando si consideri nonuna equazione ma un sistema di equazioni

(4.2) g.x/ D 0

cong.x/ D .g1.x/; g2.x/; : : : ; gk.x//, x 2 Rn, ogni gj funzione a valori reali. Ci restringiamo aduna situazione nota dall’algebra elementare, supponendo tutte le funzioni gj lineari negli argomenti,ossia

gi .x/ D

nXjD1

aijxj ; i D 1; : : : ; k ;

quindi l’eq. (4.2) definisce un sistema di equazioni lineari determinato da una matrice A D .aij / 2Mat.k � n/.

Poiché ogni gj determina un iperpiano Ij , la soluzione I dell’equazione (4.2) è rappresentatadall’intersezione I1 \ I2 \ � � � \ Ik , che sappiamo essere un sottospazio di Rn la cui dimensione ènota dall’algebra elementare poiché I D kerg e si ha

dimI D dim.kerg/ D n � dim.img/ D n � rg.A/ ;

dove rg.A/ denota il rango della matrice A. Possiamo determinare I ad avere dimensione m 2 Ncon 0 < m < n vincolando la matrice A ad avere rg.A/ D n �m, ossia la matrice avrà solo n �mcolonne linearmente indipendenti.

L’eq. (4.2), in generale, non determina un sistema di equazioni lineari e rappresenta, comevedremo, una delle definizioni equivalenti di varietà, e la condizione necessaria appena vista sulrango della matrice A verrà ereditata dalla parte lineare di g, ossia, pensando allo sviluppo in seriedi Taylor al primo ordine, dalla matrice jacobiana associata a g, oppure, in modo equivalente, dallacondizione di surgettività dalla trasformazione lineare associata al differenziale totale dg. A questopunto è interessante notare che in prima approssimazione, una varietà di dimensione m in Rn saràlocalmente rappresentata da un aperto di Rm in Rn e quindi, in particolare, sarà localmente “piatta”se vista nello spazio naturale Rn.

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4.1 Introduzione 85

Allo stesso modo, potremmo discutere del concetto di curva e/o superficie facendo ricorso allanozione di grafico di funzione. Vediamo il caso delle curve che risulta particolarmente semplice.Infatti, prendendo l’esempio della circonferenzaC inR2 centrata nell’origine e di raggio 1, sappiamoche per ogni punto di coordinate .x0; y0/ su di essa, con x0 > 0 ; y0 > 0, possiamo trovare un intornoaperto I del punto x01 tale che per ogni coppia .x; y/ 2 C con x 2 I si abbia y D f .x/ D

p1 � x2.

Ossia, almeno localmente vista la scelta dell’intervallo I , il tratto della circonferenzaC , determinatoal variare di x in I , viene descritto come il grafico della funzione

p1 � x2. Lo stesso discorso può

farsi per ogni punto di C , cambiando opportunamente l’intervallo aperto I e la scelta della funzione.Infatti, se dovessimo scegliere di rappresentare come grafico locale un tratto della circonferenzaC a partire dal punto di coordinate .1; 0/, allora non potremmo più considerare la precedentefunzione, perchè per ogni intervallo I del punto x0 D 1, la funzione non sarebbe più tale perchèprenderebbe 2 valori per ogni punto x 2 I . Dobbiamo quindi cambiare strategia e considerarecome variabile indipendente la y e non la x come prima. A questo punto esiste un intervallo apertoJ del punto y0 D 0 per cui il tratto della circonferenza C è determinato come grafico della funzioneg.y/ D

p1 � y2. Lo stesso discorso vale per il punto .�1; 0/. Concludendo, per ogni punto della

circonferenza C , un tratto della stessa può essere descritto come grafico di una funzione. Notiamoche la scelta di avere come domini degli intervalli aperti ha a che fare con l’intenzione di descriveredelle curve che siano regolari, ossia che le funzioni locali che le determinano siano sufficientementederivabili, in accordo con quanto visto in precedenza per le superfici. Infatti, potremmo anchepensare che la coppia .x; jxj/ con x 2 .�1; 1/ descriva, almeno localmente, una curva, il problemaè che in x D 0 tale curva ha una singolarità data dalla non esistenza della derivata di f .x/ D jxj.Notiamo però che se si evita l’origine la coppia .x; jxj/ descrive l’unione di curve regolari nelsenso appena descritto, ossia se x 2 .�1; 0/ oppure x 2 .0; 1/, poiché la funzione f .x/ D jxj èderivabile in entrambi gli aperti. Un’analoga discussione elementare può essere fatta per descriverelocalmente un “pezzo” di una superficie, ad esempio la superficie della sfera in R3.

Per ultimo, passiamo a descrivere un altro metodo per determinare una curva e/o una superficie.Prendendo ancora l’esempio della circonferenza C , possiamo pensare di descrivere gran parte deisuoi punti tramite la mappa

r1.t/ D .cos t; sin t / ; t 2 .0; 2�/ :

Con r1 descriviamo tutti i punti di C tranne .1; 0/. Per quest’ultimo ci vuole un’altra mappa, adesempio

r2.s/ D .cos s; sin s/ ; s 2���

2;�

2

�:

Siamo costretti a determinare tutti i punti di C tranne .1; 0/ con la prima mappa perchè ne-cessitiamo di avere una rappresentazione iniettiva e derivabile, per quanto spiegato già prima.Nel caso di una superficie, ad esempio ancora la superficie S2 della sfera in R3, sappiamo dallenozioni elementari di geografia come rappresentare “pezzi” di S2 tramite carte geografiche, adesempio l’emisfero settentrionale S2

Ccon una carta iniettiva e differenziabile ottenuta descrivendo

un qualsiasi punto di S2Ccon coordinate sferiche

r.�; '/ D .cos � cos'; sin � cos'; sin '/ ; .�; '/ 2 .��; �/ ��0;�

2

�:

Notiamo che ora l’analogo della condizione di surgettività per il differenziale totale nella descrizionein termini di zeri di funzioni diventa la condizione di iniettività del differenziale totale della “carta”locale r , oppure la condizione che il rango della matrice jacobiana associata a r sia massimo, ossianel nostro caso uguale a 2.

1Ad esempio l’intervallo I D .x0 � ı2 ; x0 C

ı2 /, con ı D min .x0; 1 � x0/, vedi Fig. ??

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86 Capitolo 4. Curve, superfici e varietà differenziali

4.2 Definizioni equivalenti di varietà

Cominciamo col dare la definizione principale di varietà, cosí come l’abbiamo intuita dall’introdu-zione:

4.2.1 Definizione. (Varietà nella forma grafico locale) SianoM � Rn,m 2 N conm < n, esia inoltre k 2 N1

:D N[f1g. Diremo cheM è una varietà (senza bordo) in Rn di dimensione

m e classe C k , se è localmente il grafico di una funzione di m variabili di classe C k , ossia, piùprecisamente, se per ogni x0 D .x01 ; : : : ; x

0n/ 2M esistono intorni aperti I 0 � Rm, I 00 � Rn�m,

rispettivamente dei punti .x01 ; : : : ; x0m/ e .x0mC1; : : : ; x

0n/, e una funzione h W I 0 ! I 00 di classe

C k tale che posto I :D I 0 � I 00 � Rn risulti

M \ I D f.x1; : : : ; xn/ 2 I W .xmC1; : : : ; xn/ D h.x1; : : : ; xm/g ;

a meno di permutazioni delle variabili x1; : : : ; xn.Se vale quanto detto sopra, spesso diremo cheM è una varietà differenziabile immersa in

Rn, talvolta ometteremo sia l’immersività sia la regolarità se il contesto rende tutto ovvio.

4.2.2 Esempi. Vediamo qualche esempio:.A/ Come primo esempio si ricordi quello della circonferenza e come controesempio quello della

funzione h.x/ D jxj, visti nell’introduzione.

.B/ Consideriamo la funzione y D h.x/ D1

xcon x 2 .�1; 0/ [ .0;C1/. Il grafico di tale

funzione è una varietà di R2 di dimensione 1 e classe C1. Notare che la varietà non è uninsieme connesso del piano.

.C / Legata alla precedente, possiamo considerare la funzione y D h.x/ D sin�1

x

�con x 2

.�1; 0/ [ .0;C1/. È una funzione C1 nel suo dominio naturale e rappresenta, ancorauna volta, una varietà in R2 di dimensione 1, sebbene non possiamo che intuire il suografico nelle vicinanze dell’origine a causa delle oscillazioni del seno. Purtuttavia, perdefinizione/costruzione, è una varietà differenziabile vista localmente come grafico di unafunzione. Una piccola variazione della funzione precedente permette di discutere un primocaso in cui non abbiamo una varietà in tutto il dominio di esistenza di una delle variabili.Ad esempio, possiamo definire la funzione y D h.x/ D x sin

�1

x

�che ha come dominio

naturale tutto R. Il grafico di questa funzione è molto più semplice del grafico della funzioneprecedente ma il problema è nella derivata, non definita in x D 0. Rimuovendo tale puntoperò si ha una varietà differenziabile.

.D/ La funzione y D h.x/ D xjxj, con x 2 R, rappresenta una varietà differenziabile in R2,anche nell’origine (perchè?).

4.2.3 Definizione. (Forma cartesiana locale) Siano M � Rn, m 2 N con m < n e sia,inoltre, k 2 N1. Diremo cheM è localmente luogo degli zeri di una funzione quando per ognix0 2M esistono un intorno aperto I � Rn di x0 e una funzione g I ! Rn�m di classe C ktali che

1. M \ I D ZI .g/:D f x 2 I W g.x/ D 0 g ,

2. Jg.x/ ha rango n�m per ogni x 2M , oppure, alternativamente, se il differenziale totaledg.x/ è mappa lineare surgettiva per ogni x 2M .

Per gli esempi si veda dopo il Teorema 4.2.9.L’altra caratterizzazione utilizza il linguaggio delle carte, per cui

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4.2 Definizioni equivalenti di varietà 87

4.2.4 Definizione. (Forma parametrica locale) Siano M � Rn, m 2 N con m < n, ek 2 N1. Scegliamo un punto x0 2M . Chiamiamo m-carta locale di classe C k diM relativaa x0, brevemente carta, ogni funzione r iniettiva di classe C k in un aperto ! � Rm a valori inRn, tale che esista un intorno aperto I � Rn del punto x0 per cui

1. M \ I D r.!/,2. Jr.t/ ha rango m per ogni t 2 !, oppure, in modo equivalente, il differenziale totaledr.t/ è una mappa lineare iniettiva per ogni t 2 !.

Figura 4.1: Una carta locale per una superficieM in R3

4.2.5 Osservazione. Seguendo la definizione appena proposta, talvolta si intende per carta locale, piùprecisamente, la coppia .!; r/. In letteratura, talvolta, col termine carta locale si intende la funzione inversadella nostra definizione. Ancora, spesso .!; r/ viene detta carta coordinata poiché la variabile t 2 ! forniscele cosidette coordinate locali del punto immagine. Nella letteratura inglese-americana, coordinate patch. �

4.2.6 Esempi. Vediamo esempi:.E/ Abbiamo già visto nell’introduzione alcuni esempi, come la circonferenza, determinati dalla

definizione di carta locale. Gli stessi posso essere usati per definire altre carte locali, adesempio, nel caso del cerchio, possiamo utilizzare la carta (è banale controllare che ladefinizione è soddisfatta)

r1.s/ D .cos s; sin s/ ; s 2

���

4;3�

4

�;

col la quale si determinano tutti i punti della circonferenza unitaria tranne il punto di coor-dinate cartesiane .

p2=2;�

p2=2/. Per coprire quest’ultimo è sufficiente descrivere un suo

piccolo intorno, come punto sulla circonferenza, ad esempio con la carta (stessa forma dellaprecedente, quindi anch’essa soddisfa le condizioni per essere una carta)

r2.t/ D

�cos

�3�

4C t

�; sin

�3�

4C t

��; con t 2 .�ı;Cı/ ; ı > 0 piccolo a piacere :

.F / La semisfera S3Cdefinita dalla relazione fx 2 R3 W kxk D 1 ; x3 > 0g può essere descritta

in termini di carte locali usando le coordinate sferiche, ad esempio con la carta

r.�; '/ D .cos � cos'; sin � cos'; sin '/ ; .�; '/ D t 2 !:D .��; �/ � .0; �=2/ ;

dove, chiaramente r è di classe C1 su !, è iniettiva perchè se i punti .�1; '1/ e .�2; '2/danno luogo allo stesso punto sulla semisfera, si ha

.cos �1 cos'1; sin �1 cos'1; sin '1/ � .cos �2 cos'2; sin �2 cos'2; sin '2/ ;

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88 Capitolo 4. Curve, superfici e varietà differenziali

ossia, ad esempio, dalla condizione che la terza componente debba essere uguale, si ottienenecessariamente che '1 � '2, che fornisce, per la supposta uguaglianza della secondacomponente che sin �1 D sin �2, ossia si ha necessariamente che .�1; '1/ � .�2; '2/. Per lacondizione sul rango, questa è semplicemente varificabile poiché la matrice jacobiana è

Jr.�; '/ D

�� sin � cos' � cos � cos'cos � cos' � cos � sin '

0 1

e dalla terza componente dei vettori colonna, si ha l’indipendenza degli stessi. La carta r peròcopre solo una parte della superficie, rimane scoperto il meridiano che passa per il polo Norde arriva nel punto di coordinate cartesiane .0;�1; 0/, ossia .0; y;

p1 � y2/ con y 2 .�1; 1/.

Per coprire tale parte della superficie possiamo utilizzare la seguente carta

er.t/ D .t1; t2;q1 � t21 � t22 / ; t D .t1; t2/ 2 ! D .�ı; ı/ � .�1; 1/ ;

con ı > 0 piccolo a piacere. Vedi Fig. 4.2.

Figura 4.2: Una carta locale per il meridiano che passa per N e arriva al punto .0;�1; 0/

Concludiamo la definizione delle carte locali con la seguente4.2.7 Definizione. (Atlante) SianoM � Rn, m 2 N con m < n, e k 2 N1. Chiameremom-atlante di classe C k diM , o brevemente atlante, una famiglia A

:D f.!j ; rj /gj2J di m-carte

locali di classe C k , tale che l’unione delle corrispondenti immagini sia l’insiemeM ,[j2J

rj .!j / DM :

Per ultimo ricordiamo che intuitivamente, una varietà è localmente un aperto di Rm in Rn ossiaè localmente “piatta.”

4.2.8 Definizione. (Forma localmente piatta) Siano M � Rn, m 2 N con m < n, ek 2 N1. Diremo che l’insiemeM è localmente piatto se per ogni x 2M esiste un suo intornoaperto I � Rn, un diffeomorfismo ' W I ! Rn di classe C k ed un sottoinsieme aperto A � Rm

tali che'.M \ I / D A � f0Rn�mg :

È rimarchevole che le quattro definizioni sopra elaborate diano risultati equivalenti, ossia

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4.2 Definizioni equivalenti di varietà 89

4.2.9 Teorema. (Teorema dell’equivalenze per varietà) SianoM � Rn,m 2 N conm < n,e k 2 N1. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:.A/ M è una varietà differenziabile immersa in Rn, m-dimensionale, di classe C k ,.B/ M è localmente il luogo degli zeri di una funzione di classe C k in Rm,.C / M possiede un m-atlante di classe C k ,.D/ M è localmente piatto, ossia è diffeomorfo ad un aperto di Rm � f0Rn�mg in Rn.

Dimostrazione. Omessa. �

4.2.10 Osservazioni. Alcune brevi osservazioni:1. Diremo cheM è una varietà differenziabile in Rn, senza alcuna specifica ulteriore, se essa verifica

una delle definizioni equivalenti del Teorema 4.2.9. In particolare, diremo che è una curva se è unavarietà di dimensione 1 in Rn con n � 1, oppure una superficie se è una varietà di dimensione 2 in Rn

con n � 2, oppure una ipersuperficie se è una varietà di dimensione n � 1 in Rn per n � 2. Nel casodelle curve si faccia attenzione che la nostra terminologia differisce da quella utilizzata in gran partedella letteratura, specialmente in Analisi.

2. Possiamo anche allargare la definizione ai casi m D 0 e m D n. Ossia, nel caso m D 0, M èuna varietà in Rn di dimensione nulla seM è un insieme finito di punti distinti di Rn, mentre nelcaso m D n una varietà M in Rn di dimensione n è semplicemente un qualsiasi aperto di Rn. Inquest’ultimo caso però vedremo nel Capitolo 9, che sarà importante restringere di molto la classe degliaperti ammissibili per le esigenze dei teoremi fondamentali del calcolo.

4.2.11 Esempi. Vediamo ancora esempi, principalmente per la definizione 4.2.3..G/ In generale non sappiamo che forma prenderà il luogo degli zeri di una funzione, però

possiamo controllare, con la definizione, che sia una varietà regolare. Ad esempio se abbiamox8 C 2x3 C y C y5 D ˛, con ˛ 2 R, il luogo degli zeri è una varietà unidimensionaleliscia? È chiaramente molto difficile anche intuire la sua forma grafica però usando ladef. 4.2.3, possiamo definire g.x; y/ D x8 C 2x3 C y C y5 � ˛ e controllare che l’insiemeM formato dalle coppie .x; y/ per le quali g.x; y/ D 0 formino una varietà regolare. Infatti,se calcoliamo il gradiente della funzione g, otteniamo

Jdg.x; y/K D Jg.x; y/ D grad.g.x; y//T D .8x7 C 6x2; 1C 5y4/ ;

e notiamo che questo vettore è sempre diverso dal vettore nullo perchè la seconda componenteè sempre diversa da zero. Concludendo,M è una varietà unidimensionale di classe C1.

.H/ Variando opportunamente la discussione dell’esempio precedente, consideriamo g.x; y/ Dx4C y4C x2 � y2 e controlliamo cheM , luogo degli zeri della g, sia una varietà unidimen-sionale regolare. Allora,

grad.g.x; y//T D .4x3 C 2x; 4y3 � 2y/ D .2x.2x2 C 1/; 2y.2y2 � 1// ;

troviamo quindi 3 coppie di punti per cui abbiamo il vettore nullo, ossia i punti di coordinate

.0; 0/ ; .0;˙1=p2/ :

In questi punti la funzione g vale rispettivamente 0 e �1=4, quindi il luogo degli zeridell’equazione

x4 C y4 C x2 � y2 D ˛ ; ˛ 2 R ;

sarà una varietà unidimensionale regolare solo nei casi in cui ˛ ¤ 0 e ˛ ¤ �1=4. Conclu-dendo,M non è una varietà unidimensionale regolare.

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90 Capitolo 4. Curve, superfici e varietà differenziali

.I / Vediamo ora un esempio di superficie, ossia varietà di dimensione 2 in R3 (o superiori) conregolarità almeno C 1. Abbiamo quindi che g W R3 ! R e la richiesta di avere Jg di rango1, oppure dg suriettivo, si riduce a controllare che JdgK ¤ 0, quindi è sufficiente che almenouna delle derivate parziali di g non si annulli. Vediamo l’esempio dell’insiemeM dei punti.x; y; z/ per cui g.x; y; z/ D sin.x C yz/ D 0. M è superficie regolare? Il differenzialetotale di g vale

Jdg.x; y; z/K D grad.g.x; y; z//T D .cos.x C yz/; z cos.x C yz/; y cos.x C yz// ;

ma su M sin.x C yz/ D 0 e quindi cos.x C yz/ ¤ 0, allora M è superficie regolare diclasse C1.

Un primo risultato interessante è che dato un atlante A, esso è sempre formato da carte compa-tibili a coppie, ossia data una qualsiasi coppia .!1; r1/, .!2; r2/ 2 A, si ha r1.!1/ \ r2.!2/ D ;oppure se r1.!1/ \ r2.!2/ ¤ ;, allora le mappe r�11 ı r2 W ˝12 ! ˝21 e r�12 ı r1 W

˝21 ! ˝12 sono entrambi diffeomorfismi di classe C k tra gli aperti di Rm definiti dalle posizioni,˝21

:D r�11 ı r2.!2/ � !1 e ˝12

:D r�12 ı r1.!1/ � !2. Infatti, vale il seguente risultato più

generale:

4.2.12 Proposizione. SianoM varietà di Rn di dimensione m e classe C k , x0 2 M . Sianoinoltre ! aperto di Rm, r funzione da ! inM di classe C k e t0 2 ! tali che

r.t0/ D x0 ; Jr.t0/ di rango m :

Allora esistono due aperti I0 � Rn e !0 � !, intorni di x0 e t0 rispettivamente, e una funzioneF W I0 ! !0 di classe C k tali che

1. r.F .x// D x per ogni x 2M \ I0,2. F .r.t// D t per ogni t 2 !0.

Dimostrazione. Si usa parte della dimostrazione del Teorema 4.2.9. �

Un punto importante da discutere è che le definzioni equivalenti di varietà regolare sembranofar dipendere tali oggetti dalla scelta delle coordinate (cartesiane) utilizzate, mostriamo che taledipendenza è solo apparente.

4.2.13 Teorema. SiaM � Rm varietà di dimensione k e classe C 1, U sottoinsieme aperto diRn e f W U ! Rm una mappa di classe C 1 il cui differenziale totale df .x/ sia surgettivo inogni punto x 2 f �1.M/, immagine inversa diM sotto f . Allora l’immagine inversa f �1.M/

è una varietà di dimensione k C n �m in Rn di classe C 1.

Dimostrazione. Sia a 2 f �1.M/. Per definizione di varietà, esistono un intorno aperto I � Rm

di f .a/ tale cheM \ I D fy 2 Rm W g.y/ D 0g, dove g W I ! Rm�k è la mappa di classeC 1 con dg.x/ surgettiva per ogni x 2 M \ I . Allora, J D f �1.I / è un intorno aperto di a ef �1.M/ \ J è definito dall’equazione g ı f D 0. Per la regola della catena

d.g ı f /.y/ D dg.f .y// ı df .y/ ;

e poiché le funzioni hanno entrambe differenziale totale surgettivo per ogni y 2 f �1.M/ \ J ,allora g ıf D 0, rappresenta localmente il luogo degli zeri di una varietà regolare, per costruzionef �1.M/, la cui dimensione è pari alla dimensione del dominio di g ı f meno la dimensione delcodominio della stessa, ossia, n � .m � k/ D n �mC k. La regolarità è ovvia per la regola dellacatena. �

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4.2 Definizioni equivalenti di varietà 91

Concludendo,

4.2.14 Corollario. (Indipendenza dalla scelta delle coordinate) Sia ' W Rn ! Rn

bigettiva affine di parametri x0 2 Rn e A 2 Aut.Rn/, ossia, un cambiamento lineare affine divariabili della forma

'.x/ D x0 C Ax :

SeM è varietà in Rn di dimensione m e classe C k allora l’immagine '.M/ è varietà in Rn didimensione m e classe C k .

Dimostrazione. La dimostrazione è semplice, è sufficiente porre f :D '�1 per cui

f .x/ D A�1.x � x0/ ;

sicché '.M/ D f �1.M/ ed applicare il precedente Teorema 4.2.13. �

In effetti si può fare di più, mostrando che il concetto di varietà non dipende da quale spazioambiente si sceglie.

4.2.15 Teorema. Supponiamo che M sia varietà di Rn di dimensione m e classe C k , U unqualche intorno aperto diM e sia ' W U ! Rn un diffeomorfismo di classe C k . Allora '.M/ èuna varietà di Rn di dimensione m e classe C k .

Dimostrazione. Sia A un m-atlante perM composto da carte locali .!j ; rj /, con j 2 J. Sia Ijl’aperto di Rn consistente con la definizione di carta locale .!j ; rj /, per ogni j 2 J. Definiamol’aperto U D [j2JIj che certamente contieneM e definiamo il diffeomorfismo ' su U . Allorala composizione ' ı rj è ancora una mappa iniettiva, per le proprietà delle componenti, di classeC k , e con differenziale totale iniettivo poiché tale è la proprietà del differenziale totale della cartarj e perchè il differenziale totale di ' è una mappa lineare bigettiva. Allora, ' ı rj W !j ! Rn, èuna carta locale per '.M/ che ha come immagine '.M \ Ij / di Rn. Poiché questo vale per ognij 2 J allora si ha[

j2J

'.rj .!j // D[j2J

'.M \ Ij / D[j2J

�'.M/ \ '.Ij /

�' iniettiva

D '.M/ \[j2J

'.Ij /

D '.M/ \ '.U /

D '.M/ ;

quindi f.!j ;' ı rj / W j 2 Jg, è un m-atlante per '.M/. Questo conclude la dimostrazione. �

A questo risultato aggiungiamo la seguente definizione:

4.2.16 Definizione. Supponiamo cheM sia varietà in Rn di dimensione m e classe C k eM 0una varietà di Rn

0 di dimensione m0 e classe C k . Una mappa tra varietà WM !M 0 è dettaun morfismo di classe C k traM eM 0 se per ogni x 2M esistono intorni aperti I di x in Rn eI 0 di .x/ in Rn

0 e carte locali .!; r/ e .!0; r 0/, per cui r.!/ D M \ I e r 0.!0/ D M 0 \ I 0,tali che

(4.3) r 0�1ı ı r W ! ! Rn

0

;

è una mappa di classe C k nel senso usuale.

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92 Capitolo 4. Curve, superfici e varietà differenziali

Se inoltre il morfismo di classe C k traM eM 0 è invertibile e l’inverso è anch’esso unmorfismo di classe C k traM 0 eM , allora è detto un isomorfismo di classe C k traM eM 0.La definizione suggerisce quanto letto nella citazione a inizio capitolo di Arnol’d, ossia, la

classe di equivalenza formata dalle varietà isomorfe non dipende dalla scelta dello spazio ambiente equesto pone le basi per una trattazione più astratta delle varietà le cui proprietà vengono interamenteformulate tramite opportune condizioni sulle carte locali. Ricordiamo però che vale il seguenterisultato:

4.2.17 Teorema. (Whitney) Ogni varietà differenziabile astratta di dimensione m ammette unainclusione differenziabile in uno spazio euclideo R2m.

La dimostrazione è molto difficile, (si veda per esempio, https://en.wikipedia.org/wiki/Whitney_embedding_theorem, dove si possono trovare alcuni riferimenti alla letteratura sulteorema) ma suggerisce che la differenza tra le due possibili definizioni di varietà è solo estetica,non sostanziale.

4.3 Spazi tangenti e normali a varietàConsideriamo una varietà M in Rn di dimensione m e classe C k . Se x 2 M allora vogliamodeterminare l’insieme tangente aM in x, ossia, localmente la migliore approssimazione lineare aM tramite un sottospazio affinem-dimensionale, ovvero la traslazione di un sottospazio lineare (chesarà detto lo spazio tangente). Per avere una descrizione dell’insieme tangente che sia più intrinsecapossibile, facciamo uso del concetto di vettore tangente ad una curva spaziale differenziabile.

Siano I � R un intervallo aperto e W I ! Rn differenziabile. L’immagine .I / è dettacurva spaziale differenziabile in Rn e il vettore

0.t/ D . 01.t/; : : : ; 0n.t//

T ;

è detto vettore tangente alla curva .I / nel punto .t/.

4.3.1 Definizione. Sia M una varietà in Rn di dimensione m e classe C k e sia x 2 M . Unvettore v 2 Rn è detto vettore tangente a M nel punto x se esiste una curva differenziabile W I ! Rn ed un punto t0 2 I tali che

.t/ 2M ; per ogni t 2 I I .t0/ D x I 0.t0/ D v :

L’insieme di tutti i vettori tangenti aM in x è detto spazio tangente diM in x e denotato colsimbolo TxM .

Diremo che un vettore w 2 Rn è un vettore normale aM in x se è ortogonale a ogni vettorein v 2 TxM , ossia hw; vi D 0. L’insieme dei vettori normali a M in x verrà denotato colsimbolo NxM .

4.3.2 Osservazione. La curva spaziale differenziabile non è necessariamente una varietà unidimensionaledi Rn, possono esistere punti delle curva che non hanno la regolarità imposta dalla definizione di varietà, inparticolare, possono esserci punti in cui non è iniettiva. �

4.3.3 Teorema. Siano M varietà in Rn di dimensione m e classe C k e x 2 M . Si assumache, almeno localmente in x,M sia descritta come nel Teorema 4.2.9, ossia, x D .x0;x00/ D.x0; h.x0// D r.t/ e g.x/ D .g1.x/; : : : ; gn�m.x// D 0. Allora

TxM D graf.dh.x0// D im.dr.t// D ker.dg.x// :

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4.3 Spazi tangenti e normali a varietà 93

Figura 4.3: Spazio tangente TxM alla superficieM nel punto x

In particolare, TxM è uno spazio lineare a dimensionem di Rn mentreNxM è uno spazio linearedi dimensione n �m in Rn.Inoltre, i vettori

(4.4)@r

@t1.t/ ; : : : ;

@r

@tm.t/ ;

ove t D r�1.x/, costituiscono una base per TxM , mentre i vettori

(4.5) gradg1.x/; : : : ; gradgn�m.x/ ;

forniscono una base per NxM .

Dimostrazione. Sia I D I 0�I 00 l’aperto diRn per cui .x0; h.x0// 2M\I , a meno di permutazioni,allora per ogni k 2 Rn fissato esiste � > 0 tale che x0 C sk 2 I 0 per jsj � �. Definiamo quindi lamappa W .��; �/! .x0Csk; h.x0Csk//. Abbiamo che .0/ D .x0; h.x0// D x e .s/ 2M\Iper jsj � �, inoltre

0.0/ D .k; dh.x0/k/ :

Quindi, soddisfa i requisiti per essere una curva geometrica differenziabile con vettore tangente aM in x uguale a 0.0/, ossia

graf.dh.x0// � TxM ;

per l’arbitrarietà di k. Lo stesso vale per la carta r ossia im.dr.t// � TxM .Sia ora v 2 TxM . Per definizione di vettore tangente esiste una curva geometrica differenziabile

di classe C 1 definita in un aperto J � R intorno del punto s0 per cui .s0/ D x e 0.0/ D v.Ora, per s reale sufficientemente piccolo (in caso contrario si restringe opportunamente l’intorno J )se g.x/ D 0 allora .g ı /.s/ D 0, da cui si ottiene, per la regola della catena,

0 D dg. .s// � 0.s/ ; per ogni s 2 J :

Ne concludiamo che per s D s0

(4.6) dg.x/ � v D 0 ; ossia v 2 ker.dg.x// ;

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94 Capitolo 4. Curve, superfici e varietà differenziali

quindi,graf.dh.x0// [ im.dr.t// � TxM � ker.dg.x// :

Poiché dim.graf.dh.x0/// D m per definizione, e dim.ker.dg.x// D m per definizione, allora

graf.dh.x0// D ker.dg.x// D im.dr.t// D TxM :

In particolare TxM è uno spazio lineare di dimensione m, di conseguenza, per ortogonalità, NxM

è un sottospazio lineare di dimensione n �m.Dalla costruzione è chiaro che valgono le proprietà delle basi in eq. (4.4) e eq. (4.5). Ad

esempio dall’eq. (4.6), se scriviamo il differenziale identificandolo con la matrice (nelle basistandard) Œdg.x/� D Œgradg1.x/; : : : ; gradgn�m.x/�, la proprietà è ovvia dal fatto che la matriceŒdg.x/� ha rango n�m, ossia i vettori gradgj .x/, j D 1; : : : ; n�m, sono linearmente indipendentie mutuamente ortogonali ad ogni vettore v 2 TxM . �

4.3.4 Esempi. Vediamo alcuni esempi di spazi tangenti e normali.1. Consideriamo la circonferenza unitaria S1 in R2. Dimostrare che il vettore v D .2;�2/ è un

vettore tangente a S1 nel punto x D .p2=2;p2=2/.

Consideriamo la curva geometrica differenziabile .t/ D�cos

��4C ˛t

�; sin

��4C ˛t

��,

t 2 R e ˛ 2 R, parametro libero da fissare opportunamente. Chiaramente .R/ D S1

(notiamo la non iniettività della mappa!). Abbiamo che t0 D 0, infatti .0/ D x. Facendo lederivate delle componenti si ottiene,

0.0/ D

�˛

p2

2; ˛

p2

2

!;

per cui .0/ D v se e solo se ˛ D �2p2. Lo spazio tangente TxS

1 a S1 nel punto x èallora la retta passante per l’origine y D �x. Mentre lo spazio normale NxS

1 a S1 in x è laretta y D x.

2. Consideriamo ora la superficie S2 della sfera unitaria in R3. Dimostrare che il vettorev D .�1; 2; 0/ è tangente a S2 nel punto N D .0; 0; 1/. Possiamo prendere la curvageometrica differenziabile che viene definita dalla posizione

.t/ D

p2

2cos˛t;

p2

2sinˇt; cos t

!; t 2 R ; ˛; ˇ 2 R ;

ossia, una curva con in parametri ˛; ˇ da determinare opportunamente. Certamente è diclasse C 1, in effetti C1 e abbiamo .0/ D N . Le derivate sono

0.0/ D

p2

2˛;

p2

2ˇ; 0

!;

per cui 0.0/ D v se e solo se ˛ D �2=p2 e ˇ D 2

p2. Lo spazio tangente TN S

2 è datodal piano z D 0 mentre lo spazio normale NN S

2 è dato dalla retta che coincide con l’assedella coordinata z.

4.4 Curve e superfici in R3

Vediamo in questa sezione come determinare varietà unidimensionali in R2 e R3 e bidimensionaliin R3 in modo esplicito, nelle rappresentazioni cartesiane e parametriche.

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4.4 Curve e superfici in R3 95

SiaM varietà in Rn di dimensione m, allora se x0 2M l’iperpiano tangente aM in x0, TxM ,è dato, in forma parametrica, dall’equazione

x D x0 C

mXiD1

ti@r

@ti.t0/ ; t 2 Rn ;

dove t0 D r�1.x0/ sono le coordinate locali del punto x0, oppure, in forma cartesiana, dalleequazioni

hgradgi .x0/;x � x0i D 0 ; i D 1; : : : ; n �m :

In modo analogo, le equazioni nelle due forme, parametrica e cartesiana, per l’iperpiano normaleaM nel punto x0, NxM , sono rispettivamente,

x D x0 C

n�mXiD1

tigradgi .x0/ ; t 2 Rn�m�@r

@ti.t0/;x � x0

�D 0 ; i D 1; : : : ; n :

Possiamo dare delle scritture alternative ovviamente equivalenti:1ı caso. Per la tangenza; (

x D x0 C Jr.t0/t ; t 2 Rm ;

Jg.x0/.x � x0/ D 0 ;

oppure (x D x0 C Jdr.t0/Kt ; t 2 Rm ;

Jdg.x0/K.x � x0/ D 0 :

2ı caso. Per la normalità; (x D x0 C Jg.x0/t ; t 2 Rn�m ;

Jr.t0/.x � x0/ D 0 ;

oppure (x D r.t0/C Jdg.x0/Kt ; t 2 Rm ;

Jdr.t0/K.x � x0/ D 0 :

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5. Geometria differenziale di curve e superfici

5.1 Orientamento locale

5.2 Geometria differenziale delle curve in R3

5.3 Geometria differenziale delle superfici in R3

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6. Ottimizzazione vincolata

6.1 Estremali di funzioni su curve e superfici

6.2 Teorema dei moltiplicatori di Lagrange

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III

7 Integrazione su curve e superfici . . . . 1037.1 Introduzione7.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori

locali di ingrandimento7.3 Integrazione su varietà, densità continue7.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità

rispetto alla densità7.5 Appendice: Fattore locale di ingrandimento per

varietà unidimensionali

8 Lunghezze di curve e aree di superfici 1118.1 Calcoli espliciti di lunghezze di curve ed aree di

superfici8.2 Alcuni raffinamenti e semplificazioni

Integrazione su VarietàDifferenziabili

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7. Integrazione su curve e superfici

7.1 IntroduzioneLo scopo di questo capitolo è quello di trovare la corretta generalizzazione del concetto di integra-zione per funzioni definite su varietà differenziabili immerse in Rn.

A questo proposito, cominciamo col vedere che una tale teoria non è affatto banale, infatti,ricordiamo che il Teorema 1.7.6 sostiene che se A � Rn è compatto rettificabile e f W A! R ècontinua, allora il grafico di f ha misura nulla. Generalizziamo tale risultato:

7.1.1 Teorema. Sia K 2 R.Rm/, m < n, e f W K ! Rn�m continua. Allora

graf.f / D f.x;f .x// 2 Rn W x 2 Kg ;

ha misura nulla in Rn. Lo stesso vale se f è supposta essere solo integrabile in Rm, ed inoltre èvero per l’unione finita di grafici dello stesso tipo.

Dimostrazione. Definiamo per ogni x 2 K la funzione

x 7! .f1.x/; : : : ; fn�m�1.x// ;

che è continua, quindi limitata per il Teorema di Weierstrass inK. Tale limitatezza implica che esisteun rettangolo compatto non vuotoR � Rn�m�1 tale che sex 2 K allora .f1.x/; : : : ; fn�m�1.x// 2R.

Definiamo ora la funzione continua

Qf W K �R! R

come Qf .x; t/ D fn�m.x/. Si ha allora

graf.f / D f.x;f .x// 2 Rn W x 2 Kg � f.x; t; Qf .x; t// 2 Rn W .x; t/ 2 K �Rg D graf. Qf / :

Se c :D min.x;t/2K�R j Qf .x; t/j, allora

graf.f / � frf.x; t; y/ 2 Rn W .x; t/ 2 K �R ; c � y � Qf .x; t/g :

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104 Capitolo 7. Integrazione su curve e superfici

Poiché il secondo membro è la frontiera di un insieme normale in Rn, quindi rettificabile, allora è amisura nulla per il Teorema 1.6.4, e graf.f / come suo sottoinsieme è a sua volta a misura nulla,vedi proprietà 1 del Teorema 1.5.3.

Approssimando le funzioni integrabili limitate con quelle continue, vedi ad esempio il Teore-ma 1.5.6, si ottiene il resto dell’asserto. �

La morale del teorema precedente è che seM è varietà in Rn di dimensione m < n allora hamisura nulla in Rn, quindi ci chiediamo cosa vuol dire fare integrazione su varietà? La rispostadeve naturalmente nascere dal concetto stesso, per noi puramente locale da ogni punto di vistaequivalente si parta. Supponiamo quindi di avere un m-atlante perM e consideriamo una qualsiasicarta locale .!; r/. Sappiamo che abbiamo un aperto I � Rn tale che r.!/ DM \ I .

Sia ora f W M ! R una funzione limitata e tale che suppf � r.!/ sia compatto. Possiamodeterminare l’integrazione suM a partire dall’integrazione sul dominio delle carte locali, perchè lìl’integrazione è cosa nota. Questo vuol dire integrare sull’aperto ! la funzione f ı r W ! ! Rche avrà ancora supporto compatto in Rm e quindi siamo portati in modo naturale a dire che f èintegrabile suM \ I se f ı r è integrabile su ! e quindi definire il seguente integrale

Ir.f / D

Z!

.f ı r/.t/ d t ;

e chiamarlo integrale di f suM \ I .Ci mettiamo nell’ipotesi semplificatrice che il supporto della funzione f sia contenuto nell’im-

magine di un altra carta . Q!; Qr/ e, di consegeuenza, r.!/ \ Qr. Q!/ ¤ ;. Allora, come già visto nelladiscussione precedente alla Proposizione 4.2.12, la trasformazione

r�1 ı Qr W ˝r Qr ! ˝Qrr ;

è un diffeomorfismo tra aperti di Rm di classe C k , per cui

.f ı r/ ı .r�1 ı Qr/ D f ı Qr ; su ˝r Qr :

Dal Teorema del cambiamento di variabili 3.5.3, quindi, f ı r è integrabile su ! se e solo se laseguente funzione

.f ı r/ ı .r�1 ı Qr/jdet.Jd.r�1 ı Qr/K/j D f ı Qrjdet.Jd.r�1 ı Qr/K/j ;

è integrabile su Q!, e questo è vero se e solo se f ı Qr è integrabile su Q!.Sotto queste assunzioni allora possiamo scrivere cheZ

!

.f ı r/.t/ d t D

ZQ!

.f ı Qr/.Qt/jdet.Jd.r�1 ı Qr/.Qt/K/j d Qt ;

quindi, a meno che il diffeomorfismo r�1 ı Qr non conservi i volumi, per cui il determinate sottol’integrale vale 1, allora

Ir.f / ¤ IQr.f / !!!Questo risultato mostra certamente che l’integrabilità di f suM non dipende dalla scelta della

carta però mostra anche che il valore dell’integrale ne dipende! La soluzione naturale al problema èquindi quella di incorporare dall’inizio tali fattori correttivi e cercare regole che ne determinino unuso consistente. Questa è il germe iniziale dell’idea delle densità, infatti, associamo ad ogni cartalocale .!; r/ una funzione continua �r W ! ! R, e definiamo l’integrale

Ir.f / D

Z!

.f ı r/.t/�r.t/ d t ;

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7.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimento 105

e richiediamo che sotto un cambiamento di carta, così come visto sopra, l’integrale si trasformi nelmodo seguente,

Ir.f / D

Z!

.f ı r/.t/ �r.t/ d t

D

ZQ!

.f ı r/ ı .r�1 ı Qr/.Qt/ .�r ı .r�1ı Qr//.Qt/jdet.Jd.r�1 ı Qr/.Qt/K/j d Qt

D

ZQ!

.f ı Qr/.Qt/ �Qr.Qt/ d Qt D IQr.f / :

Questa richiesta induce un vincolo per le densità che viene ora esplicitata nella seguente7.1.2 Definizione. Una densità continua a m dimensioni su una varietàM in Rn a dimensionem e classe C k , è una regola che ad ogni carta locale .!; r/ di un m-atlante A perM associauna funzione continua �r W ! ! R tale che per ogni altra carta locale . Q!; Qr/ 2 A si abbia che

�Qr.Qt/ D .�r ı .r�1ı Qr//.Qt/ jdet.Jd.r�1 ı Qr/.Qt/K/j per ogni Qt 2 Q! :

La densità � è detta positiva se �r � 0 per ogni carta locale .!; r/.

Le densità non sono sempre positive ma in un certo senso la positività è canonica, come vediamodal prossimo risultato,

7.1.3 Teorema. Sia � densità m-dimensionale continua e positiva suM . Allora:1. Per ogni funzione continua f suM la mappa f� per cui f� W r ! f ı r�r definisce una

densità m-dimensionale continua suM .2. La mappa f 7! f� è bigettiva tra lo spazio delle funzioni continue suM e la collezione

delle densità m-dimensionali continue suM .

7.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimentoL’idea delle densità è certamente la teorica giusta per sviluppare una teoria dell’integrazione suvarietà , ma la libertà che induce sembra essere spiazzante. Quali funzioni sono naturalmenteassociabili all’integrazione su varietà differenziabili? Mostriamo che in effetti, nel nostro casodi varietà differenziabili immerse in Rn, la situazione è sufficientemente semplice da permetterel’adozione di densità canoniche, dette densità euclidee, vista l’immersione della varietà in unospazio euclideo come Rn.

Per descrivere in modo naturale tali densità euclidee, si può procedere in almeno due direzionidifferenti: (A) ingrandimenti locali, (B) integrali come limiti di integrazioni di volume. Supponiamodi lavorare nella situazione più semplice di superficie in R3 e ci mettiamo ancora nell’ipotesiconfortante in cui essa sia immagine di una sola carta.

(A) Vediamo la prima direzione di ricerca, che determina il concetto di “fattore di ingrandimentolocale.” Curve e superfici non hanno certamente volume tridimensionale nel senso dato a questotermine nel capitolo precedente, però possiamo utilizzare il fatto che esse rappresentino, di fatto,l’immagine di un aperto, rispettivamente, in R e R2, dove certamente conosciamo la teorica dellenozioni di lunghezza e area, almeno nel caso in cui tali insiemi aperti siano limitati. Supponiamoliquindi rettificabili nel senso ordinario del termine. In tal caso, sappiamo che possiamo calcolarelunghezza ed area come limite di partizioni fatte da rettangoli. Tali rettangoli saranno, nel limite,arbitrariamente “piccoli” e possiamo pensare, fissando d’ora in poi l’attenzione al caso di unasuperficie � di R3, che la stessa sia l’unione dell’immagine di ciascuno di tali rettangoli e che poila sua “area” non sia altro che il limite delle “aree” delle immagini. L’idea intuitiva però va raffinatain quanto il rettangolino dell’aperto rettificabile, dominio della carta, non verrà trasformato in un

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106 Capitolo 7. Integrazione su curve e superfici

altro rettangolo per giunta con la stessa area, la superficie non essendo in generale un piano. Ci saràquindi da considerare un fattore di correzione. In prima approssimazione possiamo però pensareche se il rettangolino R è sufficientemente piccolo, la sua immagine sotto la carta r , r.R/, saràun “rettangolino curvato” sufficientemente simile. Vediamo come concretizzare tale intuizione.Supponiamo che il rettangolo R in R2 (con base ortonormale fe1; e2g) abbia vertici nei punti a,aCh1e1, aCh2e2 e aCh1e1Ch2e2, dove hi , i D 1; 2, sono positivi e piccoli a piacere, per cui ilrettangolo ha area Area.R/ D vol2.R/ D h1h2. Il segmento congiungente il vertice a con il verticeaC hiei , viene trasformato dalla carta r in una curva in � , per la quale il vettore congiungente leimmagini dei vertici è dato da

r.aC hiei / � r.a/ :

L’approssimazione al primo ordine a questo vettore sappiamo essere il vettore tangente alla superficie� in r.a/ e vale

vi D dr.a/.hiei / D@r

@ti.a/hi ; i D 1; 2 ;

usando, come al solito, l’equivalenza tra trasformazioni lineari e matrici corrispondenti, nel nostrocaso Jdr.a/K D

r@[email protected]/ ; @r

@t2.a/

ze chiamando con .t1; t2/ le coordinate nel piano R2. È quindi

ragionevole supporre che l’area del rettangolo immagine sarà, in prima approssimazione, datadall’area del rettangolo formato dai vettori tangenti v1 e v2 che, per i ragionamenti fatti a geometriaelementare, vale

Area.r.R// D kv1 ^ v2k D @r@t1 ^ @r

@t2

h1h2 C o.k.h1; h2/k2/ ; k.h1; h2/k ! 0 ;

D

@r@t1 ^ @r

@t2

Area.R/C o.k.h1; h2/k2/ ; k.h1; h2/k ! 0 :

Il fattore @r@t1 ^ @r

@t2

è quindi il fattore correttivo cercato e possiamo quindi definire l’integralesulla superficie � , ad esempio di una generica funzione f W � ! R, nel modo seguenteZ

f .x/�.x/dx:D

Z!Dr�1.� /

.f ı r/.t/

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

dtD lim

P2Part?.!/

XR2P

.f ı r/.t?/

@r@t1 .t?/ ^ @r

@t2.t?/

vol2.R/ ;sempreché l’ultimo limite esista nel senso ordinario dato nei precedenti capitoli (limite delle sommedi Riemann con partizioni Part? con rettangoli marcati, ossia coppie .t?; R/ con t? 2 R, vediappendice), il che sarà certamente vero se f è almeno continua su � .

7.2.1 Osservazioni. 1. Da notare che i vettori che compongono il termine correttivo non sono altroche i vettori che formano la base del piano tangente a � nel punto considerato.

2. È abbastanza intuitivo che il discorso fin quí fatto non dipende dalle dimensioni e che quindi la formulagenerale per varietà � n-dimensionali in RN (regolarità arbitraria) parametrizzate da una sola carta.!; r/ è la seguenteZ

f .x/�.x/dx:D

Z!

.f ı r/.t/

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/ ^ � � � ^

@r

@tn.t/

dt :�

(B) Possiamo anche definire l’integrazione su una superficie � in R3 utilizzando l’integrazionetridimensionale pensando la superficie come una lamina con spessore da far tendere a zero. Concre-tizziamo anche questa visione intuitiva, supponendo ancora � immagine di una sola carta .!; r/,

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7.2 Integrali su curve e superfici come limiti: fattori locali di ingrandimento 107

per cui ogni punto x 2 � si può scrivere come x D r.t/ per un unico t 2 !, con ! suppostoaperto rettificabile in R2. Sappiamo che il piano normale a � in r.t/ ha dimensione 1 e quindi,chiamando con w il versore in Nr.t/� , definiamo la mappa

r�.t; s/:D r.t/C �sw.r.t// ;

con, � > 0 arbitrario e jsj < 1, e che quindi hanno, ciascuna al variare di �, dominio ! � .�1; 1/.Tale mappa definisce, per ogni punto r.t/ di � , un intervallo nella direzione del vettore normale a talpunto di lunghezza 2�, che quindi concretizza l’idea intuitiva di “inspessimento” della superficie � .Chiamiamo con �� la “lamina” ottenuta tramite r� ossia l’insieme dei punti raggiunti da tale mappaal variare del punto r.t/ sulla varietà � . Poiché la lamina �� è un oggetto tridimensionale, possoutilizzare l’usuale integrazione tridimensionale su di essa. Poiché peró l’integrazione che vogliodefinire è una integrazione su superficie, quindi avente le dimensioni fisiche di area, l’integraletridimensionale devo dividerlo per una lunghezza, cosí da avere le giuste dimensioni. Dividiamo perla lunghezza canonica che è l’ispessimento 2� dato a �� . Quindi, se f W � ! R continua e limitata(jf .x/j � M ), consideriamo una estensione F W �� ! R, ottenuta ad esempio per continuitàdefinendo i valori di F in ciascuna direzione normale al variare r.t/, e definiamoZ

f .x/�.x/dx:D lim�!0

1

2�

Z��

F.y/dy :

Esplicitiamo l’integrale a secondomembro, usando la mappa r� , notando che essa continua a definireuna mappa iniettiva e di regolarità pari a quella iniziale, e usando il Teorema del cambiamento dellevariabili, Teorema 3.5.3. Abbiamo

1

2�

Z��

F.y/dy D1

2�

Z!�.�1;1/

F.r�.t; s// jdet.Jdr�.t; sK/j dtds :

Scriviamo esplicitamente la matrice jacobiana della trasformazione r�, con l’usuale abuso dilinguaggio e notazione,

Jdr�.t; s/K Ds@r

@t1.t/C �s

@w

@t1.t/ ;

@r

@t2.t/C �s

@w

@t2.t/ ; �w.t/

{:

Considerando il determinante e ricordando la proprietà di multilinearità dello stesso, abbiamo

det�s

@r

@t1.t/C �s

@w

@t1.t/ ;

@r

@t2.t/C �s

@w

@t2.t/ ; �w.t/

{�D � det

�s@r

@t1.t/ ;

@r

@t2.t/ ; w.t/

{�C o.�/; � ! 0 :

L’ultimo determinante vale ˇ�w.t/;

@r

@t1.t/ ^

@r

@t2.t/

�ˇche per l’ortogonalità del vettori coinvolti è uguale a @r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

:Inserendo questo risultato nell’integrale otteniamo, con la cancellazione dei fattori �,

1

2�

Z!�.�1;1/

F.r�.t; s// jdet.Jdr�.t; s/K/j dtds

D

Z!�.�1;1/

F.r�.t; s//

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

dtds :

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108 Capitolo 7. Integrazione su curve e superfici

L’integrando è una funzione continua nelle variabili di integrazione t e s ed è certamente limitata uni-formemente in � dalla funzione continuaM

@r@t1 .t/ ^ @[email protected]/ , quindi integrabile su ! � .�1; 1/ e

inoltre, il limite puntuale per � ! 0 è f .r.t// @r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/ , quindi, per il Teorema della conver-

genza dominata di Arzelá, possiamo scambiare il limite con l’integrale e ottenere, dall’indipendenzadella funzione limite dalla variabile s, cheZ

f .x/�.x/dx:D

Z!

.f ı r/.t/

@r@t1 .t/ ^ @r

@t2.t/

dt ;conformemente a quanto trovato nella parte (A).

Come si è visto nelle parti .A/ e .B/, le densità euclidee per le superfici in R3 sono cano-nicamente definite dalla scelta delle basi dei piani tangenti associati alle carte selezionate. Lastessa deduzione si può fare per le curve in Rn, per la quale rimandiamo all’appendice di questocapitolo. Vedremo, dopo avere sviluppato ancora la teorica dell’integrazione nelle prossime sezioni,applicazioni di tali formule per il calcolo di “aree” di superfici e “lunghezze” di curve.

7.3 Integrazione su varietà, densità continueTorniamo alla teorica dell’integrazione su varietà generica e con densità generiche.

La definizione data per l’integrale aveva una richiesta esplicita per la compattezza del supportodella funzione f , tutto interamente contenuto nell’immagine di una sola carta, per semplificareil discorso. Possiamo liberarci di questa richiesta facendo però uso della tecnica della partizionedell’unità vista già nella definizione 1.4.7 e seguenti risultati. Ora la partizione dell’unità saràsubordinata agli aperti Ir che intervengono nelle richieste delle carte locali .!r ; r/ di una atlanteA per una varietàM in Rn di dimensione m e classe C k .

7.3.1 Definizione. SiaM varietà in Rn di dimensione m e classe C k . Sia A un m-atlante perM , ossia una collezione di carte locali .!j ; rj /, j 2 J, tali che per ognuna di essa è associatoun aperto Ij di Rn, tale che rj .!j / D M \ Ij e, inoltre, [j2Jrj .!j / D M . Sia K � M uncompatto. Allora diremo che la famiglia f�j W j 2 Jg è una partizione dell’unità di classe C ksu K subordinata agli aperti fIj W j 2 Jg se valgono le seguenti proprietà:

1. supp�j � Ij ,2. 0 � �j � 1, di classe C k ,3.Pj2J �j .x/ D 1 per ogni x 2 K.

7.3.2 Osservazione. Una prima osservazione importante. Poiché K è compatto la somma della parte 3della precedente definizione è sempre finita, perchè esiste sempre un sottoricoprimento aperto finito di K,quindi un numero finito di indici è sufficiente. �

Abbiamo allora la seguente7.3.3 Definizione. SianoM varietà e A un suo m-atlante, come nella definizione 7.3.1, f WM ! R funzione limitata e a supporto compatto suppf D K e f�j g partizione dell’unitàassociata aK. Diremo che f è integrabile (secondo Riemann) suM se per ogni carta .!j ; rj / 2A la funzione

.�jf / ı rj W !j ! R ;

è integrabile (secondo Riemann) nell’aperto !j � Rm.Se la precedente affermazione è vera, l’integrale di f suM rispetto alla densità �, viene

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7.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità rispetto alla densità 109

definito dalla posizioneZM

f .x/�.x/dx:D

Xj2J

Z!j

..�jf / ı rj /.t/�rj .t/ dt :

7.3.4 Teorema. L’integrale in definizione 7.3.3 è ben definito, ossia non dipende dall’atlantescelto perM e dalla partizione dell’unità associata.

Dimostrazione. �

7.4 Integrazione assoluta su varietà, rettificabilità rispetto alla densità

7.5 Appendice: Fattore locale di ingrandimento per varietà unidimensionali

Consideriamo per definitezza una varietà unidimensionale � (una curva) in R3 descrivibile tramiteuna sola carta .!; r/. Con la stessa ideologia utilizzata nella sez. 7.2, pensiamo ad un ispessimentodi � facendola diventare una filo a sezione quadrata ��, ossia

(7.1) r�.t; s/ D r.t/C �s1v1 C �s2v2 ;

con v1; v2 2 Nr.t/� , base ortonormale, e s D .s1; s2/ con jsi j < 1. Consideriamo anchel’estensione F della funzione f W � ! R continua e a supporto compatto, come una estensionecostante lungo le direzioni dello spazio normale Nr.t/� per ogni punto r.t/ 2 � .

L’integrale che calcoliamo è un integrale di volume e per ottenere un integrale della funzione fsu � abbiamo bisogno di dividere per l’area della generica sezione del filo, che per costruzione è4�2, quindi Z

f .x/�.x/dx D lim�!0

1

4�2

Z��

F.x/dx :

Per il Teorema del cambiamento delle variabili 3.5.3, poichè ogni x di �� è rappresentato da unelemento di (7.1), si ha

lim�!0

1

4�2

Z��

F.x/dx D lim�!0

1

4�2

Z!�.�1;1/2

F.r�.t; s//j det.Jdr�.t; s/K/j dtds :

Il calcolo esplicito della matrice jacobiana data dalla trasformazione è

Jdr�.t; s/K Dqr 0.t/C �s1v

01.t/C �s2v

02.t/ ; �v1.t/ ; �v2.t/

y:

Per la multilinearità del determinante si ha

det.Jdr�.t; s/K/ D �2hr 0.t/; v1.t/ ^ v2.t/i C o.�2/ ; � ! 0 ;

indipendentemente da s.Si ottiene allora

lim�!0

1

4�2

Z!�.�1;1/2

F.r�.t; s//j det.Jdr�.t; s/K/j dtds

D lim�!0

1

4

Z!�.�1;1/2

F.r�.t; s//jhr0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dtds

D lim�!0

Z!

F.r�.t; s//jhr0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dt :

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110 Capitolo 7. Integrazione su curve e superfici

Per il Teorema della convergenza limitata di Arzelà si ottiene

lim�!0

Z!

F.r�.t; s//jhr0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dt D

Z!

f .r.t//jhr 0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij dt ;

ma fv1; v2g è base ortonormale di Nr.t/� e r 0.t/ è vettore tangente in Tr.t/� per cui

jhr 0.t/; v1.t/ ^ v2.t/ij D kr0.t/k ;

e si ottiene infine Z�

f .x/�.x/dx D

Z!

.f ı r/.t/kr 0.t/k dt ;

sicché la funzione densità per il caso di varietà unidimensionale vale

�r.t/ D kr0.t/k ; t 2 ! :

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8. Lunghezze di curve e aree di superfici

8.1 Calcoli espliciti di lunghezze di curve ed aree di superfici

8.2 Alcuni raffinamenti e semplificazioni

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IV9 Aperti con frontiera regolare . . . . . . . . 1159.1 Ipersuperfici in Rn

9.2 Aperti con frontiera regolare e la normale allafrontiera

9.3 Funzioni definite in insiemi chiusi

10 Teoremi fondamentali per aperti regolari123

10.1 Teorema della derivata totale10.2 Teorema della divergenza10.3 Applicazioni

11 Integrazione orientata . . . . . . . . . . . . . . 12711.1 Curve ed archi orientati11.2 Secondo Teorema fondamentale per curve ed

archi11.3 Formula di Green, a.k.a. Stokes in R2

11.4 Formula di Stokes in R3

11.5 Applicazioni

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129TestiArticoli

Teoremi Fondamentali delCalcolo

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9. Aperti con frontiera regolare

9.1 Ipersuperfici in Rn

Ricordiamo le ipersuperficiM in Rn, ossia varietà n � 1-dimensionali di classe C k in Rn. Per ilTeorema che classifica nei tre modi equivalenti le varietà, per ogni x0 2 M , con x0 D .x00; xn/

dove x00 2 Rn�1, esiste un intorno aperto I di Rn tale che le tre seguenti caratterizzazioni sonoequivalenti:.a/ Esiste un aperto! � Rn�1 e una funzione iniettiva r W ! ! Rn di classeC k con differenziale

totale dr.t/ surgettivo, alternativamente con matrice jacobiana associata Jr.t/ di rango n�1,per ogni t 2 !, tale che

M \ I D r.!/ ;

.b/ Esiste una funzione g W I ! R di classe C k con gradg.x/ ¤ 0 per ogni x 2 I tale che

M \ I D fx 2 I W g.x/ D 0g ;

.c/ Esiste un intorno aperto I 0 del punto x00 in Rn�1 e una funzione h W I 0 ! R di classe C k ,tali che

M \ I D f.x0; h.x0// W x0 2 I 0g :

Descriviamo anche spazi tangenti e definiamo le normali alla ipersuperficieM . Per la caratte-rizzazione in .c/, si ha che se x D .x0; h.x0// allora

TxM D graf.dh.x0// D f.v; Jh.x0/v/ W v 2 Rn�1g

dove Jh.x0/ D [email protected]/ : : : @n�1h.x0//, la matrice jacobiana di ordine 1 � n � 1, ossia il vettoreriga corrispondente, e dove con il simbolo @jh intendiamo la derivata parziale di h nella componentexj , ossia @jh.x0/ D @h

@xj.x0/ con j D 1; : : : ; n � 1.

Quindi, se e1; : : : ; en�1 è la base standard di Rn�1, si ha che TxM è generato dai vettorivj D .ej ; J h.x

0/ej / D .ej ; @jh.x0//, j D 1; : : : ; n � 1, per cui il vettore w D .w1; : : : ; wn�1/

in .TxM/? è determinato dalle n � 1 relazioni di ortogonalità

0 D hw; vj i D wj C @jh.x0/ ;

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116 Capitolo 9. Aperti con frontiera regolare

per cui si ottiene

w D .�@1h.x0/ ; � � � ;�@n�1h.x

0/ ; 1/ D .�Jh.x0/ ; 1/ :

Ne consegue che la normale aM nel punto x è data del versore

n.x/ D.�Jh.x0/ ; 1/p1C kJh.x0//k

; con x D .x0; h.x0// :

Nella descrizione .b/ si ha come sappiamo

TxM D ker.gradg.x// :

In particolare, usando quanto già fatto in precedenza per la parte .c/, possiamo scegliere g comesegue

g.x/ D xn � h.x0/ ;

per cuigradg.x/ D .�Jh.x0/; 1/ ¤ 0 ;

e quindi riotteniamo la formula per il versore normale aM in x come sopra.Per quanto riguarda la descrizione .a/ in termini di carte locali, sappiamo che lo spazio tangente

TxM è generato dai vettori vj D @j r.t/, j D 1; : : : ; n � 1. Quindi, un vettore w 2 .Tr.t/M/? èdeterminato, a meno di uno fattore scalare, dal sistema di equazioni

hw; vj i D 0 ; j D 1; : : : ; n � 1 :

Come risolvere questo sistema è un fatto che dovrebbe essere noto dal corso di algebretta. Infatti, siconsiderino n � 1 vettori linearmente indipendenti v1; : : : ; vn�1 in Rn. Allora la mappa linearedata dalla posizione

Rn 3 v 7! det.Jv v1 v2 � � � vn�1K/ 2 R ;

(dove Jv v1 v2 � � � vn�1K indica la matrice n�n le cui colonne sono date dai vettori indicati in succes-sione) è non banale, e per il Teorema di Riesz (Teorema dell’isomorfismo lineare, Lin.Rn;R/ ' Rn),esiste un unico vettore w 2 Rn tale che

det.Jv v1 v2 � � � vn�1K/ D hv;wi :

Il vettore w cosí trovato è detto il prodotto vettoriale dei vettori v1; : : : ; vn�1 e viene usualmenteindicato col simbolo v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1, per cui

det.Jv v1 v2 � � � vn�1K/ D hv; v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1i :

Poiché hvj ; v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1i D 0, per ogni j D 1; : : : ; n � 1 e

det.Jw v1 v2 � � � vn�1K/ D hw; v1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1i D kwk2 > 0 ;

allora il vettore w è ortogonale al sottospazio generato dai vettori v1; : : : ; vn�1 ed inoltre la n-pla.w; v1; v2; : : : ; vn�1/ è orientata positivamente1.

Possiamo calcolare componenti del vettore w e la lunghezza, infatti, usando la base standard siha

wj D hej ;wi D detJej v1 v2 � � � vn�1K ;1Ricordiamo che una n-pla di vettori è detta essere orientata positivamente se il determinante della matrice associata

alla n-pla è positivo. In R3 questo equivale a dire che una tripletta di vettori mutuamente ortogonali è destrorsa.

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9.1 Ipersuperfici in Rn 117

mentre la lunghezza è data dalla relazione

(9.1) kv1 ^ v2 ^ � � � ^ vn�1k D

ˇˇ hv1; v1i � � � hv1; vn�1i

::: � � �:::

hvn�1; v1i � � � hvn�1; vn�1i

ˇˇ D det.V T � V / ;

dove V D .v1 v2 � � � vn�1/ 2 Mat.n � .n � 1// e V T la sua trasposta, ossia la matrice inMat..n � 1/ � n/. Possiamo dimostrare direttamente l’eq. (9.1). In fatti, partiamo dal fatto che seA 2 Lin.Rk;Rn/ allora AT � A 2 End.Rk/ ha matrice simmetrica data dagli elementi .hai ; aj i/,i; j D 1; : : : ; k in cui aj è la j -esima colonna di A. Applicando quanto descritto ora primaalla matrice A D Jw v1 v2 � � � vn�1K 2 Mat.n � n/ e poi in successione alla matrice in cuiA D V 2 Mat.n � .n � 1// si ottiene, usando la relazione hvj ;wi D 0, che

kwk4 D .det.w v1 v2 � � � vn�1//2

D .det.A//2 D det.AT /det.A/ D det.AT � A/

D

ˇˇˇhw;wi 0 � � � 0

0 hv1; v1i � � � hv1; vn�1i:::

::: � � �:::

0 hvn�1; v1i � � � hvn�1; vn�1i

ˇˇˇ D kwk

2det.V T � V / ;

per cui l’eq. (9.1) è dimostrata.Da quanto dimostrato finora ne consegue che se x D r.t/, allora

w D@r

@t1.t/ ^ � � � ^

@r

@tn�1.t/ 2 .TxM/? :

Nel caso in cui la descrizione in termine di carte e di grafici di funzione coincide, ossia quandor.t/ D .t; h.t//, per t 2 ! allora sappiamo già che w è proporzionale al vettore .�Jh.t/; 1/.Il fattore di proporzionalità è uguale a .�1/n�1 e per dimostrarlo facciamo uso del fatto che@[email protected]/ D .0; 0; : : : ; 1; 0; : : : ; @h

@tj.t//T , con il valore 1 nella posizione j -esima, j D 1; : : : ; n � 1.

Allora, poiché il secondo vettore ha ultima componente uguale ad 1, è sufficiente compararla con lacomponente n-esima del vettore w e quindi

det�sen

@r

@t1.t/ � � �

@r

@tj.t/ � � �

@r

@tn�1.t/

{�

D

ˇˇˇˇ0 1 � � �

j�esima colonna°0 � � � 0

::::::

::::::

::::::

0 � � � � � � 1 � � � 0:::

::::::

:::::: 1

1 @[email protected]/ � � � @h

@tj.t/ � � �

@h@tn�1

.t/

ˇˇˇˇD .�1/n�1

infatti, la matrice, previa permutazione dell’ultima riga nella prima, si trasforma in una matricetriangolare superiore che ha determinante uguale al prodotto degli elementi sulla diagonale. Poichéla diagonale è composta di soli 1 allora il determinate è 1 ma deve essere moltiplicato per il segnodella permutazione dell’ultima riga nella prima ossia il fattore .�1/n�1.

Concludendo, troviamo

w D@r

@t1.t/ ^ � � � ^

@r

@tn�1.t/ D .�1/n�1.�Jh.t/; 1/

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118 Capitolo 9. Aperti con frontiera regolare

e, quindi qdet.Jr.t/T � Jr.t// D

@r@t1 .t/ ^ � � � ^ @r

@tn�1.t/

Dq1C kJh.x0/k :9.2 Aperti con frontiera regolare e la normale alla frontiera

Gli aperti in Rn possono avere una forma “selvaggia.” Infatti, prendiamo come esempio l’insiemecostituito dall’unione numerabile delle palle aperte con centro in un vettore a componenti razionalirk e di raggio Rk D 1

2k

˝ D[k2N

B

�rk;

1

2k

�:

L’insieme ˝ è certamente un aperto in Rn essendo unione numerabile di aperti, inoltre è uninsieme denso in Rn perchè l’insieme di tutti i vettori rk , k 2 N, centri delle palle aperte, formauna numerazione di tutto Qn, che è certamente denso in Rn. La frontiera di ˝ è quindi unoggetto “selvaggio,” ben difficilmente immaginabile, e lontano dall’essere di ogni significativaregolarità di tipo C k , k 2 N [ f1g. Quello che vogliamo è una famiglia di aperti di Rn la cuifrontiera sia invece un oggetto quanto più regolare possibile, ad esempio una varietà liscia, nelnostro caso una ipersuperficie liscia. Tuttavia, anche questa richiesta ammette regioni aperte concaratteristiche che non vogliamo. Ad esempio, possiamo considerare una generica retta in R2 eprenderne il complemento. Otteniamo così un aperto la cui frontiera è proprio la retta prefissata,che è certamente una (curva) varietà regolare. Il problema con questa tipologia di insiemi è chepercorrendo la frontiera troviamo che l’aperto giace da entrambi i lati. Nel secondo teoremafondamentale del calcolo in R, la frontiera di un intervallo .a; b/, i punti a; b, hanno invece l’apertorispettivamente a destra e sinistra, non da entrambi i lati, e se vogliamo fare una generalizzazionedi questo risultato in R dobbiamo restringere la nostra scelta a degli aperti la cui frontiera ha unasimile caratteristica, ossia l’aperto deve giacere da un solo lato della frontiera. Vediamo comeformalizzare questa classe di insiemi di Rn.

La richiesta primaria è che la frontiera fr.˝/ dell’aperto ˝ sia una ipersuperficie in Rn diclasse C k . Naturalmente, possiamo utilizzare una delle caratterizzazioni equivalenti già viste inprecedenza, ad esempio, se x0 2 fr.˝/, esiste una carta locale .!; r/, con ! � Rn�1 aperto e unintorno aperto I � Rn di x0 e una mappa r W ! ! Rn di classe C k e con Jr di rango n � 1 taleche

fr.˝/ \ I D r.!/ :

Per ogni x D r.t/ 2 fr.˝/ \ I , i vettori @[email protected]/ della matrice Jr.t/ formano una base per

Tx.fr.˝//. Scegliamo quindi x0 D r.t0/ 2 fr.˝/ \ I e se v 2 Rn con v … Tx0.fr.˝//2 alloradet.Jv Jr.t0/K/ ¤ 0 per la lineare indipendenza dei vettori. Definiamo una variazione della mappar�, ossia la mappa

r W R � ! ! Rn

.s; t/ 7! r.t/C sv

La mappa è chiaramente di classe C k per costruzione ed il suo differenziale totale è scrivibile informa matriciale

Jdr.s; t/K D Jv Jr.t/K ;

2Si dice che v è trasversale alla ipersuperficie fr.˝/

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9.2 Aperti con frontiera regolare e la normale alla frontiera 119

quindi det.Jdr.s; t0/K/ ¤ 0, per ogni s 2 R. Siamo dunque nelle condizioni di applicabilità delteorema della funzione inversa e quindi esiste ı > 0 e (eventualmente restringendo sia l’aperto !sia l’aperto I ) si ha che

r W .�ı; ı/ � ! ! I

è un diffeomorfismo di classe C k tra aperti di Rn, ossia un cambio di coordinate. È infatti il cambiodi coordinate che permette di vedere fr.˝/, almeno localmente, come un Rn�1, e “piatto” in Rn.Infatti, è chiaro che fr.˝/ \ I � r.f0g � !/ e inoltre, se avessimo che

r.t/C sv D r.t 0/ 2 fr.˝/ \ I ;

con jsj < ı e t; t 0 2 !, si ha necessariamente che s D 0 e t D t 0, per l’iniettività della carta localer . Ne concludiamo che

fr.˝/ \ I D r.f0g � !/ ;

risultato che implica chiaramente che nelle coordinate locali .s; t/ la parte di frontiera interessataè caratterizzata dall’equazione s D 0 in Rn, ossia l’iperpiano Rn�1, che quindi rende esplicita erigorosa l’intuizione dell’“appiattimento” di fr.˝/ \ I .

Concludiamo ricordando anche che, come luogo (locale) degli zeri della funzione g, si ha cheesiste I aperto in Rn tale che

(9.2) fr.˝/ \ I D fx 2 I W g.x/ D 0g :

Assommando quanto scritto, abbiamo che

9.2.1 Teorema. Per un insieme aperto ˝ � Rn le seguenti affermazioni sono equivalenti:.a/ fr.˝/ è una ipersuperficie in Rn di classe C k e per ogni x0 2 fr.˝/ non esiste nessun

intorno aperto I � Rn di x0 tale che

˝ \ I D I n fr.˝/ :

.b/ Per ogni x0 2 fr.˝/ e ogni v 2 Rn per cui v … Tx0.fr.˝//, esistono I , !, ı e r comevisto nella discussione precedente , per cui si ha che

˝ \ I D r..�ı; 0/ � !/ D fr.t/C sv W �ı < s < 0 ; t 2 !g ;

oppure˝ \ I D r..0; ı/ � !/ D fr.t/C sv W 0 < s < ı ; t 2 !g :

.c/ Per ogni x0 2 fr.˝/ esistono I e una funzione g, come discusso in precedenza, tali che

˝ \ I D fx 2 I W g.x/ < 0g ;

con gradg.x0/ ¤ 0.d/ Per ogni x0 2 fr.˝/ esistono un suo intorno aperto I � Rn e un diffeomorfismo ' di

classe C k tra I e la palla aperta unitaria B.0; 1/ � Rn, tale che l’immagine di '.I \˝/sia la semisfera di Rn i punti della quale hanno una delle coordinate positiva.

Dimostrazione. da scrivere �

Questo Teorema è un’ottima occasione per una definizione9.2.2 Definizione. (Aperti Regolari) Diremo che l’insieme aperto˝ � Rn possiede nel puntox0 2 fr.˝/ frontiera di classe C k e giace da un solo lato di fr.˝/ se vale una delle condizioniequivalenti del Teorema 9.2.1. Se questo è il caso per ogni punto x0 2 fr.˝/, allora diremo che

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120 Capitolo 9. Aperti con frontiera regolare

˝ ha una frontiera di classe C k e giace da un solo lato di essa. Utilizzeremo spesso la locuzioneabbreviata che, nella condizione appena espressa,˝ è un aperto con frontiera regolare di classeC k , oppure, più brevemente, un aperto regolare di classe C k .Un primo risultato interessante è il seguente:

9.2.3 Lemma. Se n > 1, la frontiera di un aperto regolare ˝ di Rn di classe C k è una varietàcompatta di classe C k e dimensione n � 1.

Dimostrazione. L’aperto regolare ˝ è per definizione limitato, e la frontiera soddisfa l’eq. (9.2),per cui è anche chiuso, data la continuità della funzione g. Quindi è un compatto in Rn. �

9.2.4 Osservazione. Notiamo che se x0 2 fr.˝/ è un punto per cui la definizione è vera e prendiamov 2 Rn con v … Tx0.fr.˝// allora si hanno solo due possibilità, prendendo in considerazione il caso .c/ delTeorema 9.2.1:

.1/ hgradg; vi > 0 ; oppure .2/ hgradg; vi < 0 :

È allora naturale la seguente definizione:9.2.5 Definizione. Sia ˝ aperto regolare in Rn. Allora se x 2 fr.˝/, v 2 Rn con v …Tx.fr.˝//, diremo che v punta all’esterno di ˝ se è vera la condizione .1/, mentre diremo chev punta all’esterno di ˝ se è vera la condizione .2/. In particolare, la normale a fr.˝/ chepunta all’esterno è detta normale esterna di fr.˝/, con notazione �.x/. L’altra ��.x/ è dettanormale interna a fr.!/ in x.

9.2.6 Lemma. Sia˝ � Rn aperto regolare. Siano x 2 fr.˝/ e v 2 Rn con v … Tx.fr.˝// chepunta all’esterno di ˝. Allora la condizione .b/ del Teorema 9.2.1, assume la seguente forma

˝ \ I D r..�ı; 0/ � !/ D fr.t/C sv W �ı < s < 0 ; t 2 !g :

La normale esterna �.x/ a fr.˝/ in x D r.t/, con la sostituzione �t1 per t1 quando necessario,è data da

(9.3) �.x/ D

@[email protected]�1.x// ^ � � � ^ @r

@tn�1.r�1.x// @r@t1 .r�1.x// ^ � � � ^ @r

@tn�1.r�1.x//

2 Rn :

Inoltre,

det.Jdr.s; t/K/ D�v;@r

@t1.t/ ^ � � � ^

@r

@tn�1.t/

�> 0 ; .s; t/ 2 R � ! :

Nel caso in cui x D r.t/ D .t; h.t// per una funzione di classe C k h W ! ! R, si ha invece

�.x/ D .�1/n�1.�dh.t/; 1/p1C kdh.t/k2

2 Rn :

Se fr.˝/ è localmente descritta come luogo degli zeri di una funzione g allora si ha

�.x/ Dgradg.x/kgradg.x/k

2 Rn :

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9.3 Funzioni definite in insiemi chiusi 121

Dimostrazione. Sappiamo che @[email protected]�1.x// ^ � � � ^ @r

@tn�1.r�1.x// 2 .Tx˝/

? quindi la formu-la (9.3) è corretta a meno di un possibile segno. Nel caso in cui il prodotto vettoriale desse lanormale interna, allora rimpiazzeremo la componente t1 con quella del segno opposto, risultato concui il prodotto vettoriale cambierebbe segno e darebbe allora la normale esterna. Le altre formulesono state viste in precedenza. �

9.2.7 Esempi. Vediamo qualche esempio:1. Consideriamo ˝ � B.0; 1/ la palla unitaria aperta in R3 centrata nell’origine, e prendiamo,

ad esempio, il punto x D .0; 0; 1/. Una normale esterna a fr.˝/ in .0; 0; 1/ è ad esempio�..0; 0; 1// D e3, per cui possiamo utilizzare come intorno aperto I � R3 di x l’insiemeI D f.x; y; z/ 2 R3 W x2 C y2 < 1

4; jz � 1j < ıg con ı > 0 per il quale definiamo

r.s; t/ D r.t/C se3 ; jsj < ı ;

con r.t/ D .t1; t2;

q1 � t21 � t

22 /, e ! D f.t1; t2/ 2 R2 W t21 C t

22 < 1=4g, per cui i punti

di ˝ sono caratterizzati dall’avere s < 0 mentre la frontiera è chiaramente s D 0.2. Consideriamo ora il disco unitario ˝ in R2. Un qualunque punto x0 della frontiera lo

esprimiamo nella forma x0 D .cos �0; sin �0/. Prendiamo come I intorno aperto di x0 ilseguente insieme

I D f.er cos �; er sin �/ W j� � �0j <�

4; jr j < 2g :

Poichè la normale esterna per i punti della frontiera è sempre in direzione radiale, allora�.x0/ D .1=

p2; 1=p2/, quindi, usando la funzione segno (sign) di un numero reale,

r.er ; �/ D .cos �; sin �/�sign.r/er�1p2;1p2

�; � 2 ! D

��0 �

4; �0 C

4

�; jr j < 2 :

Il vecchio parametro s è ora �sign.r/er , per cui ˝ \ I si descrive con la disuguaglianzar > 0, che corrisponde a s < 0, mentre la corrispondente parte della frontiera è l’immaginedei punti con r D 0 (con sign.0/ :D 0).

3. Non è difficile mostrare che i seguenti aperti sono regolari e di classe C1: .a/ la parte di R2

racchiusa da un’ellisse, .b/ la corona circolare del piano di centro l’origine e raggi 1 e 2, .c/l’insieme dei punti x 2 R2 tali che kxk4 C kxk2 < 1, .d/ la parte di spazio compresa tra ledue sfere di centro l’origine di R3 e raggi 1 e 2.

9.3 Funzioni definite in insiemi chiusiAvremo spesso a che fare con funzioni definite in insiemi non necessariamente aperti, anzi in generechiusi, quindi dobbiamo generalizzare e precisare cosa intendiamo con la nozione di differenziabilità.Il concetto può essere formulato in modo puramente locale e, in senso assiomatico, viene dato dallaseguente

9.3.1 Definizione. Sia K � Rn compatto e f W K ! Rm. Diremo che f appartiene allospazio delle funzioni k-volte differenziabili con continuità su K a valori in Rm, simbolicamentef 2 C k.K;Rm/, se per ogni x 2 K esistono un intorno aperto Ix � Rn del punto x ed unafunzione fx 2 C

k.Ix;Rm/, tali che

fx.y/ D f .y/ ; per ogni y 2 K \ Ix :

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10. Teoremi fondamentali per aperti regolari

10.1 Teorema della derivata totaleIn questo capitolo cominciamo a discutere i teoremi fondamentali del calcolo per gli aperti regolari.La strategia è un pò differente da quanto si trova in letteratura, si privilegia l’analogo multidimen-sionale del secondo teorema fondamentale del calcolo (forma derivata), nel nostro caso si usa ildifferenziale totale di una funzione a valori reali, interpretandone l’integrale come un vettore riga lecui componenti danno gli integrali usuali.

10.1.1 Teorema. (Teorema dell’integrazione della derivata totale) Sia ˝ � Rn un apertoregolare di classe C 1. Sia �.y/T la normale esterna (come vettore riga) a fr.˝/ in y e siadmn�1.y/ la misura d’integrazione rispetto alla densità euclidea .n � 1/-dimensionale sullaipersuperficie di classe C 1 fr.˝/. Sia f W ˝ ! R una funzione di classe C 1. Allora la seguenteidentità per vettori riga vale in Rn

(10.1)Z˝

df .x/ dx D

Zfr.˝/

f .y/�.y/T dmn�1.y/ :

Dimostrazione. Omessa. �

10.1.2 Osservazione. La frontiera fr.˝/ è un sottoinsieme di Rn a misura nulla, quindi ˝ è un insiemelimitato aperto rettificabile. Questo comporta che il membro a sinistra dell’eq. (10.1) è ben definito. �

Possiamo dedurre delle formulazioni equivalenti alla (10.1). Prendendo l’equazione percomponenti si haZ

˝

@f

@xj.x/ dx D

Zfr.˝/

f .y/�j .y/ dmn�1.y/ ; 1 � j � n :

Inoltre, considerando il prodotto scalare con un qualsiasi vettore v 2 Rn si haZ˝

hdf .x/; vi dx D

Zfr.˝/

f .y/h�.y/; vi dmn�1.y/ ;

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124 Capitolo 10. Teoremi fondamentali per aperti regolari

oppure anche Z˝

gradf .x/ dx DZfr.˝/

f .y/�.y/ dmn�1.y/ ;

che è forse la forma più nota in letteratura, detta del gradiente.

10.1.3 Osservazione. Interpretando opportunamente le grandezze matematiche coinvolte, il teorema èvalido anche se n D 1. Infatti, in tal caso, ˝ D .a; b/ e fr.˝/ D fa; bg, varietà a dimensione 0 perchècomposta da un numero finito di punti differenti, come abbiamo già visto in precedenza. La normale allafrontiera vale �.a/ D �1 e �.a/ D C1, e interpretando l’integrazione su varietà 0-dimensionale rispetto alladensità euclidea come la valutazione nel punto considerato si haZ b

a

df

dxdx D

Zfag

f .y/.�1/dm0.y/C

Zfbg

f .y/.C1/dm0.y/ D f .b/ � f .a/ ;

come ci aspettavamo. �

Il teorema ammette una generalizzazione al caso in cui la frontiera contiene sottoinsiemi chepossiamo trascurare, in un senso ben preciso ma che non espliciteremo ulteriormente. Tuttavia lageneralizzazione permette l’applicazione del teorema a situazioni in cui alcune delle grandezzecoinvolte non sono definibili, tipo la normale esterna. Pensiamo ad esempio al caso del cubo apertoin R3. La frontiera è l’unione delle 6 facce, ma esse si intersecano negli spigoli, regioni nellequali noi non sappiamo come definire le grandezze che servono all’enunciato del teorema. In ognicaso, queste regioni sono trascurabili e quindi possiamo ammettere anche aperti più complicatidi quelli trattati nel capitolo precedente come aperti regolari. Una trattazione rigorosa è possibilema farebbe intervenire alcune sottigliezze come la definzione di varietà con angoli (vedi http://math.stanford.edu/~conrad/diffgeomPage/handouts/corners.pdf), che vanno ben oltreil livello elementare di questo testo.

10.2 Teorema della divergenzaRicordiamo una definizione in genere ampiamente nota:

10.2.1 Definizione. Siano A � Rn aperto e f W A ! Rn. Una tale mappa è detta campovettoriale in A.

10.2.2 Esempi. Alcuni esempi:1. L’associazione x 2 A 7! f .x/ 2 TxA ' Rn è un campo vettoriale2. Se ' W A ! B con A;B � Rn aperti e di classe C 1, è un diffeomorfismo, detto anche

cambio di variabili, allora è un campo vettoriale.3. Se g W A ! R è di classe C 1 su A � Rn aperto, allora il gradiente gradg W A ! Rn è un

campo vettoriale.�

Sia ora f W A ! Rn un campo vettoriale di classe C 1 su A � Rn aperto. Allora df .x/ 2End.Rn/ per ogni x 2 A. Chiamiamo traccia di questo endomorfismo, in simboli tr.df .x// ilcoefficiente di ordine �n�1 nel polinomio caratteristico di Jdf .x/K, ossia

det.�1n � Jdf .x/K/ D �n � �n�1tr.df .x//C � � � C .�1/n det.Jdf .x/K/ :

Questa definizione non dipende dalla scelta delle coordinate in Rn. Se invece consideriamo la basestandard di Rn, si ha

tr.df .x// DnX

jD1

@fj

@xj.x/ :

Abbiamo allora la seguente definizione

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10.2 Teorema della divergenza 125

10.2.3 Definizione. Sia f W A ! Rn un campo vettoriale di classe C 1 su A � Rn aperto.Definiamo la funzione divf W A! R detta divergenza del campo vettoriale f come

divf .x/ D tr.df .x// DnX

jD1

@fj

@xj.x/ :

Mentre, se g W A! R è di classe C 2 definiamo il laplaciano di g come

�g:D div.gradg/ D

nXjD1

@2g

@x2j:

10.2.4 Esempio. Campo vettoriale newtoniano.Definiamo il campo vettoriale f W Rn n f0g ! R tramite la posizione

f .x/ Dx

kxk;

ossiafj .x/ D

xj

kxk; j D 1; : : : ; n :

Si ha@fj

@xjD

1

kxkn� n

x2j

kxknC2;

di conseguenza

divf .x/ Dn

kxkn� n

kxk2

kxknC2D 0 ; x 2 Rn n f0g :

Notiamo che se n > 2, allora

f .x/ D grad�

1

2 � n

1

kxkn�2

�;

e quindi

�1

kxkn�2

�D 0 ; su Rn n f0g :

Il campo vettoriale

Rn n f0g 3 x 7!1

voln�1.Sn�1/1

kxkn2 Rn ;

è detto campo vettoriale newtoniano. �

Consideriamo un campo vettoriale f W ˝ ! Rn con˝ � Rn aperto regolare di classe C 1. Perogni y 2 fr.˝/ definiamo �

f�T�.y/ 2 End.Rn/ ;

ossia il prodotto righe per colonne tra la matrice colonna f e la matrice riga �T , quindi

�f�T

�.y/ D

ˇˇˇf1.y/�1.y/ � � � f1.y/�n.y/

f2.y/�1.y/ � � � f2.y/�n.y/::: � � �

:::

fn.y/�1.y/ � � � fn.y/�n.y/

ˇˇˇ 2 Mat.n � n/ :

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126 Capitolo 10. Teoremi fondamentali per aperti regolari

Questo implica che tr.f�T / D hf ; �i W fr.˝/! R.Applicando la formula del Teorema dell’integrazione della derivata totale, Teorema 10.1.1, si

trova una identità tra elementi di End.Rn/, o volendo, semplicemente matrici in Mat.n � n/Z˝

df .x/ dx D

Zfr.˝/

.f�T /.y/ dmn�1.y/ ;

da cui, prendendo le tracce in entrambi i membri otteniamo

10.2.5 Teorema. (Teorema della divergenza o di Gauss) Supponiamo di avere gli stessi datidel Teorema 10.1.1. Sia f W ˝ ! Rn campo vettoriale di classe C 1 (componenti di classe C 1).Allora si ha

(10.2)Z˝

divf .x/ dx DZfr.˝/hf ; �i.y/ dmn�1.y/ :

Il secondo membro dell’eq.(10.2) è anche detto il flusso uscente del campo f da ˝ attraversola sua frontiera fr.˝/.

10.3 Applicazioni

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11. Integrazione orientata

11.1 Curve ed archi orientatiCominciamo col definire l’orientamento di una curva

11.1.1 Definizione. Data una curva (varietà differenziabile 1-dimensionale)� inR3, chiamiamoorientamento di � un campo vettoriale continuo � W � ! R3 tale che

�.x/ 2 Tx� ; k�.x/k D 1 ; per ogni x 2 �

e chiamiamo curva orientata una coppia .�;�/ composta da una curva ed un suo orientamento.

È possibile dimostrare che se � è connessa allora esistono solo due possibili orientamenti, unoopposto all’altro.

11.1.2 Teorema. Sia � curva connessa in R3. Se � non è compatta, allora esiste un intervalloaperto I � R e una parametrizzazione per lunghezza d’arco r W I ! � bigettiva.

Se � è curva compatta, allora esiste una funzione periodica surgettiva r W R ! � le cuirestrizioni iniettive parametrizzano localmente � per lunghezza d’arco.

11.1.3 Esempio. Orientamento della circonferenza � W x2 C y2 D R2.�

Se la curva � è immagine di una sola carta r allora

�.x/ Dr 0.r�1.x//

kr 0.r�1.x//k; per ogni x 2 � :

Questa è una formula generale e fornisce quello che si chiama un orientamento indotto dalla carta r .

11.1.4 Definizione. Sia A � R3. Diciamo che A è un arco di classe C k , quando esistono unintervallo compatto Œa; b� e una funzione r W Œa; b�! R3 di classe C k , iniettiva, la cui derivatanon si annulla mai e tale che r.Œa; b�/ D A.

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128 Capitolo 11. Integrazione orientata

Una funzione di questo tipo viene detta parametrizzazione, oppure semplicemente carta diclasse C k dell’arco considerato.

11.1.5 Esempio. Semicirconferenza, A W x2 C y2 D 1 ; y � 0. È l’immagine della cartar.t/ D .cos t; sin t / ; t 2 Œ0; ��. �

L’esempio precedente suggerisce che una carta per un arco sia la restrizione ad un intervallochiuso di una carta locale per una curva, nel caso in esame, ad esempio, la restrizione della cartalocale r.t/ D .cos t; sin t / ; t 2 Œ��=2; �=2�, carta locale per la circonferenza completa. In effetti,è possibile dimostrare che questo è sempre vero in generale.

Siamo ora pronti a definire l’integrazione sugli archi. Sia quindi A � R3 un arco e f W A! Runa funzione ad esempio continua, alloraZ

A

f .y/ dm1.y/:D

Z b

a

f .r.t//kr 0.t/k dt :

Ad esempio, possiamo pensare di integrare il fattore scalare definito da un campo vettorialef W A! R3, ossia il termine hf ;�i, dove � è un orientamento indotto da una carta r per l’arco A.Allora Z

A

hf ;�i.y/ dm1.y/:D

Z b

a

�f .r.t//;

r 0.t/

kr 0.t/k

�kr 0.t/k dt

D

Z b

a

˝f .r.t//; r 0.t/

˛dt ;

e si ha quindi

11.1.6 Teorema. Con le notazioni appena stabilite, siano f continua sull’arco A a valori in R3

e � un orientamento indotto dalla carta r . Allora si haZA

hf .y/;�.y/i dm1.y/ D

Z b

a

˝f .r.t//; r 0.t/

˛dt :

Notare che l’integrale al primo membro non è altro che la generalizzazione del concetto di lavorocompiuto dalla forza f per trasportare un corpo lungo l’arco A in R3 noto dai corsi elementari.

11.2 Secondo Teorema fondamentale per curve ed archi

11.3 Formula di Green, a.k.a. Stokes in R2

11.4 Formula di Stokes in R3

11.5 Applicazioni

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Bibliografia

Testi1. C. D. Pagani & S. Salsa, “Analisi Matematica I & II,” Zanichelli, 2015-2016.

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